Conferenza Nazionale SIMPIOS 2025

Campobasso 13-14 ottobre 2025




Poster


Sorveglianza delle ICA e delle pratiche assistenziali


P1.

Sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico: implementazione del protocollo SNICh2 nell’AOU di Sassari

E. Balzano1, G. Deiana1, G. Tucconi2, R. Foddanu3, P. Castiglia1

1SC Direzione medica di presidio, igiene, epidemiologia e infezioni ospedaliere; 2SSD Operation manager and operating room manager;
3SSD Qualità, accreditamento, clinical governance e risk management - Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari

Introduzione. Le infezioni del sito chirurgico (ISC) sono tra le principali complicanze post-operatorie, con impatto rilevante su esiti, degenza e costi sanitari. Il Piano Nazionale della Prevenzione, in linea con le raccomandazioni del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, promuove l’attuazione di programmi di sorveglianza attiva delle infezioni correlate all’assistenza basati su protocolli standardizzati e indicatori condivisi. Tra questi, il protocollo del Sistema Nazionale di Sorveglianza delle Infezioni del Sito Chirurgico seconda versione (SNICh2), coordinato a livello nazionale dall’Istituto Superiore di Sanità, è strumento di riferimento per la sorveglianza ISC in Italia. L’obiettivo dello studio è valutare l’implementazione del protocollo SNICh2 presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari, analizzando l’incidenza delle ISC e il livello di aderenza agli indicatori di prevenzione nelle Unità Operative chirurgiche coinvolte. Metodi. La sorveglianza è stata condotta tra settembre 2024 e marzo 2025 in otto Unità Operative chirurgiche. Per ciascun intervento rientrante in una delle 11 categorie previste dal protocollo, è stata compilata una scheda contenente dati clinici, fattori di rischio (punteggio ASA, durata dell’intervento, classe dell’intervento) e indicatori di processo (profilassi antibiotica, mantenimento della normotermia, antisepsi cutanea, controllo glicemico). Per monitorare adeguatamente le ISC a distanza dall’intervento, il follow-up è stato effettuato in due modalità: a 30 giorni nei pazienti sottoposti a chirurgia senza impianto di materiale protesico e a 90 giorni nei casi in cui fosse presente un impianto protesico. Risultati. Il tasso di adesione alla sorveglianza è risultato elevato, con un’aderenza stimata del 95%, calcolata come rapporto tra schede compilate e interventi identificati tramite il flusso delle Schede di Dimissione Ospedaliera (SDO). Sono stati analizzati 533 interventi chirurgici, con 22 casi di ISC e un’incidenza complessiva del 4,13% (range 0-8,7% secondo l’Unità Operativa). Un’incidenza significativamente maggiore di ISC è stata riscontrata negli interventi più lunghi (media 192 minuti nei casi con infezione vs 121 minuti nei casi senza; p=0,0011); il rischio aumenta di oltre il 50% (OR=1,53; p=0,0002) per ogni ora di durata in più dell’intervento. La prevalenza di infezione in quelli con classificazione pulito-contaminata (13,3%) aumenta rispetto a quelli classificati come puliti (2,2%), OR=2,72 (p=0,036). La profilassi antibiotica è stata somministrata correttamente, entro 60 minuti dall’incisione, nel 74% degli interventi e interrotta entro 24 ore nel 63% dei casi. Anche per gli altri indicatori di prevenzione si osservano livelli di aderenza subottimali. L’antisepsi cutanea con clorexidina in soluzione alcolica è stata documentata nel 59% degli interventi, il mantenimento della normotermia nel 66,4%, mentre il monitoraggio glicemico intra- o post-operatorio nei pazienti a rischio è stato eseguito solo nel 42% dei casi. Conclusioni. L’implementazione del protocollo ha permesso di monitorare le ISC e individuare criticità nei processi assistenziali perioperatori. In particolare, la durata dell’intervento e il mancato mantenimento della normotermia si confermano tra i principali fattori di rischio per l’insorgenza di infezioni. Alla luce di questi risultati, si conferma la necessità di integrare stabilmente la sorveglianza delle ISC nei percorsi assistenziali chirurgici, affiancandola ad audit periodici e attività di formazione continua, al fine di migliorare la qualità e la sicurezza delle cure.


P2.

Outbreak ricorrenti da Serratia marcescens in terapia intensiva neonatale: analisi epidemiologica e strategie di contenimento

G.M. Deriu1, S. Soddu1, E. Balzano1, C. D’Avino1, I. Mulas1,
A. Arghittu
2, A. Palmieri2, P. Castiglia1

1Direzione medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia e Infezioni Ospedaliere Azienda Ospedaliero Universitaria Sassari; 2Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia – Università degli Studi di Sassari

Introduzione. S. marcescens è un patogeno opportunista della famiglia delle Enterobacterales responsabile di infezioni nosocomiali in contesti ad alta intensità assistenziale come la Terapia Intensiva Neonatale (TIN), in cui, l’agente patogeno è stato associato a un ampio spettro di quadri clinici: polmoniti, infezioni tratto urinario, sepsi e meningiti. Pur non essendo parte della flora intestinale precoce dei neonati prematuri, il suo isolamento fecale è comune in seguito a colonizzazione esogena, rendendo i pazienti potenziali sorgenti di trasmissione nosocomiale. Outbreak ripetuti sollevano interrogativi importanti su trasmissione, capacità di contenimento e efficacia delle indagini epidemiologiche. Metodi. È stato condotto uno studio descrittivo retrospettivo con l’obiettivo di analizzare caratteristiche epidemiologiche, dinamiche di trasmissione e efficacia delle misure di controllo adottate in occasione di 5 outbreak da S. marcescens verificatisi nella TIN della Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari tra settembre 2023 e marzo 2025. Gli eventi hanno coinvolto 19 pazienti e richiesto il coordinamento del Gruppo Operativo (GO) del Comitato Infezioni Correlate all’Assistenza. Per ogni outbreak, il GO ha raccolto e analizzato dati clinici, microbiologici e ambientali. Le attività hanno incluso tracciamento dei contatti, audit sulle pratiche assistenziali, campionamenti ambientali mirati e analisi temporale dei casi. Un protocollo di sorveglianza attiva ha previsto l’esecuzione di tamponi faringei e rettali ogni 48 ore su tutti i pazienti ricoverati, al fine di identificare precocemente colonizzazioni. In parallelo, sono stati effettuati campionamenti di superfici (es. incubatrici, lavabi, attrezzature medicali), punti di erogazione idrica, antisettici e disinfettanti. Risultati. In tutti gli outbreak sono state implementate tempestivamente misure di contenimento, tra cui: coorte dedicata per neonati colonizzati o infetti e relativo personale sanitario; utilizzo esclusivo di presidi e dispositivi monouso; sanificazione intensiva delle aree ad alto contatto, con particolare attenzione a lavelli, rubinetti e incubatrici; formazione e sensibilizzazione del personale e dei caregiver; audit sulle pratiche assistenziali con feedback immediato. Complessivamente sono stati sottoposti a sorveglianza microbiologica attiva 221 neonati, con l’esecuzione di 1.057 tamponi. Sono stati inoltre analizzati 37 campioni di superfici, 6 campioni d’acqua, 3 di antisettici e 1 di salviette disinfettanti. In un’occasione, è stato identificato un possibile serbatoio ambientale costituito dagli scarichi di due lavandini, coerentemente con quanto riportato in letteratura circa il ruolo dei sistemi idrici nella persistenza ambientale di S. marcescens. Negli altri casi, le criticità hanno riguardato prevalentemente le pratiche assistenziali. Conclusioni. Una gestione dinamica e multidisciplinare degli outbreak ha permesso il contenimento di S. marcescens in TIN. L’identificazione precoce, le misure tempestive e l’approccio ambientale sistematico risultano strategie efficaci. Sono in corso analisi genomiche comparative per tracciare correlazioni filogenetiche e vie di trasmissione. L’analisi strutturata degli outbreak ricorrenti consente di individuare pattern di rischio e vulnerabilità strutturali, rafforzare la sorveglianza con indicatori personalizzati, aggiornare i protocolli e affinare le strategie di contenimento. Tale approccio risulta particolarmente rilevante nelle TIN, dove la fragilità dei pazienti impone standard elevati di vigilanza, reattività e controllo.




P3.

Screening ambientale in reparti di terapia intensiva dopo il rilevamento di infezioni da patogeni multi-resistenti

G. Gatti1, M.S. Montanari2, A. Denicolò2, E. Giacobazzi2,
M. Morotti
2, M. Manera2, C. Biagetti3, V. Sambri4, M. Cricca4

1Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC), Bologna;
2AUSL della Romagna – Centro Servizi Area Vasta Laboratorio Unico di Pievesestina, Unità Operativa di Microbiologia, Cesena; 3Ospedale Infermi, Unità di Malattie Infettive, Rimini; 4Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC), Bologna; AUSL della Romagna – Centro Servizi Area Vasta Laboratorio Unico di Pievesestina, Unità Operativa di Microbiologia, Cesena

Introduzione. Il ruolo delle indagini microbiologiche delle superfici per contenere cluster di germi multiresistenti (come Staphylococcus aureus meticillino-resistente, MRSA, o enterobatteri produttori di carbapenemasi, CPE) nei reparti di Terapia Intensiva (TIN), è tutt’oggi molto dibattuto in letteratura. A fronte dell’identificazione di un cluster da MRSA o CPE nelle Terapie intensive dell’AUSL della Romagna, è stato identificato un protocollo di campionamento delle superfici da associare alle altre azioni consolidate di sorveglianza e contenimento del cluster. Metodi. Lo studio ha coinvolto quattro reparti TIN (Riccione, Rimini, Ravenna e Lugo) dove, a seguito di una segnalazione di cluster positivo per MRSA o CPE, sono stati campionati il personale ospedaliero e sei tipologie di superfici: materiale medico, letto, apparecchi elettronici, aree personali del paziente, mobili e muri laterali. I tamponi sono stati effettuati con eSwab contente terreno Amies (Copan, Brescia, Italia) e inviati al Laboratorio Unico dove sono state organizzate colture batteriche su terreno CHROMOagar™ CPE (Biomeriéux, Mercy l’Etoile, Francia) e Agar sangue (Biomeriéux, Mercy l’Etoile, Francia), e le piastre incubate per 48 ore a 37°C. In caso di crescita, le colonie sono state identificate tramite spettrometria di massa Matrix Assisted Laser Desorption Ionization Time-of-Flight (MALDI-TOF) (Biomeriéux, Mercy l’Etoile, Francia) e l’antibiogramma effettuato tramite VITEK®2 (Biomeriéux, Mercy l’Etoile, Francia). Risultati. In totale, sono stati raccolti 562 campioni di cui: il 67,26% (378) provenienti da Rimini; il 21,53% da Ravenna; l’8% (45) da Riccione, mentre il 3,2% da Lugo. Nessuno dei campioni pervenuti è risultato positivo allo screening. Analizzando la tipologia di superficie campionata, è stato evidenziato che la maggioranza dei tamponi dalla TIN di Rimini sono stati effettuati su letto e su mobili o apparecchi elettronici utilizzati dal paziente infetto. Dalla TIN di Riccione, 18 campioni sono stati effettuati su mobili. La superficie del letto, invece, è stata l’aerea più campionata nella TIN di Ravenna. Infine, nessuna prevalenza è stata sottolineata dai campioni inviati dalla TIN di Lugo. Conclusioni. Le indagini microbiologiche sulle superfici delle UUOO in cui era in corso un cluster da MRSA o CPE sono state eseguite per MRSA o CPE in maniera efficiente e puntuale dai reparti coinvolti. Il risultato negativo di tutte le indagini svolte ha confermato che le buone pratiche di contenimento e una puntuale disinfezione dell’ambiente sono stati attuati per limitare la diffusione del cluster. Due limiti evidenziabili dello studio possono essere identificati in: (i) effettuare il tampone dopo la disinfezione; (ii) utilizzare un tampone con un terreno senza capacità d’inibizione degli agenti disinfettanti. Un avanzamento delle modalità di screening potrebbe essere l’utilizzo di tamponi idonei con terreno di trasporto che possa inibire l’attività dei disinfettanti utilizzati.


P4.

Adozione di una matrice di valutazione delle azioni di prevenzione e controllo delle infezioni per il sostegno alla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza: l’esperienza del Friuli-Venezia Giulia (FVG)

G. Virone1, R. Florida1, L. Arnoldo1, B. Lavia2, R. Cocconi3

1Dipartimento di Medicina, Università degli Studi di Udine; 2Direzione Centrale Salute, Politiche Sociali e Disabilità; 3SOC Accreditamento, Qualità e Rischio Clinico – Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale

Introduzione. Il sostegno alle attività di prevenzione e controllo delle infezioni (IPC) è essenziale per garantire la sicurezza dei pazienti. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresentano un serio rischio per la salute e un costo evitabile per il sistema sanitario. Per questo, le organizzazioni sanitarie devono promuovere costantemente l’IPC, integrandolo nelle pratiche quotidiane attraverso risorse adeguate. Solo con un impegno costante e strutturato è possibile prevenire efficacemente la diffusione delle ICA e migliorare la qualità dell’assistenza. Questo studio ha lo scopo di condividere l’esperienza della regione FVG. Metodi. Nel 2024 è stata introdotta una matrice per l’IPC composta da 6 attività con relativi punteggi:
• consumo di soluzione idroalcolica nei presidi ospedalieri (PO) in L*1000 gg di degenza ordinaria (<20=0; 20≤x≤25=1; >25=2); • % di adesione alla corretta igiene delle mani con almeno 60 osservazioni per reparto nei PO e nelle strutture residenziali estensive (<70=0; 70≤x≤85=1; >85=2); • % di adesione alla corretta profilassi chirurgica nei PO (<70=0; 70≤x≤85=1; >85=2); • % di adesione ai bundle regionali per l’IPC nei PO e nelle strutture residenziali estensive (<70=0; 70≤x≤85=1; >85=2); • risultato aziendale del framework sull’igiene delle mani dell’OMS (inadeguato=-1; base=0; intermedio=1; avanzato=2); • risultato aziendale del framework sull’IPC dell’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS (inadeguato=-1; base=0; intermedio=1; avanzato=2). I dati sono stati raccolti dalle aziende e inviati al coordinamento della Rete Cure Sicure FVG per la valutazione. Il punteggio minimo richiesto era di 6 su un totale di 12; sono stati analizzati sia i dati complessivi provenienti dalle 5 aziende pubbliche del FVG sia i risultati delle 6 attività.
Risultati. Tutte e 5 le aziende hanno raggiunto l’obiettivo minimo di 6 punti, due hanno ottenuto uno score di 6, una di 7, una di 10 e una di 11. I risultati per singola attività hanno mostrato un punteggio maggiore nei due framework, IPC (10/10), e igiene mani (9/10) seguiti dall’adesione ai bundle (8/10) e all’igiene delle mani (6/10); in queste attività le aziende hanno tutte raggiunto un punteggio di 1. Le attività dove non tutte le aziende hanno raggiunto il risultato minimo di 1 sono state il consumo di soluzione idroalcolica (3/10) e l’adesione della profilassi peri- operatoria (4/10), rispettivamente tre e due aziende hanno totalizzato 0 punti. I risultati mostrano un quadro globalmente positivo, con tutte le aziende sopra la soglia minima. Tuttavia, emerge una forte variabilità tra le performance, segno di una disomogeneità nell’implementazione delle buone pratiche. Le aree con punteggi alti (framework IPC, igiene mani) indicano che le strutture organizzative e le politiche sono ben consolidate. Tuttavia, la differenza tra alcuni risultati come l’osservazione della compliance all’igiene delle mani e il consumo di soluzione idroalcolica suggerisce difficoltà nell’applicazione quotidiana. Le maggiori criticità si riscontrano in due aree fondamentali: consumo di soluzione idroalcolica e profilassi peri-operatoria, dove alcune aziende non hanno totalizzato punti. Conclusioni. L’introduzione della matrice IPC in FVG ha permesso di inserire in modo strutturato attività fondamentali di IPC nelle linee per la gestione del sistema sanitario regionale, permettendo di poter supportare le azioni di miglioramento specifiche a livello aziendale sulla base degli specifici punti di caduta presenti nelle singole realtà. L’obiettivo di questa esperienza è il mantenimento e la revisione della matrice per includere ulteriori attività e includere anche specifici outcome e al fine di migliorarne ulteriormente l’efficacia valutativa.


