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A cura di Giulia De Angelis


Può una lista di indicatori di qualità (QI) aiutare a migliorare la somministrazione degli antibiotici?
Migliorare l’uso degli antibiotici è considerato sempre più importante sia in ambito ospedaliero che comunitario. I programmi di ottimizzazione dell’uso di antibiotici (antibiotic stewardship) sono sempre più diffusi, seppur eterogenei, in primo luogo poiché dipendenti delle risorse locali. In tal senso, l’uso di una semplice “checklist” potrebbe rivelarsi una soluzione funzionale e di facile introduzione  nella pratica di tutti i giorni, così come in passato si è dimostrata in altri ambiti di prevenzione (es. infezioni del sito chirurgico). Uno studio multicentrico svolto in 9 ospedali olandesi ha testato l'efficacia di una lista composta da 7 indicatori di qualità (QI) per il buon utilizzo degli antibiotici.
Di questi, 5 QI erano da applicare al momento della prescrizione di antibiotico: 1- raccolta di almeno due sets di emocolture prima dell’inizio di terapia; 2- raccolta di campioni appannaggio del sospetto focus di infezione; 3- prescrizione secondo le indicazioni delle linee guida locali; 4- valutazione della funzionalità renale e adattamento del dosaggio secondo il risultato; 5- documentazione dell’indicazione all’inizio della terapia nella cartella clinica.
Gli ultimi 2 QI riguardavano la gestione successiva, da valutarsi a 48-72 ore dall’inizio di terapia: 6- adattare la terapia in caso di nuovi risultati microbiologici; 7- considerare l’opportunità di  passare dalla somministrazione parenterale alla terapia per via orale.
Lo studio, randomizzato secondo disegno “stepwedge”, ha mostrato che l’applicazione della lista aveva un impatto significativo sul miglioramento della qualità della terapia antibiotica endovenosa, senza però benefici sulla lunghezza dell’ospedalizzazione (outcome primario). Secondo gli autori, l’alta percentuale di pazienti con lista solo parzialmente compilata (dal 18.3% al 31.6% nei diversi ospedali), e di casi per cui si è rilevata una discordanza tra il contenuto della lista e le informazioni provenienti da cartella clinica (32%) hanno contribuito a ridurre l’impatto dell’intervento sull’outcome primario.
• van Daalen FV, Prins JM, Opmeer BC, Boermeester MA, Visser CE  et al. Effect of an antibiotic checklist on length of hospital stay and appropriate antibiotic use in adult patients treated with intravenous antibiotics: a stepped wedge cluster randomized trial. Clin Microbiol Infect 2017 Jul;23(7):485.e1-485.e8.



Intervenire sulla contaminazione ambientale da Pseudomonas aeruginosa MDR nei reparti ematologici.
Le infezioni da Pseudomonas aeruginosa multiresistente (MDR) sono particolarmente temute nei pazienti immunocompromessi, come quelli con neoplasie ematologiche e sottoposti a trapianto di cellule staminali, per i quali la mortalità osservata raggiunge l’80% in alcune casistiche. Nel corso di epidemie, i servizi sanitari e, in  particolare, i WC sono stati spesso identificati come reservoir di biofilm di P. aeruginosa. Tra le misure di prevenzione, quindi, sembra necessario prendere in considerazione la contaminazione e possibile trasmissione ambientale per ridurre il rischio di infezione. In un nosocomio tedesco del Nord della Germania, nel corso della ristrutturazione del reparto trapianti, sono stati sostituiti il sistema di drenaggio delle docce, i lavabi e i WC, con l’aggiunta di sistemi ad alto potere disinfettante e preventivo sulla formazione di biofilm (tramite vibrazione, alta temperatura, raggi UV). Nel corso dei 3 anni successivi la ristrutturazione (2012-2014) gli autori hanno documentato il numero di pazienti colonizzati o infetti e la contaminazione ambientale di P. aeruginosa MDR, utilizzando il whole genome sequencing (WGS) per valutare la correlazione genetica tra i ceppi clinici e ambientali. Il numero di pazienti colonizzati o infetti da P. aeruginosa è significativamente ridotto nel corso dei tre anni di osservazione, passando dal 9% nel 2012 all’1,6% nel 2014 (p<0.001). Anche la contaminazione ambientale è notevolmente  diminuita dal 2012 al 2014: dal 18,9% al 6,1% nei WC e dall’8,1% al 3% nelle docce. L’analisi WGS ha mostrato una forte correlazione tra i ceppi ambientali e quelli responsabili di colonizzazione e infezione.
• Kossow A, Kampmeier S, Willems S, Berdel WE, Groll AH et al. Control of Multidrug-Resistant Pseudomonas aeruginosa in Allogeneic Hematopoietic Stem Cell Transplant Recipients by a Novel Bundle Including Remodeling of Sanitary and Water Supply Systems. Clin Infect Dis 2017 Sep 15;65(6):935-42.