P5.

Sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico (ISC) nelle artroprotesi d’anca presso ASL 4 Liguria: analisi dei dati 2024 con focus sulle differenze di genere

C. Lorusso1, A. Centi1, L. Arpe1, A. Nicolini1, M. Caforio2,
E. Battilana
2, P. Cuomo3, A. Cincinelli4, M. Bonfiglio4, M. Massa5,
R. Rissetto
2, L. Mendo2, C. Lanzone6, C. Bottino7, S. Schenone7,
A. Brioschi
8, F. Cardinale7, B. Mentore7

1Ufficio Infezioni Direzione Medica di Presidio; 2Traumatologia; 3Ortopedia; 4Anestesia E Rianimazione; 5Sala operatoria ASL; 6Professioni Sanitarie; 7Direzione Medica di Presidio; 8Centro Direzionale Controllo Dati – ASL 4 Liguria, Chiavari (GE)

Introduzione. La sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico (ISC) nelle protesi d’anca rappresenta un elemento cruciale per garantire la qualità e la sicurezza delle cure. Il presente studio, condotto presso l’ASL 4 Liguria, ha monitorato le ISC precoci (entro 90 giorni dall’intervento) nelle artroprotesi d’anca, integrando un’analisi disaggregata per genere al fine di evidenziare eventuali differenze rilevanti nei fattori di rischio, nella gestione perioperatoria e negli esiti. Metodi. Nel periodo settembre-dicembre 2024, sono stati inclusi 56 interventi di artroprotesi d’anca (54 pazienti: 36 femmine, 18 maschi). La raccolta dati ha seguito i criteri SNICh-HELICS con revisione della documentazione clinica e osservazione diretta in sala operatoria. Le variabili analizzate includevano: sesso, età, punteggio ASA, durata dell’intervento, tipo di intervento, degenza, profilassi antibiotica, e Infection Risk Index (IRI). Risultati. Nessuna infezione del sito chirurgico precoce è stata rilevata (ISC ratio = 0%; densità di incidenza = 0/479 gg-paziente). Le donne hanno rappresentato il 67% dei pazienti operati, con età mediana superiore rispetto agli uomini (75 vs 69 anni). La distribuzione del punteggio ASA ha mostrato una maggiore prevalenza di ASA 3 nelle donne (33% vs 22%), suggerendo una condizione clinica di maggiore fragilità. La profilassi antibiotica è risultata adeguata nel 91% dei casi, senza differenze significative tra i generi. Tuttavia, la raccolta incompleta di alcune variabili (es. ASA score e tricotomia) limita una piena valutazione comparativa. L’osservazione diretta e la rilevazione dei dati hanno permesso di documentare un’alta aderenza ai bundle chirurgici (es. preparazione della cute 96%, controllo glicemico 98%, normotermia 100%), ma hanno anche evidenziato alcuni dati mancanti (es. tricotomia assente solo nel 39% dei casi). L’aggiornamento del sistema informatico ha consentito di superare questa criticità, rendendo visibile in sala operatoria la prescrizione e il corretto timing della profilassi, rappresentando un esempio di best practice. Conclusioni. Sebbene l’incidenza di ISC precoce sia risultata nulla, l’analisi disaggregata ha evidenziato un profilo di maggiore fragilità nelle pazienti di sesso femminile, che meritano un’attenta considerazione nei percorsi perioperatori. L’attività di sorveglianza non ha solo permesso di documentare l’assenza di ISC precoci, ma ha avuto un impatto significativo sulla qualità dell’assistenza: ha rafforzato l’attenzione agli elementi dei bundle chirurgici, promosso il confronto multidisciplinare e portato a una concreta innovazione digitale per la tracciabilità della profilassi antibiotica. La sorveglianza ha inoltre evidenziato il valore aggiunto dell’osservazione diretta in sala operatoria per l’identificazione e il miglioramento di pratiche assistenziali trasversali. Il monitoraggio continuo con prospettiva di genere può contribuire a una chirurgia ortopedica più equa e sicura.


P6.

L’infezione del sito chirurgico come indicatore di performance nei reparti chirurgici

C. Luciani, L. Cucciolillo, M. Maiorano, M. Masturzo,
M. Straqualursi, L. Iorio

PO “A. Cardarelli” ASReM, UOC Chirurgia Vascolare, Campobasso

Introduzione. Le infezioni del sito chirurgico (ISC) costituiscono una complicanza post-operatoria di significativa rilevanza clinica. Classificate secondo i criteri del Centers for Disease Control and Prevention, le ISC fungono da indicatore primario della qualità dell’assistenza chirurgica e dell’efficacia delle strategie di prevenzione. La loro incidenza, responsabile fino al 20% delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria, comporta un incremento della degenza, dei costi, delle morbilità e mortalità, con potenziale progressione a sepsi. Il presente studio si prefigge di analizzare il ruolo delle ISC quale indicatore di performance, esaminando le metodologie di monitoraggio, i fattori di rischio correlati e le implicazioni per il miglioramento della qualità nei contesti chirurgici. Metodi. Il monitoraggio delle ISC si fonda su sistemi di sorveglianza standardizzati, sia attivi che passivi. La raccolta dati include parametri demografici del paziente, caratteristiche dell’intervento e del decorso clinico, nonché la diagnosi dell’infezione. Per assicurare una confrontabilità tra le strutture, il tasso di ISC viene aggiustato in base al “case-mix” dei pazienti, impiegando l’indice di rischio NNIS (National Nosocomial Infections Surveillance). Questo indice stratifica i pazienti in categorie di rischio considerando lo Score ASA (American Society of Anesthesiologists) ≥3, la Classificazione delle Ferite (Altemeier) ≥III e la durata dell’intervento. Risultati. L’incidenza delle ISC varia, con stime globali del 3% delle chirurgie, ma può raggiungere il 10% in contesti specifici. Nella nostra analisi, su 304 interventi di chirurgia toracica in 3 anni su una popolazione prevalentemente geriatrica, si sono verificati 23 casi di ISC (7,6%). Ogni ISC ha richiesto in media almeno 3 accessi ambulatoriali aggiuntivi per medicazioni, evidenziando un impatto significativo sul carico di lavoro per la struttura e sul disagio per i pazienti anziani. I principali fattori di rischio identificati includono l’età avanzata, esacerbata da comorbidità, ridotta capacità di guarigione tissutale e deficit funzionali. L’incidenza delle ISC funge da sensibile barometro della qualità dell’assistenza chirurgica e perioperatoria. Il tasso del 7,6% osservato nel caso studio, sebbene influenzato da una casistica complessa, è superiore ai benchmark medi (1-5%). La mera comparazione del tasso grezzo è insufficiente; l’aggiustamento del rischio, tramite strumenti come l’indice NNIS, è cruciale per garantire confronti significativi tra reparti, riflettendo la qualità dell’assistenza piuttosto che la composizione del rischio dei pazienti. Il valore delle ISC come indicatore di performance risiede nell’innescare un’indagine sistematica sui processi sottostanti, spostando l’attenzione da una metrica di “risultato” a una di “processo”, tramite audit periodici e analisi delle criticità per il miglioramento continuo. Conclusioni. Il monitoraggio delle ISC è uno strumento indispensabile per valutare la performance dei reparti chirurgici, promuovere la qualità e la sicurezza delle cure e ottimizzare l’allocazione delle risorse sanitarie. Fornisce informazioni preziose sull’efficacia dei processi assistenziali, consentendo di attuare azioni volte a migliorare la qualità dell’assistenza e a ridurre le complicanze. I risultati evidenziano la necessità di rafforzare le strategie di prevenzione e l’ottimizzazione della gestione delle comorbidità. L’impegno continuo nella prevenzione delle ISC, supportato da sorveglianza robusta, aggiustamento del rischio e audit interni, è fondamentale per garantire risultati clinici ottimali e rafforzare la fiducia dei pazienti nel sistema sanitario. La trasparenza nella comunicazione dei dati e l’adozione di audit clinici periodici favoriscono la cultura della sicurezza e la responsabilizzazione dei team chirurgici. La continua ricerca e il perfezionamento dei metodi di sorveglianza sono essenziali per affrontare le sfide future, inclusa la resistenza agli antibiotici.


P7.

Sorveglianza molecolare per l’identificazione di Candida auris: il caso della Romagna

A. Marzucco1, C. Colosimo2, F. Congestrì1, V. Arfilli1,
P. Schiavone
1, C. Biagetti3, V. Sambri4, M. Cricca4

1AUSL della Romagna – Centro Servizi Area Vasta Laboratorio Unico di Pievesestina, Unità Operativa di Microbiologia, Cesena; 2Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC), Bologna; 3Ospedale Infermi, Unità di Malattie Infettive, Rimini; 4AUSL della Romagna – Centro Servizi Area Vasta Laboratorio Unico di Pievesestina, Unità Operativa di Microbiologia, Cesena; Alma Mater Studiorum – Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche (DIMEC), Bologna

Introduzione. Candida auris è un fungo patogeno isolato per la prima volta nel 2009 e che, ad oggi, è stato classificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come microrganismo ad alta priorità a causa dell’esponenziale aumento dei casi e di cluster d’infezione. Così, tra il 2018 e il 2023, anche l’Istituto Superiore di Sanità ha emanato sei circolari per definire: i casi sospetti, le modalità di notifica dei casi positivi, la gestione dei pazienti e le norme di Infection Prevention and Control. Nel 2022, è stato identificato un Laboratorio di Riferimento Nazionale, infine, nel giugno 2023, sono state indicate le modalità di screening per C. auris. Perciò, un algoritmo stabile potrebbe aiutare nell’identificare rapidamente la presenza di C. auris in reparti con pazienti critici. Metodi. Dal novembre 2023 a dicembre 2024 sono stati raccolti e processati i tamponi cutanei provenienti da pazienti ospedalizzati per più di quattro ore in reparti di Terapie Intensive (TI) di Riccione, Rimini, Cesena, Forlì, Faenza, Ravenna e Lugo, e nell’Unità di Medina d’Urgenza di Cesena (MURG). I tamponi sono stati effettuati in sede ospedaliera secondo le linee guida promosse dai Centers of Disease Control and Prevention (CDC) ed inviati al Laboratorio Unico. I campioni sono stati seminati su terreno cromogenico CAN2 (Biomeriéux, Mercy l’Etoile, Francia) e incubati a 37°C per 48 ore tramite il sistema automatizzato di processamento e controllo delle piastre WASPLab (Copan, Brescia, Italia). In caso di crescita, le colonie sono state identificate tramite spettrometria di massa Matrix Assisted Laser Desorption Ionization Time-of-Flight (MALDI-TOF) (Biomeriéux, Mercy l’Etoile, Francia). Contemporaneamente, per ricercare C. auris a livello molecolare, il DNA contenuto in tutti i tamponi è stato estratto tramite AltoStar® AM16 (altona Diagnostics GmbH, Amburgo, Germania) la reazione di polimerizzazione a catena (PCR) effettuata con AurisID (Olm Diagnostics). In presenza di casi positivi, è stata avviata una sorveglianza attiva sui contatti per quattro settimane. I pazienti dimessi a domicilio e i loro familiari sono stati forniti di un opuscolo informativo contenente le misure di prevenzione da seguire. Il primo caso positivo è stato confermato tramite sequenziamento shotgun Next-Generation Sequencing su piattaforma Oxford Nanopore (Oxford Nanopore Technologies, Oxford, Regno Unito). Risultati. In totale sono stati processati 1616 tamponi cutanei da circa 1446 pazienti. I tamponi eseguiti su popolazione femminile sono stati 673, mentre 940 su popolazione maschile. La maggior parte dei campioni (319) sono stati effettuati nella TIN di Cesena; 305 campioni sono stati inviati da Rimini; 268 sono stati effettuati da Ravenna; mentre, 226 tamponi sono stati registrati provenienti da Lugo. A partire da Luglio 2024, sono stati rilevati 16 casi positivi in PCR (Ct >35) e negativi al colturale (5 donne e 11 uomini), di cui 15 provenienti dal distretto di Ravenna (7 da TIN, 1 Cardiologia, 2 Igiene Pubblica, 1 Malattie Infettive, 2 Medicina Generale, 2 MURG) e 1 dalla TIN di Cesena. I dati di sequenziamento hanno confermato la positività del primo caso individuato tramite screening molecolare. Conclusioni. La programmazione e la standardizzazione di sistema di sorveglianza locale per C. auris hanno permesso di individuare pazienti positivi probabilmente appartenenti allo stesso cluster. Sebbene a bassa carica, il rilevamento di una colonizzazione da parte di C. auris informa ospedali e laboratori della presenza del patogeno sul territorio e permette l’organizzazione tempestiva di sistemi di prevenzione e contenimento di possibili infezioni invasive.




P8.

Microrganismi alert: un sistema di segnalazione e sorveglianza attiva nel PO Bisceglie

P. Nardella1, V.P. Preziosa2, A.M. Arbore2, L. Santoro3,
D.B. Rosa
3, G. Di Ceglie3, A. Scelzi4, T. Di Matteo5

1Direttrice UOC Direzione Medica - PO Bisceglie; 2Dirigente Medico UOC Direzione Medica P.O. Bisceglie; 3APSF UOC Direzione Medica - PO Bisceglie; 4Direttore Sanitario ASL BT; 5Direttrice Generale ASL BT

Introduzione. La diffusione di microrganismi patogeni multiresistenti costituisce un fenomeno in continua evoluzione, rappresentando un crescente rischio infettivo nelle Strutture Sanitarie. Un monitoraggio di tali microrganismi e il coinvolgimento degli Operatori Sanitari nel sistema di segnalazione e di sorveglianza, consente di attivare tempestivamente le misure di profilassi e controllo previste per circoscrivere e/o arrestare il diffondersi delle infezioni. Metodi. Il gruppo di lavoro costituito dai rappresentati delle Unità Operative (UUOO) Direzione Medica, Patologia e Malattie Infettive ha elaborato un elenco dei principali alert organisms da segnalare, attivando la procedura da luglio 2025. L’UO Patologia Clinica del PO Bisceglie in caso di isolamento degli stessi provvede a triplice notifica con la segnalazione grafica in cartella elettronica: alla UO interessata, al fine di predisporre l’isolamento del paziente e l’applicazione delle procedure previste; alla Direzione Medica per la verifica delle misure di controllo adottate, il monitoraggio e la continuità dei flussi informativi; alla U.O. Malattie Infettive per consentire un tempestivo intervento degli specialisti e la pianificazione della corretta terapia antibiotica. L’UO interessata compila ed invia la “Scheda di Segnalazione di Infezione/Colonizzazione da Microrganismi Alert” alla Direzione Medica, e ove necessario può richiedere l’attivazione dell’Infection Control Team. I dati vengono inseriti in un file condiviso da cui vengono elaborati report periodici ed effettuati audit con le UUOO. Risultati. Dall’analisi dei dati si evincono n. 230 segnalazioni di cui i microrganismi più rappresentati sono K. pneumoniae ESBL e CARBA+ (19,5%) ed E. Coli (19%), isolati prevalentemente in emocolture ed urinocolture di pazienti con età media 75aa provenienti dal domicilio (39,1%). Inoltre, è stato realizzato l’isolamento in prima giornata dei pazienti con emocoltura positiva e impostata una terapia antibiotica mirata. Il 16% dei pazienti ha avuto un outcome infausto in relazione anche all’età e alle comorbilità, il 34% è stato dimesso a domicilio, mentre il restante è stato trasferito in altri istituti di cura. Conclusioni. La ricorrenza di infezioni correlate all’assistenza (ICA) ha fatto accrescere la necessità di attivare Sistemi di Sorveglianza epidemiologica stabili, in grado di identificare tempestivamente i microrganismi responsabili e consentire l’adozione di opportune misure di controllo nella lotta all’antibiotico resistenza. La sorveglianza attiva nel PO Bisceglie ha consentito un monitoraggio giornaliero delle ICA, il contrasto all’empirismo terapeutico con l’adozione di una terapia antibiotica mirata precoce, il miglioramento della prognosi in termini di outcome del paziente, la tempestiva predisposizione delle misure di controllo per la riduzione della diffusione del microganismo, con effetti positivi sui tempi di degenza e sulla spesa sanitaria. La realizzazione di un network di presidio con interventi coordinati tra le UUOO, l’infettivologo, il microbiologo, il farmacista ospedaliero e la Direzione Medica di Presidio, impegnato quotidianamente nell’applicazione di strategie condivise, ha rappresentato un’azione concreta al raggiungimento degli obiettivi. L’introduzione di un segnale grafico “alert” sul referto di microbiologia allegato alla cartella elettronica in caso di positività laboratoristica, ha consentito l’ottimizzazione della gestione del paziente da parte di tutto il personale sanitario e la riduzione del rischio di potenziali trasmissioni. La sorveglianza attiva assicurerebbe, quindi, una maggiore sicurezza per i pazienti, in quanto verrebbe garantita la tracciabilità di tutto il percorso, migliorando la performance della terapia, prevenendo eventuali rischi e razionalizzando le risorse economiche.


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Sorveglianza delle infezioni da Clostridioides difficile in AUSL Romagna nel periodo 2021-2024

F. Pallotta, M. Fantini, A. Amadori, M.S. Montanari,
M. D’Alessandro, F. Congestrì, C. Biagetti, M. Cricca

AUSL Romagna

Introduzione. L’infezione da Clostridioides difficile (CDI) rappresenta un problema di sanità pubblica essendo associata a un incremento dei tempi di degenza, dei costi sanitari e della mortalità. I principali fattori di rischio includono l’uso prolungato o inappropriato di antibiotici, l’età avanzata, la presenza di comorbidità e il mancato rispetto delle misure di infection prevention and control (IPC). Numerosi studi dimostrano che la CDI è prevenibile attraverso interventi mirati di IPC e programmi di antimicrobial stewardship (AMS). Quindi, la sorveglianza delle CDI rappresenta un valido indicatore indiretto dell’efficacia di tali strategie. Metodi. Dal 2020 è stato istituito un programma di sorveglianza continuativa delle CDI in AUSL Romagna sulla base del protocollo fornito da ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control). Rientrano nella sorveglianza tutti gli utenti ricoverati nelle strutture ospedaliere, negli ospedali di comunità e nelle Case di Residenza Assistita accreditate sul territorio dell’AUSL Romagna. La rilevazione dei casi e l’individuazione di cluster o casi secondari viene effettuata da parte degli infermieri specialisti del rischio infettivo in seguito all’invio degli alert emessi dal laboratorio di Microbiologia. Un caso di CDI è definito dalla presenza di diarrea o megacolon tossico associati a rilevamento delle tossine A/B di C. difficile, positività al test PCR per i geni delle tossine o esame istopatologico caratteristico. In base all’origine dell’infezione, i casi di CDI sono stati classificati come infezione correlata all’assistenza (ICA) con insorgenza a partire dal terzo giorno di ricovero fino a 4 settimane dalla dimissione; infezione comunitaria: insorgenza dopo 12 settimane dalla dimissione; origine indeterminata: insorgenza tra 4 e 12 settimane dalla dimissione. Un caso è definito ricorrente se si manifesta più di 4 ma meno di 8 settimane dopo la conclusione del trattamento di un episodio precedente di CDI. Risultati. Nel periodo 2021-2024 il numero di casi ha subito un progressivo incremento (255 nel 2021 - 648 nel 2024), con un’incidenza di 7.6 casi/10.000 giornate di degenza nel 2024. Tale incremento è attribuibile sia ad un incremento del numero di ICA (181 nel 2021 e 457 nel 2024), sia dei casi di CDI comunitari (29 nel 2021 – 109 nel 2024) o di origine indeterminata (45 nel 2021 - 88 nel 2024). Anche il numero di casi ricorrenti ha mostrato un incremento (18 nel 2021 - 102 nel 2024). Il numero dei non casi (positivi al test microbiologico in assenza clinica) ha mostrato un trend in riduzione (218 nel 2021 - 106 nel 2024). Nel 2024 l’età media dei casi era di 79 anni e il 54% era di sesso femminile. Le ICA hanno rappresentato il 71% del totale dei casi (dal 58% all’82% dei casi a seconda dell’ambito dell’AUSL Romagna). Tra i casi di CDI (n=648), l’85% ha ricevuto una terapia specifica, principalmente con vancomicina (n=524). Per quanto riguarda i non casi (n=106), una terapia è stata somministrata nel 31% di essi. Il 78% dei casi ricorrenti ha ricevuto una terapia. Nel corso del 2024 si sono verificati un totale di 5 clusters all’interno dell’AUSL Romagna. Conclusioni. Il programma di sorveglianza ha consentito non solo il monitoraggio attivo dei casi, ma anche di promuovere la consapevolezza tra gli operatori sanitari sul riconoscimento clinico delle CDI. Ciò ha contribuito a migliorare l’appropriatezza diagnostica, con riduzione del numero di non casi identificati. Questo approccio ha permesso di limitare la somministrazione inappropriata di terapie antibiotiche specifiche in assenza di infezione, contribuendo a contenere la pressione selettiva e, quindi, il rischio di sviluppo di resistenze antimicrobiche.


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Eras e infezioni

M. Palmieri, M. Sartelli, A. Carrieri, N. Silvestrini, R. Scibe’,
C. Trana’, C.A. Lapponi, G. Speranza, V. Sbacco, W. Siquini

UOC Chirurgia Generale ad Indirizzo Oncologico, Ospedale Generale
Provinciale di Macerata, Macerata

Introduzione. L’ERAS (Enhanced Recovery After Surgery) è un insieme di azioni volto ad ottimizzare la gestione peri-operatoria del paziente chirurgico, comportando rapida ripresa post-operatoria, minore degenza ospedaliera, riduzione dei costi sanitari e del tasso di complicanze di almeno il 30%, tra cui una diminuzione delle infezioni del sito chirurgico (ISC), come provato dagli studi di Grant del 2017 e di Wu del 2024. Lo studio valuta l’outcome di pazienti chirurgici ottuagenari gestiti con ERAS + videolaparoscopia (VLS). Metodi. Lo studio retrospettivo comparativo ha analizzato 71 pazienti ottuagenari sottoposti ad intervento per patologia colo-rettale benigna e maligna nell’UOC Chirurgia Generale dell’Ospedale Generale Provinciale di Macerata: 22 trattati con approccio tradizionale (Gennaio 2018-Dicembre 2018), e 49 secondo i principi ERAS+VLS (Gennaio 2022-Dicembre 2023), con un follow-up di 30 giorni. Se soli 8 interventi sono stati condotti in VLS nel 2018, nel 2022-2023 tutti i 49 lo erano. Nel gruppo ERAS, la preparazione intestinale non era applicata di ruotine, la disinfezione del campo operatorio era sempre con Clorexidina al 2% in soluzione alcolica, la mini-laparotomia di servizio era gestita con protettori di parete, le resezioni colorettali erano meccaniche intracorporee. La profilassi eseguita 30 minuti prima dell’intervento con cefoxitina (cefalosporina di seconda generazione con modesta attività anti anaerobica) veniva ripetuta dopo due ore dall’inizio dell’intervento e interrotta di principio dopo la fine dello stesso. Per ogni paziente, sono state considerate variabili demografiche, intra-operatorie e post-operatorie (complicanze mediche e chirurgiche, rimozione del sondino nasogastrico (SNG) e del catetere vescicale (CV), canalizzazione dell’alvo a gas e feci, assunzione di dieta solida, durata della degenza, antibiotico-terapia, infezioni del sito chirurgico, tasso di mortalità e ri-ammissione a 30 giorni). Risultati. L’età media era 83,6 (2018) e 84 anni (2022-2023), con il 36,4% ed il 30,6% degli individui di almeno 85 anni. Nessuna differenza statisticamente significativa è stata registrata per l’uso dell’antibiotico-
profilassi, emotrasfusioni, durata media dell’intervento chirurgico, trasferimento in rianimazione, resezione con stomia (comunque più frequente nel 2018), mortalità a 30 giorni e ri-ammissione a 30 giorni. Le complicanze mediche nei gruppi non-ERAS ed ERAS + VLS, sono state rispettivamente del 9,1% e del 30,6%, mentre quelle chirurgiche sono risultate del 18,2% e del 2%. Nel gruppo ERAS, la rimozione del SNG e del CV, rimosso sistematicamente il giorno dopo l’intervento, sono stati più precoci così come le riprese della canalizzazione dell’alvo a gas e feci con conseguente rapida ri-alimentazione per os; la degenza media era dimezzata. Nessun paziente del 2022-2023 ha riportato infezioni del sito chirurgico (tasso del 13,6% nel 2018). Inoltre, nonostante non sia stata raggiunta una significatività statistica, lo studio ha evidenziato un dimezzarsi della durata dell’antibiotico-terapia (da 2,8 giorni nel 2018 a 1,4 nel 2022-2023); anche la percentuale di pazienti che hanno necessitato di antibiotico è risultata ridotta nel gruppo ERAS, essendo 26,5% contro il 45,5% del 2018.
Conclusioni. ERAS e VLS nel paziente ottuagenario, sottoposto a Chirurgia colo-rettale, implicano un miglioramento dell’outcome generale: tale sinergia risulta superiore rispetto all’approccio chirurgico “classico” nella generale ripresa post-operatoria, persino in un paziente estremamente complesso e fragile come l’ottuagenario. In particolare, si sottolinea il minor tasso di infezioni del sito chirurgico, e quindi un ridotto ricorso ad antibioticoterapia.