Vaccinazione per Rotavirus: valutazione dei primi 10 anni (2006-2016).
Prima della disponibilità di vaccini contro il Rotavirus, questo agente patogeno era la causa principale di grave gastroenterite nei bambini di età inferiore ai 5 anni in tutto il mondo. Dal 2006, due vaccini vivi attenuati sono stati concessi in licenza per uso globale: Rotarix (GlaxoSmithKline, Rixensart, Belgio), un vaccino monovalente basato su un unico ceppo umano di Rotavirus, e RotaTeq (Merck e Co, Westpoint PA), un vaccino pentavalente basato su cinque ceppi di Rotavirus di origine bovina e umana.
Tramite una revisione sistematica della letteratura, ricercatori dei Centers for Diseases Control and Prevention americani hanno valutato l’efficacia della vaccinazione per rotavirus a 10 anni dalla prima commercializzazione  (2006-2016). La revisione sistematica di 48 studi, effettuati in 24 Paesi, ha mostrato una efficacia media del vaccino Rotarix dell'84%, del 75% e del 57% nei Paesi con bassa, media e alta mortalità infantile, rispettivamente, e di RotaTeq  del 90% e del 45% nei paesi con bassa e alta mortalità infantile, rispettivamente. I dati hanno inoltre mostrato che la somministrazione di dosi parziali di vaccino erano in grado di conferire una buona protezione, che comunque risultava più alta in caso di vaccinazione completa.
I risultati dello studio dimostrano che l'utilizzo di routine di entrambe le formulazioni è efficace contro la malattia da rotavirus, e sostengono quindi la raccomandazione dell'OMS che tutti i Paesi debbano introdurre il vaccino contro il rotavirus nel loro programma nazionale di immunizzazione.
• Jonesteller CL, Burnett E, Yen C, Tate JE, Parashar UD. Effectiveness of Rotavirus Vaccination: A systematic review of the first decade of global post-licensure data, 2006-2016.
Clin Infect Dis 2017 Apr 21.
doi: 10.1093/cid/cix369.



Quali sono le procedure di assistenza al paziente più rischiose per l'operatore sanitario?
Durante l'assistenza al paziente, specialmente se intensiva, la trasmissione di agenti patogeni al personale sanitario coinvolto è un rischio reale, seppur prevenibile con le misure di protezione più adeguate. D'altra parte rimangono ancora delle domande aperte circa la diffusione tramite aerosol di agenti patogeni a diffusione ospedaliera nel corso delle diverse attività di cura del paziente e soprattutto se questi aerosol possano trasmettere gli agenti patogeni al personale sanitario. L'obiettivo di uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Clinical Infectious Diseases è stato proprio quello di misurare e analizzare l'aerosol prodotto durante sette importanti e frequenti attività di cura del paziente: igiene del paziente, cambio della biancheria del letto, versamento di rifiuti liquidi e risciacquo del contenitore, broncoscopia, ventilazione non invasiva e somministrazione di farmaci nebulizzati.  Lo studio è stato eseguito su pazienti in isolamento da contatto per organismi resistenti agli antibiotici. Ogni procedura è stata campionata cinque volte tramite strumentazione apposita. L'analisi di 35 episodi di campionamento ha mostrato che solo 2 procedure erano associate ad un aumento significativo delle concentrazioni di agenti patogeni nell’aria e cioè la somministrazione di farmaci nebulizzati e la broncoscopia con somministrazione di farmaci nebulizzati. La broncoscopia da sola e la ventilazione non invasiva non hanno generato aerosol significativi. Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche in merito, questi dati suggeriscono che alcune delle procedure ritenute generatrici di aerosol possono in realtà rappresentare un rischio minimo di infezione per il personale sanitario.
• O'Neil CA, Li J, Leavey A, Wang Y, Hink M et al. Centers for Disease Control and Prevention Epicenters Program. Characterization of Aerosols Generated During Patient Care Activities. Clin Infect Dis 2017 Oct 15;65(8):1335-41.



Una revisione sistematica Cochrane stabilisce gli interventi di stewardship antibiotica più efficaci nelle infezioni respiratorie acute
Gli interventi per ridurre la prescrizione di antibiotici da parte dei medici sono uno dei componenti principali dei programmi di stewardship antibiotica. Una revisione sistematica della letteratura coordinata dal gruppo Cochrane ha analizzato sistematicamente l’evidenza scientifica in questo ambito, tramite revisione di meta-analisi già pubblicate su vari tipi di interventi miranti a  modificare la prescrizione di antibiotici per le infezioni respiratorie acute nell'assistenza primaria.
Un’estesa e metodologicamente rigorosa ricerca e selezione bibliografica su database internazionali fino a maggio 2017 ha condotto alla valutazione di 8 revisioni sistematiche. Cinque di esse erano revisioni Cochrane, includenti 33 studi in totale. Le altre 3 revisioni, non supervisionate da Cochrane, includevano dati provenienti da altri 11 studi.
I risultati hanno mostrato che 3 interventi possono avere impatto sulla riduzione della prescrizione di antibiotici nei pazienti con infezione respiratoria acuta: guidare la decisione tramite i valori di procalcitonina [odds ratio (OR)  0.10, 95% intervallo di confidenza (IC) 0.07-0.14, 1.008 partecipanti in 2 studi], tramite i valori di proteina C reattiva [risk ratio (RR) 0.78, 95% IC 0.66-0.92, 3.284 partecipanti in 6 studi] e attraverso un processo decisionale condiviso [OR 0.44, 95% IC 0.26-0.75, 3.274 partecipanti in 3 studi]. In particolare, in pronto soccorso solo la valutazione della procalcitonina ha dimostrato di avere un impatto sulla prescrizione di antibiotico (OR 0,34, 95% IC 0.28-0.43, 2.605 partecipanti, 7 studi).
Al contrario, l’uso di test diagnostici rapidi per patogeni virali in pronto soccorso non ha dimostrato  alcun impatto sulla prescrizione di antibiotico (RR 0.86, 95% IC 0.61-1.22, 891 partecipanti, 3 studi).
Negli studi valutati la proteina C reattiva veniva dosata direttamente nell’ambulatorio del medico (point-of-care) mentre il dosaggio della procalcitonina era eseguito in un ospedale di riferimento.
Oltre alla prescrizione antibiotica, anche altri risultati sono stati valutati in questo studio, e cioè la necessità di una seconda valutazione per la stessa patologia e la soddisfazione del paziente. Rispetto a questi risultati, nessuno degli interventi indagati ha mostrato di avere un impatto significativo.
In conclusione, l’evidenza suggerisce che l’utilizzo di procalcitonina e proteina C reattiva come marcatori di infezione e un processo decisionale condiviso possano ridurre complessivamente e significativamente il consumo di antibiotici nella gestione delle infezioni respiratorie acute.
• Tonkin-Crine SK, Tan PS, van Hecke O, Wang K, Roberts NW et al. Clinician-targeted interventions to influence antibiotic prescribing behaviour for acute respiratory infections in primary care: an overview of systematic reviews. Cochrane Database Syst Rev. 2017 Sep 7;9:CD012252.