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Cure infermieristiche mancate e infezioni correlate all’assistenza: efficacia di checklist intelligenti basate su IA per la prevenzione e il monitoraggio

L. Pasta, M. Frittitta, A. Cuvello, M. Guastella

Prismed Srl Società Benefit - Copernico Surveillance & Prevention, Palermo

Introduzione. Le cure infermieristiche mancate (Missed Nursing Care, MNC), intese come insieme di interventi assistenziali necessari che vengono omessi, ritardati o svolti in modo incompleto, costituiscono un fattore di rischio ormai riconosciuto per l’insorgenza delle infezioni correlate all’assistenza (ICA). Una recente rassegna europea ha evidenziato che tassi elevati di MNC si associano a un incremento di batteriemie, infezioni urinarie e polmoniti ospedaliere, con percentuali d’aumento comprese fra il 10 e il 32%, a seconda dell’agente infettivo. Analoghe relazioni sono state documentate in contesti extra-europei, dove la mancata somministrazione di assistenza di base (ad es. igiene del paziente, mobilizzazione) ha fatto registrare un aumento delle polmoniti e delle infezioni urinarie in ambito geriatrico e riabilitativo. Parallelamente, l’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale (IA) ha aperto nuove strade per la sorveglianza predittiva delle ICA, mostrando un’accuratezza superiore all’80% in modelli di machine learning applicati a dati clinici e di laboratorio. Metodi. È stata realizzata una revisione integrata che combina una umbrella review sulle applicazioni della IA nella prevenzione delle ICA e una revisione sistematica delle evidenze relative alle cause, alle conseguenze e agli interventi correttivi per contrastare il fenomeno delle MNC. Le basi dati PubMed, CINAHL, Scopus e Web of Science sono state interrogate per il periodo 2014-2025. La qualità metodologica degli studi è stata vagliata con gli strumenti Joanna Briggs Institute, privilegiando revisioni sistematiche, metanalisi e studi longitudinali ad alto livello di evidenza. I dati sono stati sintetizzati secondo un approccio tematico, con triangolazione tra risultati quantitativi e qualitativi. Risultati. Gli studi convergono nel dimostrare che ogni atto assistenziale omesso, in particolar modo quelli relativi all’igiene del paziente, incrementa in modo proporzionale l’incidenza di ICA: nei reparti di degenza ordinaria gli episodi di cure mancate si correlano ad un aumento del 25% di infezioni urinarie, 16% di batteriemie e 11% di polmoniti. Al contempo, l’impiego di algoritmi di tipo predittivo e di checklist digitali integrate nella cartella clinica elettronica riduce il carico di lavoro infermieristico del 25-40%, favorisce la completa esecuzione delle attività a rischio di omissione e, in studi pilota, ha permesso di dimezzare le ICA in unità di terapia intensiva e chirurgia. L’adozione di sistemi di IA per la rilevazione automatica delle cure mancate, mediante analisi dei log di attività e dei parametri vitali, ha inoltre migliorato l’accuratezza della sorveglianza delle ICA, consentendo interventi tempestivi di isolamento o adeguamento terapeutico. Conclusioni. Il quadro delle evidenze indica che il fenomeno delle MNC rappresenta un anello critico nella catena causale delle ICA. L’integrazione di checklist intelligenti, arricchite da moduli di IA capaci di incrociare in tempo reale informazioni sui piani di cura, segnali di allarme clinico e flussi di personale, si configura come una strategia promettente per interrompere tale catena. Affinché la tecnologia produca benefici tangibili, è però indispensabile il giudizio clinico infermieristico, promuovendo percorsi formativi centrati sulle competenze digitali e sulla governance etico-legale dei dati. La Sentenza Travaglino, ha dettagliato 13 punti che dovrebbero essere messi in pratica in ogni azienda sanitaria per ridurre al massimo l’incidenza di ICA; le MNC interferiscono in maniera negativa con quanto stabilito dalla sentenza e sono considerate tra le cause principali di ICA. Le checklist automatizzate, potenziate da IA offrono una risposta concreta a due sfide interdipendenti: la riduzione delle MNC e la prevenzione delle ICA, migliorando al contempo qualità, sicurezza e sostenibilità dei processi assistenziali, certificando l’esecuzione delle procedure, nel rispetto della sentenza citata. Un’implementazione responsabile, basata su evidenze solide e un forte coinvolgimento degli infermieri, può trasformare queste tecnologie in leve operative per un’assistenza ancora più centrata sul paziente e orientata all’efficienza.




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Analisi di machine learning delle infezioni correlate all’assistenza nelle residenze sociosanitarie: approfondimenti da uno studio longitudinale italiano di 12 mesi

A.C. Leucci1, E. Sasdelli1, L. Caselli1, E. Fabbri1, E. Berti1,
C. Vicentini
2, C.M. Zotti2, K. Latour3, N. Aich3, E. Ricchizzi1

1Settore innovazione sanitaria e sociale, Regione Emilia-Romagna;
2Università degli Studi di Torino; 3Sciensano

Introduzione. I residenti delle strutture sociosanitarie sono particolarmente a rischio di infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICA) a causa della loro fragilità, delle molteplici condizioni di salute e delle esigenze sanitarie. In questo studio abbiamo valutato l’incidenza e la distribuzione delle ICA in relazione alle caratteristiche clinico-demografiche dei residenti delle strutture sociosanitarie in Italia. Metodi. Nel 2022-2023 l’Italia (Emilia-Romagna e Piemonte) ha partecipato allo studio longitudinale europeo di 12 mesi sull’incidenza delle ICA nelle residenze sociosanitarie, condotto dall’European Centre for Disease Prevention and Control, con 395 residenti di 24 strutture. Le percentuali, il rapporto e il tasso di ICA sono stati stimati per tipo di ICA utilizzando modelli di equazioni di stima generalizzate. È stata implementata un’analisi gerarchica dei cluster basata sulle caratteristiche clinico-demografiche dei residenti attraverso un approccio di machine learning non supervisionato. La distribuzione delle ICA è stata quindi valutata nei gruppi risultanti. Risultati. Sono state stimate 75 ICA per 100 residenti (95% CI: 70,3-78,3) e 0,23 ICA per 1.000 giorni di degenza (95% CI: 0,11-0,76). Le ICA più frequenti sono state quelle respiratorie (29,5%, IC 95%: 24,2%-31,1%), Covid-19 (26,3%, IC 95%: 22,1%-28,4%) e urinarie (15%, IC 95%: 11%-35,4%). Sono stati identificati due gruppi di residenti: Gruppo1 (G1) (N=156, 39%), più indipendente, mobile, con una migliore funzione cognitiva, con un numero di comorbilità inferiore a 2 e una minore incidenza di ICA; Gruppo2 (G2) (N=239, 61%), più dipendente e fragile, con un significativo declino funzionale e maggior complessità clinica, numero di comorbilità superiore a 2, con una maggiore incidenza di ICA. Conclusioni. Confermiamo un’elevata incidenza di ICA nelle strutture sociosanitarie italiane, soprattutto tra i residenti più complessi dal punto di vista clinico. L’identificazione di gruppi di infezioni ad alta incidenza in base alle caratteristiche clinico-demografiche dei residenti può consentire interventi di prevenzione e controllo mirati.


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Riduzione dei tempi diagnostici nella sorveglianza attiva di Candida auris mediante automazione di laboratorio e test molecolare: valutazione avvenuta in un centro lombardo

S. De Stefano, S.G. Rimoldi, S. Grosso, C. Pagani, A. Gigantiello,
A. Mancon, R. Bosari, V. Cappello, G. Casalini, A. Dolci

Laboratorio di Microbiologia Clinica, Virologia e Diagnosi delle Bioemergenze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sacco, Milano

Introduzione. L’ASST Fatebenefratelli-Sacco si è adeguata alle direttive Ministeriali e regionali per la sorveglianza di C. auris ampliando una precedente attività di sorveglianza attiva, avviata a seguito di un caso positivo di importazione dalla Grecia, estendendola ai reparti e ai pazienti considerati a rischio. Nell’ambito di questo intervento, il nostro obiettivo è stato mirato a individuare tempi di incubazione più brevi per le piastre agarizzate utilizzando il sistema WASPLab con monitoraggio di positività della crescita microbica, unitamente all’impiego di un metodo molecolare per l’identificazione precoce. Metodi. Nel periodo marzo-giugno 2025, un totale di 433 pazienti ricoverati presso i Presidi Sacco, Buzzi e FBF dell’ASST FBF-Sacco è stato sottoposto allo screening per C. auris. Come da direttive aziendali, tutti i pazienti ricoverati nelle unità di terapia intensiva del Presidio Sacco o con fattore di rischio epidemiologico (trasferimento da altra struttura assistenziale) sono stati sottoposti a test molecolare diretto, mentre nei reparti di area medica e chirurgica ad alto rischio (oncologia/oncoematologia, neurochirurgia, nefrologia) e nelle unità di terapia intensiva del presidio FBF e Buzzi lo screening è stato effettuato mediante esame colturale. Il prelievo è stato eseguito con un unico tampone cutaneo (eSWAB Copan, Brescia, Italia), con campionamento bilaterale in sede inguinale e ascellare, processato mediante screening colturale su terreno cromogeno Colorex Candida Plus (Biolife, Milano, Italia) o mediante biologia molecolare (Eazyplex Candida auris, Germania) sulla base del fattore di rischio del paziente o del reparto di provenienza. I campioni sottoposti all’esame colturale sono stati processati mediante piattaforma WASPLab (Brescia, Italia) e sottoposti a un protocollo di incubazione a 37°C con un monitoraggio per 72 ore. Il sistema di imaging di WASPLab acquisiva le immagini a intervalli di 14, 36 e 62 ore, permettendo una identificazione precoce di colonie compatibili con C. auris. Risultati. Dei 433 campioni oggetto di studio, l’82% (354/433) è stato processato con l’automazione WASPLab, mentre il restante 18% (79/433) con il test molecolare Eazyplex Candida auris. Complessivamente, il 48,3% (209/433) dei tamponi analizzati proveniva dalle unità di terapia intensiva (Presidio Sacco N= 76, Presidio Buzzi N=70, Presidio FBF N=63). A seguito di una valutazione della popolazione afferente e sulla base del rischio epidemiologico, si è stabilito di riservare lo screening molecolare solo ai pazienti ricoverati nelle unità di terapia intensiva del Presidio Sacco. Per la terapia intensiva dei presidi Buzzi e FBF, invece, si è ritenuto più indicata una sorveglianza attiva mediante metodo colturale. Le nostre valutazioni sulle performance diagnostiche dei test utilizzati sono state condotte con un ceppo di C. auris (MI-ITA) depositato in un precedente nostro lavoro. Nel periodo considerato, nessun caso di infezione e colonizzazione da C. auris è stato identificato nell’ASST FBF-Sacco. Conclusioni. L’automazione WASPLab, combinata con l’imaging digitale, consente il monitoraggio continuo delle piastre colturali, facilitando il rilevamento precoce della crescita microbica e riducendo potenzialmente i tempi di incubazione dei tamponi per lo screening delle infezioni/colonizzazioni correlate all’assistenza (ICA), inclusa C. auris. Crediamo che il nostro approccio diagnostico combinato possa rappresentare un modello operativo promettente per implementare rapidamente misure di contenimento delle ICA in un contesto ospedaliero ad alto rischio.


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Sorveglianza delle colonizzazioni da Enterobacterales resistenti ai carbapenemi tra i pazienti di neuroriabilitazione e tempi di negativizzazione

A. Rossini1, S. Andreucci1, S.G. Di Santo1,2

1Fondazione Santa Lucia IRCCS in amministrazione straordinaria;
2ITB CNR Segrate

Introduzione. Sorvegliare per 48 mesi i pazienti in ingresso in neuroriabilitazione per identificare le colonizzazioni da Enterobacterales resistenti ai carbapenemi (CRE) e valutarne i tempi di negativizzazione. Metodi. Da gennaio 2020 a dicembre 2023 tutti i nuovi ricoveri in regime ordinario presso l’IRCCS Fondazione Santa Lucia di Roma sono stati sottoposti in ingresso a screening con tampone rettale (TR) per rilevare la colonizzazione da CRE (CRE+); la permanenza della colonizzazione (PPCRE) è stata valutata con cadenza quindicinale, sempre con TR. Per ogni paziente sono state raccolte le variabili: sesso, età, provenienza, numero di (re)ingressi, tipologia di percorso riabilitativo ad alta intensità (AIN) o bassa intensità (BIN). Risultati. Nei 48 mesi di sorveglianza sono stati studiati 4513 ricoveri relativi a 3741 pazienti (età media 67,4 anni, 56.6% maschi) di cui 589 con più di 1 accettazione. Sono stati identificati 466 pazienti CRE+ (12,5%), età media 63,9 aa, 65,5% maschi, con incremento di oltre il 2% rispetto al precedente studio del 2014 (10,2%). I pazienti CRE+ all’accettazione sono risultati pari al 14,5% nel 2020 (p<0,005), 10,3% nel 2021, 14.2% nel 2022 (p<0,005) e 10,9% nel 2023. Nei 4 anni di sorveglianza la PPCRE è risultata in media pari a 80 ± 81gg, in media la percentuale di giornate positive (%GP) sulla durata del ricovero è pari al 61,2%. Erano CRE+ il 2,5% dei pazienti provenienti da domicilio (D) vs. il 13,4% dei pazienti provenienti da ospedale per acuti (OPA); la PPCRE media è risultata di 34 ± 33 gg, vs. 80 ± 76 gg rispettivamente nei due gruppi. La %GP è stata pari al 55,6% se provenienti da D e del 61,3% se provenienti da OPA. Risulta CRE+ il 64,1% dei pazienti con 4 o più ingressi, con una PPCRE media di 187 ±187 gg ed %GP pari al 52,5%. Tra i pazienti che hanno avuto 1 solo ingresso è risultato positivo il 9% con PPCRE media pari a 69 ± 67 gg ed una %GP del 70%. Sono CRE+ all’ingresso il 25,9% dei pazienti che hanno necessitato di un percorso AIN, con una PPCRE media pari a 97 ± 90 gg, e l’8,8% di quelli che hanno iniziato un percorso riabilitativo BIN, con PPCRE media di 65 ± 59 gg. La %GP è stata rispettivamente pari al 59% per la AIN vs. 62,8% per la BIN. L’analisi di regressione che ha valutato l’effetto dell’età, del sesso, della provenienza da OPA, del numero di ingressi e della tipologia di percorso riabilitativo (AIN o BIN) sulla PPCRE stima che la necessità di un percorso AIN ed ogni ingresso oltre al primo implicano una PPCRE media aumentata di oltre 24 gg rispetto al paziente che necessita un percorso a BIN e con un solo ingresso. Conclusioni. Più del 10% dei pazienti inizia il percorso neuroriabilitativo CRE+ e trascorre in isolamento più del 60% del periodo di ricovero. Il periodo è ancora più lungo per i pazienti con un percorso di AIN, in generale più gravi e quindi, con maggiori necessità assistenziali e riabilitative. Questo, come evidenziato in letteratura, rende difficoltoso per i CRE+ avere efficaci percorsi di neuroriabilitazione. Inoltre il permanere della positività a CRE al termine del periodo riabilitativo, rende problematico trasferire il paziente presso RSA con minori capacità di gestione dell’isolamento. L’antimicrobial stewardship e lo screening dei pazienti sembrano essere le sole prospettive per gli ospedali per acuti per ridurre l’importante carico di CRE+ che trasferiscono alle strutture riabilitative e consentire a queste ultime di far svolgere un efficace progetto riabilitativo ai pazienti anche individuando specifiche location che consentano, grazie a innovative tecnologie antibatteriche, di ridurre il rischio di cross trasmissione di CRE tra i pazienti in trattamento.


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Infezioni correlate all’assistenza e antimicrobico-resistenza in pazienti con Covid-19 ricoverati in terapia intensiva

A. Salzo1, M. Tamburro2, C. Adesso3, M.A. Di Palma1, A. Natale4,
A. D’Amico
1, R. De Dona1, N. Samprati1, A. Santagata1,
V. Viccione
1, G. Ripabelli1,2

1Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Dipartimento di Prevenzione, Campobasso; 2Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “Vincenzo Tiberio”, Campobasso; 3ASL Pescara, Dipartimento di Prevenzione, Pescara; 4ASL Benevento, Distretto Sanitario Alto Sannio Fortore, Benevento

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) e la resistenza agli antimicrobici (AMR) sono una seria problematica nelle unità di terapia intensiva (UTI), dove i pazienti sono a rischio a causa della loro vulnerabilità e delle procedure invasive. L’AMR aumenta il rischio di complicanze e mortalità. In tale contesto, la pandemia da SARS-CoV-2 ha ulteriormente modificato i profili di rischio dei pazienti in UTI e i modelli di utilizzo degli antimicrobici. Questo studio retrospettivo ha esplorato le dinamiche nel periodo pandemico 2020-2022 delle ICA, dei microrganismi isolati e dei profili di resistenza in pazienti ricoverati nell’UTI dell’ospedale Hub della Regione Molise. Metodi. Sono stati esaminati i dati demografici dei pazienti Covid-19 ricoverati in UTI tra gennaio 2020 e dicembre 2022, la tipologia di ICA (infezioni del sito chirurgico - SSI, infezioni del catetere vascolare - CVI, polmoniti associate a ventilazione meccanica - VPI, infezioni urinarie - IVU) e la suscettibilità agli antibiotici classificati secondo il sistema Anatomical Therapeutic Chemical (ATC). Sono state valutate le variazioni per anno con test del χ² e analisi di trend. Risultati. I pazienti in UTI nel periodo di riferimento sono stati 271 (età media di 64±12 anni), dei quali 168 (62%) maschi. Quelli con Covid-19 sono stati 35/101 (35%) nel 2020, 29/132 (22%) nel 2021 e 4/38 (10%) nel 2022. Sono state registrate in totale 172 ICA: 69 (40%) VPI, 52 (30%) CVI, 38 (22%) IVU, 14 (8%) SSI. Nel 2020 si sono avute 58 ICA (VPI 39,7%; CVI 29,3%; IVU 20,7%; SSI 10,3%); nel 2021, 68 ICA (VPI 39,7%; CVI 29,4%; IVU 22,1%; SSI 8,8%) e nel 2022, 46 ICA (VPI 39,1%; CVI 32,6%; IVU 23,9%; SSI 4,3%). La distribuzione per tipologia di ICA non ha mostrato variazioni significative tra gli anni. La resistenza alle tetracicline si è attestata al 60% nel 2020, 28,8% nel 2021 e 42,3% nel 2022 (p<0,05). Variazioni significative sono emerse anche per la resistenza a fluorochinoloni (ciprofloxacina) risultando pari al 48%, 36,8% e 39,4%, rispettivamente nel 2020, 2021 e 2022 e cefalosporine di III generazione (ceftazidime), passando dal 55% al 41,6% e 35,2%. La resistenza a carbapenemi (imipenem+meropenem), invece, non ha mostrato variazioni significative, risultando pari al 12%, 9,6% e 11,3%, nel 2020, 2021 e 2022. Non sono state riscontrate associazioni significative tra i profili di resistenza di ciascuna classe antibiotica e le ICA totali e specifiche per sito d’infezione. Tra i pazienti con Covid-19, si sono avute 7/35 (20%) ICA, 4/29 (14%) e 1/4 (25%), rispettivamente nel 2020, 2021 e 2022; i microrganismi più frequenti sono stati Candida spp. (n=8), Pseudomonas aeruginosa (n=5) e Klebsiella pneumoniae (n=4). Conclusioni. L’analisi ha evidenziato fluttuazioni significative nelle resistenze a tetracicline, fluorochinoloni e cefalosporine di III generazione, suggerendo pressioni selettive da schemi terapeutici modificati durante le diverse ondate pandemiche. Simili variazioni nell’AMR sono state riscontrate a livello nazionale e internazionale e correlate all’aumento di utilizzo di antibiotici in pazienti critici, particolarmente se anziani. L’assenza di variazioni significative nei carbapenemi potrebbe suggerire l’efficacia delle misure di stewardship dedicate. La presenza di co-infezioni conferma il rischio aggiuntivo nei pazienti anziani con Covid-19, coerentemente con altri studi pubblicati. L’elevata presenza di ICA nei pazienti anziani con SARS-CoV-2 e l’andamento delle resistenze a diverse classi di antibiotici confermano la necessità di avere adeguati programmi di sorveglianza microbiologica e di antimicrobial stewardship resilienti rispetto a minacce pandemiche future. È necessario implementare percorsi di de-escalation rapida e strategie preventive mirate a fasce di popolazione più vulnerabili, per contenere l’evoluzione dell’AMR e migliorare gli esiti clinici.


P16.

Analisi delle non conformità nella gestione dell’isolamento dei pazienti colonizzati/infetti da microrganismi multiresistenti: uno studio retrospettivo

S. Soddu1, G.M. Deriu1, A. Arghittu2, S. Roggio1, A. Palmieri2,
S. Manai
1, P. Castiglia1

1Direzione medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia e Infezioni ospedaliere Azienda Ospedaliero Universitaria di Sassari; 2Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia, Università degli Studi di Sassari

Introduzione. La diffusione di microrganismi multiresistenti (MDRO) costituisce una minaccia crescente per la sicurezza dei pazienti ospedalizzati, richiedendo l’adozione di misure di isolamento rigorose per limitare la trasmissione nosocomiale. La complessità delle dinamiche assistenziali e le difficoltà organizzative spesso generano non conformità nell’applicazione delle procedure di isolamento, compromettendo l’efficacia degli interventi di prevenzione. Il presente studio si è focalizzato sull’analisi retrospettiva delle non conformità nelle pratiche di isolamento di pazienti colonizzati/infetti da MDRO, con l’obiettivo di individuare le criticità operative e definire strategie mirate per il miglioramento di qualità e sicurezza assistenziale. Metodi. Una analisi retrospettiva è stata condotta esaminando le non conformità registrate su 667 schede di verifica raccolte tra il 2021 e il 2024 presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari tramite audit sistematici effettuati dal Gruppo Operativo (GO) per la gestione del rischio infettivo. L’attività di sorveglianza ha seguito due differenti modelli organizzativi. Nel periodo 2021–2023, gli audit venivano attivati per ogni segnalazione di positività per MDRO, con sopralluoghi diretti. Dal 2024, data una nuova disposizione interna, è stato introdotto un modello a responsabilità diffusa: l’unità operativa di degenza, alla segnalazione di positività, era tenuta a comunicare l’avvenuta attivazione delle misure di isolamento e l’intervento da parte del GO avveniva solo in assenza di tale comunicazione. Le non conformità sono state analizzate sulle base di indicatori predefiniti: mancata applicazione delle procedure di isolamento, mancato/inadeguato uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), di quelli diagnostico terapeutici dedicati al paziente, presenza di contenitori dedicati a rifiuti/biancheria e relativa segnaletica, corretta registrazione in cartella clinica dell’isolamento. Risultati. In 98 schede sono state osservate una o più non conformità. In particolare, la mancata applicazione delle procedure di isolamento è stata riscontrata nel 18,4% dei casi. L’uso scorretto dei DPI è stato documentato nel 34,7% delle schede (44,1% inadeguato, 55,9% assente). L’assenza di dispositivi dedicati al paziente è stata osservata nel 26,5% dei casi, non conformità relative a disponibilità di contenitori dedicati a rifiuti/biancheria si sono osservate nel 21,4% dei controlli. Anomalie nella corretta registrazione dell’isolamento in cartella sono state osservate nel 44,9% delle schede e irregolarità nella cartellonistica (e.g. assenza/indicazioni non corrette) rappresentano il 33,7% delle osservazioni. Peraltro, i reparti caratterizzati da elevata intensità assistenziale/turnover di pazienti hanno mostrato maggiore frequenza di non conformità, sottolineando il bisogno di interventi mirati. Conclusioni. Le schede di verifica si confermano strumenti essenziali di governance clinica per il monitoraggio delle pratiche di isolamento. Le non conformità identificate riflettono un complesso intreccio di fattori, quali lacune formative, vincoli logistici (es. carenza di stanze singole) e insufficiente consapevolezza da parte degli operatori nell’applicazione delle procedure aziendali. La necessità di interventi formativi strutturati, con audit periodici e collaborazioni multidisciplinari emerge quale elemento chiave per elevare gli standard assistenziali anche in un’ottica di sicurezza delle cure.



Prevenzione e controllo delle ICA


P17.

Gestione di cluster di Serratia marcescens nelle terapie intensive neonatali: l’esperienza del Presidio ospedaliero Sant’Anna di Torino

G. Barbera1, M. Franco2, M. Ceccarelli2, A. Muça3, A. Curtoni4,
A. Coscia
5, F. Cresi5, C. Carbonara5, M.F. Campagnoli5,
E. Migliore
2, U. Fiandra2

1Università di Torino, Dipartimento delle Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche, Torino; 2Presidio ospedaliero S. Anna, AOU Città della Salute e della Scienza, S.C. Direzione Sanitaria, Torino; 3Ospedale Infantile Regina Margherita, SC Direzione Sanitaria, Torino; 4AOU Città della Salute e della Scienza, SC Microbiologia e Virologia U, Torino; 5AOU Città della Salute e della Scienza, SC Neonatologia U, Torino

Introduzione. La Serratia marcescens, appartenente alla famiglia delle Enterobacteriaceae, è un microrganismo opportunista frequentemente implicato in outbreak nosocomiali, in particolare tra la popolazione delle Terapie Intensive Neonatali (TIN). All’inizio dell’anno 2025, presso l’ospedale Sant’Anna di Torino, struttura dotata di due TIN, sono stati identificati cluster di S. marcescens. Non era in atto, al momento dell’esordio, un programma di sorveglianza specifica per questo patogeno. Metodi. Il primo cluster è stato individuato in seguito a tamponi ed emocolture eseguite per sintomatologia clinica e comprendeva neonati estremamente prematuri di una TIN, tra cui una coppia e una tripletta di gemelli. In breve tempo, ulteriori positività sono emerse anche nella seconda TIN. La presenza di trasferimenti di pazienti tra le due TIN e con la Rianimazione dell’ospedale pediatrico attiguo ha reso necessario un intervento coordinato. La gestione è stata affidata a un gruppo multidisciplinare costituito dalla Direzione Sanitaria, dal personale delle due TIN, dalle Infermiere Specialiste del Rischio Infettivo (ISRI), dal Laboratorio di Microbiologia, dalla Direzione sanitaria e Pediatria specialistica dell’ospedale pediatrico. È stato implementato un protocollo di sorveglianza con esecuzione di tamponi faringei a cadenza settimanale per i pazienti negativi, all’ingresso nelle TIN (entro 48-72 ore), in occasione di trasferimenti da e per altri presidi. Il laboratorio ha fornito report aggiornati delle positività, dei ceppi e dei relativi antibiogrammi. I pazienti positivi, sintomatici o colonizzati, sono stati posti in isolamento da contatto in stanza singola o in cohorting. Risultati. Dopo l’azzeramento dei casi, a distanza di 4 mesi, un ulteriore screening a due settimane ha confermato la conclusione dei cluster. Sono stati effettuati campionamenti ambientali nelle TIN, nella Banca del Latte, in cui sia il latte materno donato sia quello artificiale sono pastorizzati, e sale operatorie per tagli cesarei; alcuni campioni hanno evidenziato la presenza di Staphylococcus spp. Le ISRI hanno condotto audit sull’igiene delle mani con interventi formativi rivolti a tutto il personale sanitario delle TIN e a tutti gli specialisti che visitano in consulenza in reparto. Nonostante le criticità, l’accesso dei genitori non è mai stato sospeso, mantenendo le necessarie precauzioni standard e da contatto nei casi positivi. Lo screening ha inoltre evidenziato ulteriori colonizzazioni asintomatiche da Klebsiella oxytoca, Klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice e S. liquefaciens, gestite con le precauzioni standard. Conclusioni. L’esperienza ha portato alla creazione di un gruppo di lavoro dedicato alla sorveglianza microbiologica nelle TIN, con l’obiettivo di rafforzare il controllo delle infezioni e mantenere alta l’attenzione da parte di tutti gli operatori.


P18.

Esempio di bundle per la prevenzione e il controllo delle infezioni del sito chirurgico in cardiochirurgia

C. Bolla1, E. Marino1, F. Zottarelli2, S. Penpa3, P. Toselli1,
B. Montanari
1, M. Ricci1, E. Ameglio1, C. Pasqualini2, A. Maconi3

1AOU AL, SS Prevenzione e Controllo Infezioni Ospedaliere e Antimicrobial Stewardship, Alessandria; 2ASL AL, Servizio di riferimento regionale di Epidemiologia per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle malattie infettive (SEREMI), Alessandria; 3AOU AL, Dipartimento Attività Integrate Ricerca e Innovazione (DAIRI), Alessandria

Introduzione. Le infezioni del sito chirurgico (SSI) possono essere superficiali o coinvolgere tessuti sottocutanei e organi profondi. Il tasso di incidenza di SSI nella chirurgia di bypass coronarico (CABG) varia tra lo 0,3% e l’8%. Il bundle multimodale è uno strumento fondamentale per la prevenzione delle SSI e la sorveglianza degli interventi chirurgici permette di rilevare eventuali criticità e avviare interventi correttivi in modo tempestivo. Presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria (AOU AL) il servizio di Infection Control attua annualmente la sorveglianza SSI per almeno tre reparti chirurgici analizzando un campione di interventi mai inferiore a 50 come da indicazioni della Regione Piemonte. Nel 2022, l’analisi di 60 interventi di CABG ha rilevato un tasso di SSI pari al 13,3% che ha determinato l’avvio di una verifica dei comportamenti attraverso l’applicazione di un bundle multimodale. Il presente lavoro descrive sia l’applicazione del bundle che i risultati ottenuti. Metodi. È stata condotta un’analisi univariata delle variabili associate SSI. Le differenze nelle frequenze assolute tra i pazienti con e senza SSI e tra ciascun gruppo sono state analizzate utilizzando un test esatto di Fisher a due code; le differenze nei valori mediani sono state analizzate utilizzando un test U di Mann-Whitney. Dai risultati ottenuti sono emersi alcuni fattori di rischio, tra cui il sesso femminile (p=0,004), il Charlson Comorbidity Index maggiore (CCI) > 5 (p=0,007) e la presenza di malattia vascolare periferica (p=0,043). I risultati sono stati condivisi in una seduta di audit coi clinici con l’analisi preliminare di eventuali comportamenti a rischio. Tra i fattori emersi, la gestione della ferita chirurgica nel post-
operatorio è risultata potenzialmente associata a infezione precoce. Tra il 2023 e il 2024 si è proceduto al monitoraggio di ogni singola fase del processo peri-operatorio dei pazienti sottoposti ad interventi di CABG a partire dalla tricotomia, alla corretta profilassi perioperatoria, all’uso di antisettici per la preparazione del sito chirurgico, al monitoraggio di temperatura e glicemia intraoperatorie, alla corretta gestione della ferita chirurgica nel post-operatorio.
Risultati. Sono stati sorvegliati complessivamente 120 interventi di CABG. Nel 2023 il tasso di SSI si è ridotto al 3,3%. Rispetto al 2022, si è registrato un aumento della proporzione di pazienti di sesso femminile (28% vs 18%), età ≥ 75 anni (36% vs 22%), degli interventi elettivi (61% vs 40%), di CCI tra 4 e 8 e di interventi con durata > 240 minuti. La categoria con il tasso più elevato di infezione si è osservato nei Bypass con sola incisione toracica (27,7%) nei pazienti di sesso femminile. Nel 2024 sono stati sorvegliati 59 interventi durante i quali non si sono registrate SSI. Tra i vari aspetti sorvegliati, la percentuale di appropriatezza del redosing dell’antibiotico profilassi per interventi con durata > 4 ore (oltre alla scelta corretta della molecola antibiotica e timing di somministrazione) è migliorata dal 73,3% nel 2022 all’88,1% nel 2024. Il tasso complessivo di SSI nel triennio 2022-2024 è stato del 5,59%. Conclusioni. L’esperienza maturata presso il reparto di Cardiochirurgia dell’AOU di Alessandria conferma che la sorveglianza attiva delle SSI, associata all’implementazione di un bundle multimodale, può determinare una riduzione delle infezioni post-chirurgiche. Elemento centrale del successo dell’intervento è stato il coinvolgimento diretto dei professionisti sanitari tramite audit periodici, che hanno favorito una maggiore consapevolezza e condivisione dei risultati. La maggior attenzione al redosing antibiotico e alla gestione della ferita chirurgica nell’immediato post-operatorio ha contribuito in modo determinante al risultato.


P19.

Sorveglianza di “alert organism” in un ospedale del centro Italia: risultati anno 2024

R. De Dona1, A. D’Amico1, P. D’Anchera1, A. Lombardi2, M.T. Pilla1,
S. Manocchio
1, G. Massimo1, A. Ricci1, A. Salzo1, N. Samprati1,
G. Sansone
1, A. Santagata1, G. Santoro2, V. Viccione1,
M. Tamburro
1,2, G. Ripabelli1,2

 1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso, Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 2 Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso

Introduzione. I microrganismi “Alert” rivestono un ruolo di primaria importanza dal punto di vista clinico ed epidemiologico, presentando resistenze multiple agli antibiotici (MDR) e rapida capacità di diffusione. La sorveglianza attiva è fondamentale per identificare tempestivamente tali patogeni, comprenderne le fonti e i meccanismi di trasmissione, e se associata a misure di controllo efficaci, può contribuire significativamente a prevenire la diffusione e la riduzione del rischio di out break. Nel presente studio è stata condotta un’analisi retrospettiva degli isolamenti segnalati nel corso del 2024, in un ospedale hub del centro Italia, con l’obiettivo di descrivere l’andamento epidemiologico dei principali patogeni MDR e di individuare i reparti ospedalieri maggiormente interessati, contribuendo così al rafforzamento delle strategie di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) all’interno del nosocomio. Metodi. Sono stati analizzati i dati relativi agli isolamenti di 14 specie di microrganismi sentinella, pervenuti nel periodo 01/01/2024 - 31/12/2024, notificati tramite sistema aziendale automatizzato di segnalazioni “Alert Organism”. Risultati. Nel periodo in esame sono stati notificati un totale di 346 isolamenti, provenienti da 16 differenti Unità Operative. La frequenza di segnalazione dei microrganismi “alert” è stata: 19,4% (n=67) Escherichia coli Extended-Spectrum Beta-Lactamase (ESBL), 17,6% (n=61) Pseudomonas aeruginosa MDR, 13,6% (n=48) Staphylococcus aureus meticillino resistente, 11,6% (n=40) Acinetobacter baumannii MDR, 11,3% (n=39) Klebsiella spp. resistente ai carbapenemi, 8,4% (n=29) Klebsiella spp. ESBL, 6,6% (n=23) Enterococchi resistenti a glicopeptidi, 5,8% (n=20) Proteus spp. ESBL, 2,0% (n=7) Stenotrophomonas maltophilia, 1,4% (n=5) Escherichia coli resistente ai carbapenemi, 0,9% (n=3) Clostridioides difficile produttore di tossine, 0,6% (n=2) Enterobacter spp. ESBL, 0,3% (n=1) Streptococcus pneumoniae ESBL, 0,3% (n=1) Burkholderia cepacia. Le segnalazioni hanno interessato un totale di 270 pazienti con età media di 67,9 anni (range 0-99; mediana 73; DS+21,5), dei quali 53 (19,6%), hanno presentato più di un isolamento, con una media di 2,4 isolamenti/pz (range 2-6; moda 2, mediana 2). Le segnalazioni sono pervenute per il 22,3% (n=77) dal reparto di rianimazione, per il 14,7% (n=51) dal reparto di medicina, per il 13% (n=45) dal reparto di nefrologia/dialisi, per il 9,8% (n=34) dal reparto di malattie infettive, per il 6,9% (n=24) dal reparto di urologia, per il 6,4% (n=22) dal pronto soccorso, per il 26,9% (n=93) da altri reparti. Conclusioni. Confrontando i tassi di segnalazione, con analisi puramente descrittiva, tra l’anno 2022-2023 è stato possibile riscontrare un incremento dell’8% (376 vs 406), seguito da un decremento del 14,7% nel corso del 2023-2024 (406 vs 346). È opportuno segnalare che il PO oggetto del presente studio, nel 2024, ha perso di complessità ed accessi. Si è registrato, infatti, una riduzione del numero di ricoveri (ordinari e di DH/DS) del 2,25% (passando da 10293 nel 2023 a 10061 nel 2024). Pertanto, è stata effettuata un’analisi di comparazione tra i due anni, usando degli indicatori che tenessero conto del numero di segnalazione ogni 100 ricoveri e ogni 1000 giornate di degenza, dalla quale è risultato un trend in lieve diminuzione. Il sistema di sorveglianza ha evidenziato, come atteso, un elevato numero di isolamenti dai reparti a maggior numero di accessi, come la medicina e a più elevata fragilità e complessità di cura, come la rianimazione, che nonostante abbia perso in termini di ricoveri e giornate di degenza, continua a presentare i tassi di segnalazioni più alti. Alla luce di questi risultati, rimane la necessità di implementare strategie finalizzate ad uso appropriato degli antibiotici per mitigare la comparsa di pericolose resistenze e migliorare la formazione/addestramento del personale sanitario al fine di ridurre la possibile diffusione delle ICA.


P20.

Nuovi metodi data-driven per valutare la formazione sanitaria sulle ICA (infezioni correlate all’assistenza): un approccio integrato tra percezioni e indicatori compositi

V. Di Palma1, A. Lisciotto2, D. Cusano1, A. Simonetti1, C. Cusano2,
C. Leonetti
2, F. D’Agostino2, A. Annecchiarico3

1UOC Epidemiologia, Qualità, Performance e Flussi Informativi, AORN Sant’Anna e San Sebastiano-Caserta; 2UOC Organizzazione dei Servizi Ospedalieri e Igiene Sanitaria, AORN Sant’Anna e San Sebastiano - Caserta; 3AORN Sant’Anna e San Sebastiano - Caserta

Introduzione. La formazione continua sulla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresenta una delle principali leve strategiche per migliorare la qualità e la sicurezza delle cure nei contesti sanitari. Nonostante l’importanza attribuita a questi percorsi formativi, la valutazione della loro efficacia si concentra spesso su metriche di partecipazione o su semplici rilevazioni ex post, trascurando l’analisi dei reali cambiamenti nella consapevolezza e nelle pratiche professionali. Metodi. Questo contributo propone un modello di valutazione innovativo e data-driven che integra survey sulle percezioni degli operatori sanitari con indicatori compositi e l’applicazione di metodologie di inferenza causale. Attraverso l’uso combinato del PLS Path Modeling e del disegno Difference-in-Differences (DiD), il modello consente di esplorare le relazioni tra percezioni soggettive, qualità della formazione ricevuta e ricadute potenziali sulla gestione del rischio infettivo. Risultati. Sebbene l’indagine sia attualmente in fase di svolgimento presso l’AORN di Caserta, i dati preliminari suggeriscono la fattibilità e la rilevanza dell’integrazione tra percezioni soggettive degli operatori sanitari e indicatori quantitativi. L’approccio adottato sta dimostrando potenziale nel fornire insight utili per una programmazione formativa più mirata e basata su evidenze. Le prime evidenze indicano che il modello può contribuire a identificare correlazioni significative tra la qualità percepita della formazione, i cambiamenti attesi nei comportamenti professionali e gli esiti organizzativi legati alla gestione del rischio infettivo. Conclusioni. L’intervento intende presentare le potenzialità di questo approccio integrato per rafforzare la valutazione dei percorsi formativi in sanità, evidenziando come la combinazione tra dati soggettivi e oggettivi possa superare i limiti degli approcci valutativi tradizionali. Particolare attenzione è posta ai contesti ad alta complessità clinica, come la prevenzione delle ICA, dove l’efficacia della formazione ha un impatto diretto sulla sicurezza del paziente. Nonostante l’indagine sia ancora in fase di sviluppo, il modello proposto mostra già interessanti prospettive per potenziare la valutazione dei percorsi formativi in ambito sanitario. L’integrazione strutturata tra dati percettivi e misure oggettive rappresenta un’opportunità concreta per superare le criticità dei tradizionali approcci valutativi, specialmente nei contesti ad alto rischio clinico come la prevenzione delle ICA. La strategia si configura come uno strumento adattabile e replicabile, con potenziale per contribuire alla definizione di standard valutativi condivisi, sostenendo una cultura della formazione basata su evidenze e orientata al miglioramento continuo della qualità delle cure.


P21.

Gestione di un cluster di Acinetobacter baumannii multiresistente in un’area di degenza ad alta complessità assistenziale: approcci multimodali

F. Gasparini1, E. Miotto2, M.V. Francescon3, S. Cecchin2,
M. Carlini
2, M. Villani2, P. Anello2

1Azienda ULSS n. 2 Marca trevigiana, Servizio Aziendale per la Prevenzione del Rischio Infettivo, Treviso; 2Azienda ULSS n. 2 Marca trevigiana, UOC direzione medica ospedaliera - Montebelluna, Treviso; 3Azienda ULSS n. 2 Marca trevigiana, UOS Laboratorio analisi - Treviso Montebelluna, Treviso

Introduzione. Acinetobacter baumannii è un batterio Gram-negativo non fermentante noto per la sua persistenza ambientale e capacità di causare infezioni correlate all’assistenza, soprattutto in pazienti critici e immunocompromessi, causando cluster epidemici tipicamente in setting come le Terapie Intensive. Nel 2025 si è verificato un outbreak da A. baumannii multiresistente in un’area di degenza mista, composta da una sezione di angiologia e chirurgia vascolare e una di chirurgia generale e maxillofacciale. La tipologia di degenti include, oltre a pazienti chirurgici programmati, pazienti portatori di patologie vascolari ed ulcere cutanee con possibili complicazioni ed ospedalizzazioni prolungate. Obiettivo del presente lavoro è di descrivere la diffusione del microorganismo, le misure attuate per la gestione del cluster epidemico e valutare l’efficacia delle misure di contenimento adottate. Metodi. Il Gruppo Operativo del Comitato per le Infezioni Correlate all’Assistenza (GO-CICA) ha effettuato l’indagine epidemiologica identificando come giorno 0 la data in cui è stato riscontrato il primo campione microbiologico positivo per A. baumannii. I casi sono stati definiti come pazienti positivi su qualsiasi campione microbiologico. La definizione iniziale di contatto, basata sulla condivisione della stanza di degenza con un caso, è stata successivamente estesa a tutti i ricoverati nell’area di degenza per tenere conto di possibili vie di trasmissione indiretta.

Il GO-CICA ha definito le misure di contenimento: sanificazioni ambientali, incontri formativi sulle buone pratiche di infection prevention and control (IPC) con particolare attenzione all’igiene delle mani. Inoltre ha disposto la sorveglianza dei contatti ricoverati, che è stata effettuata mediante esame colturale da tampone eseguito in sede ascellare e inguinale bilateralmente, e mucosa rettale, e ripetuta a cadenza di 2-4 giorni fino a una settimana dalla dimissione dell’ultimo caso. Il GO-CICA si è riunito periodicamente per adattare gli interventi alla luce dell’evoluzione del cluster. Risultati. Nei primi tre giorni sono stati identificati i quattro casi iniziali (uno da emocolture, uno da escreato e due da tamponi rettali), tutti con profilo di resistenza sovrapponibile, con sensibilità esclusiva alla colistina. Tutti i pazienti erano allettati in angiologia, con esito negativo al tampone rettale di ingresso. Due casi erano stati operati lo stesso giorno nella medesima sala operatoria; uno di questi effettuava dialisi trisettimanale. Solo per un caso è stato possibile risalire al link epidemiologico, in quanto compagno di stanza di un caso identificato. La difficoltà nel ricostruire la catena di trasmissione del microorganismo ha portato a considerare l’ipotesi di una diffusione legata a dispositivi medici pluriuso, pratiche assistenziali e di un eventuale serbatoio ambientale. Sono stati rafforzati i protocolli di sanificazione, oltre che nell’area di degenza, anche in tutti gli ambienti in cui i casi sono transitati nel corso del ricovero, identificati nella sala operatoria, nel servizio di dialisi e negli ambulatori specialistici di angiologia e chirurgia vascolare. Il secondo ciclo di sorveglianza ha rilevato, su un totale di 24 ricoverati, altri due casi; entrambi avevano soggiornato in stanze di degenza precedentemente occupate da casi. Sono stati condotti tre incontri formativi con il personale sanitario riguardo le buone pratiche di igiene delle mani e misure di IPC. I successivi tre cicli di sorveglianza non hanno rilevato ulteriori casi. Conclusioni. Sulla base della nostra esperienza, un intervento multimodale (sorveglianza microbiologica ravvicinata, adesione alle buone pratiche di assistenza e sanificazione ambientale) avviato precocemente si è dimostrato efficace nel controllo della diffusione di A. baumannii. La tempestiva attivazione del GO-CICA e l’estensione degli interventi a tutte le aree potenzialmente coinvolte si sono rivelate strategie vincenti per il contenimento del cluster epidemico.


P22.

Studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practice per l’implementazione del bundle sulle infezioni da Clostridioides difficile (ICD): progetto di miglioramento per la prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

I. Gatta1, K. Celentano2, S. Chiari3, C. Di Virgilio4, L. Corda5,
I. Rossi
6, G. Sala7, D. Turin6, L. Covolo8, D. Tomasoni1

1Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 2Riabilitazione cardiologica, Presidio Ospedaliero di Gardone VT, ASST Spedali Civili di Brescia; 3Medicina 2, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia; 4Medicina Endocrino Metabolica, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 5Medicina 2, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 6Medicina, Presidio Ospedaliero di Montichiari, ASST Spedali Civili di Brescia; 7Malattie Infettive, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 8Dipartimento di Specialità Mediche e Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Sudi di Brescia

Introduzione. Tra le azioni strategiche indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per prevenire e contrastare le ICA è contemplata l’applicazione dei bundle, un insieme di pratiche evidenced-based che se applicate insieme correttamente garantiscono un miglioramento della qualità e dell’esito dei processi di infection and prevention control (IPC). Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento (GDM), costituti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle inerente le principali tematiche di IPC sulle ICA, delineate dall’Istituto Superiore di Sanità, tra cui quello sulle ICD. Prima dell’introduzione del bundle, è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio, mediante una check-list di monitoraggio, il contesto e la valutazione dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno del 2024 in 8 reparti dell’ASST Spedali Civili di Brescia è stata utilizzata una check-list specifica riguardante il bundle per la prevenzione delle ICD; per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI” o “NA” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item al fine di capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Sono stata raccolte 12 check-list di cui 5 presso il Presidio Ospedaliero (PO) di Brescia, 1 presso il PO di Gardone VT e 6 al PO dei Bambini; di seguito, per ciascuna azione, si riportano le C rilevate sul n. totale degli item valutabili: 1. I campioni di feci liquide per il test diagnostico sono stati inviati al laboratorio tempestivamente. C: 92% (n. 12); 2. Sono state applicate le precauzioni da contatto nei casi confermati o sospetti fino a conferma del laboratorio. C: 83% (n. 12); 3. Sono state ottimizzate le attività assistenziali in momenti definiti della giornata. C: 86% (n. 7); 4. È stato effettuato il lavaggio delle mani esclusivamente con acqua e sapone o detergente antisettico dopo contatto. C: 100% (n. 11); 5. È stata fatta una verifica della terapia antibiotica in corso. C: 82% (n.11); 7. Sono stati informati paziente e caregiver sulle corrette pratiche durante la degenza. C: 100% (n.12). Conclusioni. Nel complesso non emergono criticità significative sull’aderenza agli item considerati. Tuttavia è emersa la difficoltà nel tracciare il terzo item relativo all’ottimizzazione dell’attività assistenziale, in quanto in 5 schede il dato non è stato compilato. Sulla base dei dati ottenuti emerge quindi la necessità di escludere il terzo item nella stesura del bundle definitivo. Si sottolinea che l’igiene delle mani con acqua e sapone o antisettico trova un riscontro totale che è indicativo della conoscenza dei meccanismi d’azione del patogeno, così come l’importanza della corretta informazione da trasmettere al paziente e caregiver.


P23.

Studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practice per l’implementazione del bundle sulle polmoniti da ventilazione assistita (VAP): progetto di miglioramento per la prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

A. Lorandi1, L. Chiarenza2, M. Gaspari3, S. Piva2, N. De Souza Ramos4, F. Testasecca1, B. Vasile3, M. Rota5, I. Gatta6, G. Piccioni6

1Anestesia e Rianimazione Polifunzionale, Presidio Ospedaliero di Brescia; 2Anestesia e Rianimazione ad Indirizzo Neurorianimatorio, Presidio Ospedaliero di Brescia; 3Anestesia e Rianimazione Pediatrica, Presidio Ospedaliero dei Bambini; 4Rianimazione Cardiochirurgica, Presidio Ospedaliero di Brescia; 5Direzione Aziendale Professioni Sanitarie e Sociosanitarie, Presidio Ospedaliero di Brescia; 6Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Tra le azioni strategiche indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per prevenire e contrastare le ICA è contemplata l’applicazione dei bundle, un insieme di pratiche evidenced-based che, se applicate insieme correttamente, garantiscono un miglioramento della qualità e dell’esito dei processi di infection and prevention control (IPC). Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento (GDM) costituti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle inerente le tematiche di IPC delineate dall’Istituto di Superiore di Sanità, tra cui quello sulle VAP. Prima dell’introduzione del bundle, è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio, mediante una check-list di monitoraggio, il contesto e la valutazione dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno del 2024 in 3 reparti di Terapia Intensiva (TI) del Presidio Ospedaliero (PO) di Brescia e 2 del PO dei Bambini tra cui la TI neonatale (TIN), è stata utilizzata una check-list riguardante il bundle per l’IPC sulle VAP; per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI” o “NA” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item al fine di capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Sono stata raccolte 13 check-list di cui 8 del PO di Brescia e 5 del PO dei Bambini (2 in TIN e 3 in TI pediatrica); di seguito, per ciascuna azione, si riportano le C rilevate sul n. totale degli item valutabili: 1. È stata valutata la possibilità di non intubare e/o reintubare il paziente. C: 85% (n. 13); 2. È stata valutata la possibilità di minimizzare e/o interrompere la sedazione. C: 92% (n. 13); 3. Il paziente aveva la testiera del letto sollevata di almeno 30°. C: 92% (n. 13); 4. È stata effettuata l’igiene orale senza l’uso di clorexidina. C: 38% (n. 13); 5. È stato sostituito il circuito di ventilazione. C: 100% (n. 13); 6. È stata considerata la possibilità di posizionare il sondino post-pilorico nei pazienti con alto rischio di aspirazione. C: 46% (n. 13); 7. È stata considerata la possibilità di tracheotomia precoce. C: 69% (n. 13). Conclusioni. Tra le criticità maggiori emerge il ruolo della clorexidina per l’igiene del cavo orale; ad oggi l’evidenza scientifica non ne supporta l’utilizzo routinario a causa di: dati di sicurezza insufficienti, mancanza di riconosciuta efficacia e timori dovuti ad un incremento dei tassi di mortalità. Sulla base dei dati ottenuti emerge infatti la necessità di approfondire le ricerche per indagare i potenziali rischi e benefici della clorexidina, inclusi il dosaggio, la frequenza e le modalità di applicazione ed eventualmente proporre un’alternativa nella stesura del bundle definitivo. Altra criticità è la ridotta considerazione nel valutare la possibilità di posizionare un sondino post-pilorico che può contribuire a ridurre il rischio di VAP, prevenendo il reflusso gastrico e le aspirazioni associate. L’avvio quindi di un sistema di monitoraggio pre-implementazione sul bundle per l’IPC delle VAP ha permesso di individuare le criticità sulle quali poter agire preventivamente con azioni di sensibilizzazione e di informazione al fine di ottimizzare l’introduzione del bundle nelle TI dell’ASST.


P24.

Studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practice per l’implementazione del bundle sulla sepsi nel paziente adulto e bambino: progetto di miglioramento per la prevenzione e il controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

B. Fumarola1, M. Salvetti2, M. Saottini3, L. Tarozzi2, C. Ciocchi4,
S. Dotti
5, I. Silotto6, A. Ferrari7, M.G. Festa8, I. Gatta9, D. Tomasoni9

1Malattie Infettive, Presidio Ospedaliero di Brescia; 2Medicina d’Urgenza, Presidio Ospedaliero di Brescia; 3Medicina, Presidio Ospedaliero di Montichiari; 4Nefrologia del Trapianto, Presidio Ospedaliero di Brescia; 5Onco-ematologia pediatrica, Presidio Ospedaliero dei Bambini; 6Anestesia e Rianimazione ad Indirizzo Neurorianimatorio, Presidio Ospedaliero di Brescia; 7Direzione Aziendale Professioni Sanitarie e Sociosanitarie, Presidio Ospedaliero di Montichiari; 8Direzione Medica, Presidio Ospedaliero dei Bambini; 9Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Tra le azioni strategiche indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per prevenire e contrastare le ICA è contemplata l’applicazione dei bundle, un insieme di pratiche evidenced-based che, se applicate insieme correttamente, garantiscono un miglioramento della qualità e dell’esito dei processi di infection and prevention control (IPC). Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento (GDM) costituti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle sulle tematiche di IPC delineate dall’Istituto Superiore di Sanità, tra cui quello sulla sepsi nell’adulto e bambino. Prima dell’introduzione del bundle è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio, mediante una check-list di monitoraggio, il contesto e la valutazione dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno del 2024 in 6 reparti dell’ASST Spedali Civili di Brescia è stata utilizzata una check-list riguardante il bundle per la prevenzione e controllo della Sepsi nell’adulto e bambino. Per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI’” o “NA” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item al fine di capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Pz adulto: 1. Sono stati eseguiti anamnesi ed esame obiettivo utilizzando il sistema di allerta National Early Warning Score 2 (NEWS 2). C: 50% (n. 10); 2. È stata valutata la necessità di O2 e/o assistenza ventilatoria. C: 80% (n. 10); 3. È stata somministrata terapia antibiotica empirica ad ampio spettro. C: 100% (n. 10); 4. È stata avviata la rianimazione volemica. C: 100% (n. 10); 5. Sono stati misurati i lattati ed eseguiti esami ematochimici. C: 100% (n. 10); 6. È stata monitorata la diuresi. C: 100% (n. 10). Pz pediatrico: per i 6 item (nell’item 1 è stato utilizzato il P-ALARM) è stata raggiunta la C del 100% in tutte le 4 check-list compilate. Conclusioni. Rispetto alla rilevazione nel pz pediatrico, nell’adulto sono emerse criticità come la mancanza dell’utilizzo di uno strumento efficace quale il NEWS2 per l’identificazione precoce dell’evoluzione del quadro clinico. La ridotta C è stata rilevata soprattutto nei reparti di Medicina, dove l’utilizzo del NEWS2 risulterebbe efficace per la diagnosi precoce di sepsi, particolarmente difficile nei pz anziani e con numerose comorbilità. L’avvio di un sistema di monitoraggio pre-implementazione sul bundle per l’IPC della Sepsi ha permesso quindi di individuare le criticità sulle quali poter agire preventivamente con azioni di sensibilizzazione e di informazione per ottimizzare l’introduzione del bundle in tutti i reparti dell’ASST, in particolare in quelli internistici.


P25.

Studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practice per l’implementazione del bundle sulle hospital-acquired pneumonia (HAP): progetto di miglioramento ai fini della prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

D. Guarneri1, A. Marengoni2, S. Arondi3, F. Ongarini4, C. Brunori5,
J. Barbieri
6, G. Franzoni3, S. Cossi4, L. Covolo7, E. Desenzani8,
L. Martella
9, I. Gatta9

1Malattie Infettive, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 2Medicina geriatrica, Presidio Ospedaliero di Montichiari, ASST Spedali Civili di Brescia; 3Pneumologia, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 4Medicina, Presidio Ospedaliero di Montichiari, ASST Spedali Civili di Brescia; 5Medicina, Presidio Ospedaliero di Gardone VT, ASST Spedali Civili di Brescia; 6Cardiologia, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia; 7Dipartimento di Specialità Mediche e Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica, Università degli Sudi di Brescia; 8Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Montichiari, ASST Spedali Civili di Brescia; 9Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia, ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Tra le azioni strategiche indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per prevenire e contrastare le ICA è contemplata l’applicazione dei bundle, un insieme di pratiche evidenced-based che se applicate insieme correttamente, garantiscono un miglioramento della qualità e dell’esito dei processi di infection and prevention control (IPC). Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento (GDM), costituti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle inerente le tematiche di IPC delle ICA delineate dall’Istituto Superiore di Sanità, tra cui quello sulle HAP. Prima dell’introduzione del bundle, è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio, mediante una check-list di monitoraggio, il contesto e la valutazione dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno del 2024 in 5 reparti dell’ASST Spedali Civili di Brescia è stata utilizzata una check-list riguardante il bundle per la prevenzione delle HAP; per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI’” o “NA” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item al fine di capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Sono stata raccolte 9 check-list di cui 7 presso il Presidio Ospedaliero (PO) di Brescia e 2 presso il PO di Gardone VT; di seguito per ciascuna azione si riportano le C rilevate sul n. totale degli item valutabili:1. È stata effettuata l’igiene orale senza l’uso di clorexidina. C: 100% (n. 9); 2. È stata effettuata la diagnosi di disfagia nei pazienti con alto rischio di aspirazione. C: 78% (n.9); 3. È stata valutata la possibilità di posizionare il sondino post-pilorico nei pazienti con alto rischio di aspirazione. C: 78% (n.9); 4. Il paziente ha la testiera del letto sollevata di almeno 30°. C: 89% (n.9); 5. È stata fornita una mobilizzazione precoce. C: 78% (n.9); 6. La profilassi per ulcera gastrica con Inibitori di Pompa Protonica (IPP) è stata somministrata in modo appropriato. C: 100% (n.9); 7. È stata valutata la possibilità di minimizzare e/o interrompere la sedazione. C: 78% (n.9). Conclusioni. Tra le risposte con C del 100% spiccano l’igiene orale senza utilizzo di clorexidina e la somministrazione appropriata di IPP. L’assenza di C completa per i restanti item evidenzia invece la necessità di un approccio multidisciplinare per affrontare efficacemente le problematiche delle HAP. Le azioni messe in atto, specificate negli item, possono contribuire a ridurre o, meglio, evitare le complicanze cruciali che incidono significativamente sulla mortalità e morbilità. Il monitoraggio pre-implementazione sul bundle per l’IPC delle HAP ha pertanto contribuito ad individuare le criticità sulle quali poter agire preventivamente con azioni di sensibilizzazione e di informazione per ottimizzare l’introduzione del bundle in tutti i reparti dell’ASST.




P26.

Studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practice per l’implementazione del bundle sulle infezioni della ferita chirurgica (IFC): progetto di miglioramento per la prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

A. Pezzaioli1, V. Quadri2, B. Paro3, I. Uberti4, A. Peli5, F. Meni6,
S. Avanzini
7, M. Ardesi8, S. Zappulla9, I. Gatta9, P. Guizzi2

1Chirurgia generale, Presidio Ospedaliero di Montichiari; 2Ortopedia, Presidio Ospedaliero di Gardone VT; 3Chirurgia Vascolare, Presidio Ospedaliero di Brescia; 4Chirurgia Pediatrica, Presidio Ospedaliero dei Bambini; 5Chirurgia generale 2, Presidio Ospedaliero di Brescia; 6Blocco Operatorio Cardiochirurgia, Presidio Ospedaliero di Brescia; 7Direzione Aziendale Professioni Sanitarie e Sociosanitarie, Presidio Ospedaliero di Brescia; 8Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Gardone VT; 9Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento, costituti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle inerente alle principali tematiche di prevenzione delle ICA delineate dall’Istituto Superiore di Sanità, tra cui quello relativo alle IFC. Prima dell’introduzione del bundle è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio, mediante una check list di monitoraggio, il contesto e la valutazione dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno 2024 in 9 reparti dell’ASST Spedali Civili di Brescia è stata utilizzata una check-list inerente il bundle per la prevenzione delle IFC. Per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. Gli item inclusi nella check-list erano suddivisi in 3 fasi: pre-operatoria, intra-operatoria, post-operatoria. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI” o “NA” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item al fine di capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Sono state raccolte n. 13 check-list di cui 6 presso il Presidio Ospedaliero (PO) di Brescia e 7 presso il PO di Gardone VT; di seguito per ciascuna azione si riportano le C rilevate. Fase pre-operatoria: 1. Il paziente ha eseguito la doccia lo stesso giorno o quello precedente l’intervento chirurgico (se non possibile, effettuato il lavaggio al letto del paziente). C: 100% (n. 10); 2. È stata evitata la tricotomia. C: 8% (n.13); 3. Se ritenuto necessario, è stato utilizzato il clipper con testine monouso il giorno dell’intervento. C: 67% (n.9); 4. È stata somministrata l’antibiotico-profilassi rispettando il timing (30-60 minuti prima dell’incisione chirurgica). C: 100% (n.9). Fase intra-operatoria: 1. È stata controllata la glicemia (adulto ≤ 200 mg/dl - bambino ≤ 180 mg/dl). C: 83% (n.6); 2. È stato eseguito il lavaggio chirurgico delle mani nel rispetto della tempistica. C: 100% (n.5); 3. È stata effettuata l’antisepsi cutanea mediante clorexidina gluconato al 2% in alcool al 70%. C: 67% (n.6); 4. È stata utilizzata una tecnica asettica o no touch per l’ispezione e/o per il cambio della medicazione. C: 100% (n.6). Fase post-operatoria: È stata utilizzata una tecnica asettica o no touch per l’ispezione e/o per il cambio della medicazione. C: 100% (n.13). Conclusioni. Tra le criticità emerse spicca la tendenza alla tricotomia; tra le cause principali vi è infatti la persistenza di abitudini consolidate tuttora difficili da eradicare. Altra criticità è il basso consumo di antisettici a base di alcol contenente clorexidina gluconato poiché permane da parte dei chirurghi una certa riluttanza all’utilizzo di disinfettanti incolori. L’avvio di un sistema di monitoraggio pre-implementazione sul bundle per la prevenzione ed il controllo della IFC ha quindi permesso di individuare le criticità sulle quali poter agire preventivamente con azioni di sensibilizzazione e di informazione, al fine di ottimizzare l’introduzione del bundle in tutti i reparti dell’ASST, soprattutto in quelli chirurgici.


P27.

Studio osservazionale pilota per l’implementazione di un bundle sulla corretta gestione del catetere venoso centrale (CVC): progetto di miglioramento per la prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

S. Benvenuti1, F. Ogheri2, R. Ceresoli1, M.G. Festa3, S. Fontana4,
G. Bartolini
1, S. Melchiori5, I. Gatta6

1Unità Accessi Vascolari; 2Anestesia e Rianimazione Polifunzionale, Presidio Ospedaliero di Brescia; 3Direzione Medica, Presidio Ospedaliero dei Bambini; 4Medicina, Presidio Ospedaliero di Montichiari; 5Ematologia, Presidio Ospedaliero di Brescia; 6Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento costituti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle inerente alle principali tematiche di prevenzione e controllo delle ICA delineate dall’Istituto Superiore di Sanità, tra cui quello sul posizionamento e gestione del CVC. Prima dell’introduzione del bundle, è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio, con una check list di monitoraggio, il contesto e la valutazione dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno 2024 in 8 reparti dell’ASST Spedali Civili di Brescia è stata utilizzata una check-list riguardante il bundle per il posizionamento e gestione del CVC. Per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI” o “NO” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item per capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Sono stata raccolte n. 16 check-list di cui 11 presso il Presidio ospedaliero (PO) di Brescia, 2 presso il PO di Gardone VT e 3 al PO dei Bambini; di seguito per ciascuna azione si riportano le C rilevate sul n. totale degli item valutabili. Posizionamento del CVC: 1. È stato effettuato il lavaggio chirurgico delle mani prima del posizionamento. C: 100% (n. 12); 2. Sono state adottate le procedure di massima barriera per l’impianto. C: 100% (n. 12); 3. È stata eseguita la puntura eco guidata del vaso al sito di inserzione. C: 100% (n. 12); 4. È stata utilizzata clorexidina 2% per l’antisepsi cutanea con tempo d’azione di almeno 30 secondi o, in caso di intolleranza, lo iodopovidone 10% con tempo d’azione di almeno 2 minuti. C: 100% (n. 12); 5. È stato scelto in modo appropriato l’exit site. C: 100% (n. 11); 6. Il fissaggio è stato eseguito con sistemi sutureless. C: 89% (n. 12); 7. Sono state utilizzate medicazioni semipermeabili trasparenti. C: 100% (n. 12); 8. Sono state indicate data e ora del posizionamento della medicazione. C: 100% (n. 12). Gestione del CVC: 1. È stata valutata la possibilità di rimuovere il device se non necessario. C: 87% (n. 15); 2. È stata fatta una valutazione giornaliera dell’exit site con l’utilizzo del Visual Infusion Phlebitis (VIP) score. C: 40% (n. 15); 3. È stata effettuata l’igiene delle mani prima e dopo il contatto con il CVC. C: 80% (n. 15); 4. È stata effettuata la disinfezione del Needle–Free Connector (NFC) con clorexidina 2% prima di ogni utilizzo. C: 80% (n. 15); 5. Sono state utilizzate le procedure massime di barriera. C: 100% (n. 14); 6. È stata utilizzata clorexidina 2% per l’antisepsi cutanea con tempo d’azione di almeno 30 secondi o in caso di intolleranza lo iodopovidone 10% con tempo d’azione di almeno 2 minuti. C: 100% (n. 14); 7. La medicazione semipermeabile trasparente è stata sostituita negli ultimi 7 giorni se integra o se sporca, umida, staccata. C: 87% (n. 15). Conclusioni. Le principali criticità si sono presentate nella gestione del CVC per il mancato utilizzo del VIP score, strumento validato per il monitoraggio della flebite, la permanenza del CVC oltre le indicazioni previste e la ridotta aderenza alla disinfezione del NCF con incremento del rischio di infezioni correlate al CVC. L’avvio di un sistema di monitoraggio pre-implementazione sul bundle dedicato al CVC ha permesso quindi di individuare le criticità sulle quali poter agire preventivamente con azioni di sensibilizzazione e di informazione per ottimizzare l’introduzione del bundle in tutti i reparti dell’ASST.


P28.

Studio osservazionale pilota per l’implementazione del bundle sulle catheter-associated urinary tract infections (CA-UTI): progetto di miglioramento per la prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

M. Scanzi1, L. Gallini2, C. Lonati3, S. Casella3, F. Olli3, S. Venturini4,
L. Turrini
5, M. Bonesi6, F. Ferretti7, P. Bevilacqua8, I. Gatta9

1Urologia, Presidio Ospedaliero di Brescia; 2Medicina 3, Presidio Ospedaliero di Brescia; 3Medicina, Presidio Ospedaliero di Gardone VT; 4Terapia Intensiva Neonatale, Presidio Ospedaliero dei Bambini; 5Medicina, Presidio Ospedaliero di Montichiari; 6Nefrologia, Presidio Ospedaliero di Brescia; 7Chirurgia generale 3, Presidio Ospedaliero di Brescia; 8Direzione Aziendale Professioni Sanitarie e Sociosanitarie, Presidio Ospedaliero di Brescia; 9Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Tra le azioni strategiche indicate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per prevenire e contrastare le ICA è contemplata l’applicazione dei bundle, un insieme di pratiche evidenced-based che, se applicate insieme correttamente, garantiscono un miglioramento della qualità e dell’esito dei processi di infection and prevention control (IPC). Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento (GDM) costituti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle inerente le tematiche di IPC delineate dall’Istituto Superiore di Sanità tra cui quello per le CA-UTI. Prima dell’introduzione del bundle è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio il contesto dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno del 2024 in 6 reparti dell’ASST Spedali Civili di Brescia è stata utilizzata una check-list inerente il bundle per l’IPC delle CA-UTI; per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI” o “NA” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item per capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Sono state raccolte n. 16 check-list di cui 13 al Presidio Ospedaliero (PO) di Brescia e 3 al PO di Gardone VT; di seguito per ciascuna azione si riportano le C rilevate sul totale del n. degli item valutabili. Gli item inclusi nella check-list erano suddivisi in 2 fasi: posizionamento e gestione del catetere vescicale (CV). Posizionamento del CV: 1. Sono state considerate alternative al posizionamento del CV. C: 56% (n. 16); 2. È stata effettuata l’igiene delle mani prima e dopo ogni intervento sul CV. C: 80% (n. 15); 3. È stata eseguita l’igiene del meato urinario. C: 73% (n. 15); 4. È stato utilizzato materiale sterile per il posizionamento del CV. C: 100% (n. 15); 5. Sono state applicate tecniche asettiche per l’inserimento del CV. C: 100% (n. 15). Gestione del CV: 1. Sono state considerate alternative al posizionamento del CV. C: 47% (n. 15); 2. È stato rimosso il CV se non più necessario. C: 43% (n. 14); 3. È stata effettuata l’igiene delle mani prima e dopo ogni intervento sul CV. C: 69% (n. 13); 4. È stato mantenuto un sistema a circuito chiuso. C: 87% (n. 15); 5. La sacca di raccolta dell’urina è stata mantenuta al di sotto del livello della vescica, senza toccare terra. C: 80% (n. 15); 6. È stata eseguita quotidianamente l’igiene del meato urinario. C: 100% (n. 15). Conclusioni. Le principali criticità emerse riguardano: l’uso inappropriato del CV (Posizionamento: item 1 e Gestione: item 1 e 2), il ridotto mantenimento del sistema di drenaggio chiuso e la scarsa aderenza all’igiene delle mani prima e dopo ogni intervento sul CV. Tali azioni contrastano con la rilevazione della C totale nelle tecniche asettiche di inserimento del CV, vanificandone quindi l’efficacia. L’avvio di un sistema di monitoraggio pre-implementazione sul bundle per l’IPC sulle CA-UTI ha permesso quindi di individuare le criticità sulle quali poter agire preventivamente con azioni di sensibilizzazione e informazione per ottimizzare l’introduzione del bundle in ogni reparto dell’ASST.


P29.

Studio osservazionale pilota per l’implementazione del bundle sulla corretta gestione del catetere venoso periferico (CVP) e delle linee di infusione (LI): progetto per la prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA)

R. Ceresoli1, M.G. Festa2, S. Benvenuti1, F. Ogheri3, S. Fontana4,
G. Bartolini
1, S. Melchiori5, I. Gatta6

1Unità Accessi Vascolari; 2Direzione Medica, Presidio Ospedaliero dei Bambini; 3Anestesia e Rianimazione Polifunzionale, Presidio Ospedaliero di Brescia; 4Medicina, Presidio Ospedaliero di Montichiari; 5Ematologia, Presidio Ospedaliero di Brescia; 6Direzione Medica, Presidio Ospedaliero di Brescia - ASST Spedali Civili di Brescia

Introduzione. Nell’autunno del 2023 7 gruppi di miglioramento, costituiti da operatori dell’ASST Spedali Civili di Brescia, hanno elaborato ciascuno un bundle inerente le principali tematiche di prevenzione e controllo delle ICA delineate dall’Istituto Superiore di Sanità, tra cui quello sulla gestione del CVP e delle LI. Prima dell’introduzione del bundle è stato avviato uno studio osservazionale pilota sull’adesione alle good practices per conoscere meglio, mediante una check list di monitoraggio, il contesto e la valutazione dell’applicabilità del bundle stesso. Metodi. Nell’autunno 2024 in 6 reparti dell’ASST Spedali Civili di Brescia è stata utilizzata una check-list riguardante il bundle sulla corretta gestione del CVP e delle LI. Per ogni item ivi contenuto è stata indicata una singola opzione di risposta: sì/no/non applicabile (NA), basandosi sull’osservazione diretta e/o consultazione della cartella clinica. La compliance (C) è stata calcolata considerando il numero (n.) di pazienti (pz) osservati con presenza di risposte “SI” o “NA” sul totale dei pz osservati. È stata valutata la C per singolo item per capire quale azione presentasse maggiore criticità. Sono stati esclusi dal conteggio i casi in cui la risposta non era tracciata. Risultati. Posizionamento e gestione del CVP: 1. È stata valutata la possibilità di rimuovere il CVP se non necessario. C: 67% (n. 12); 2. È stata effettuata l’igiene delle mani prima del posizionamento. C: 100% (n.12); 3. È stata utilizzata clorexidina 2% per l’antisepsi cutanea con un tempo d’azione di almeno 30 secondi o, in caso di intolleranza, lo iodopovidone 10% con un tempo d’azione di almeno 2 minuti. C: 75% (n.12); 4. È stata effettuata la disinfezione del Needle–Free Connector (NFC) prima di ogni utilizzo. C:45% (n.11); 5. Sono state utilizzate medicazioni semipermeabili trasparenti. C: 100% (n.12). Gestione delle LI: 1. È stata effettuata l’igiene delle mani. C: 100% (n.7); 2. È stata effettuata la disinfezione del NFC con clorexidina 2% per almeno 15 secondi prima di innestare o prelevare. C: 86% (n.7); 3. È stata effettuata la disinfezione dei tappi dei flaconi dei farmaci, emocolture e flebo con clorexidina 2%, per almeno 15 secondi prima di innestarli. C: 14% (n.7); 4. È stato effettuato il flushing con adeguata quantità di soluzione fisiologica sterile prima e dopo la connessione/rimozione delle infusioni. C: 57% (n.7); 5. È stata utilizzata la tecnica pulsata (stop and go). C: 71% (n.7); 6. Gli NFC sono stati sostituiti negli ultimi 7 giorni. C: 71% (n.7). Conclusioni. Per il posizionamento e la gestione del CVP le criticità emerse sono: la scarsa aderenza alla disinfezione del NFC, fondamentale per la prevenzione delle infezioni, e il mancato rispetto dei tempi di azione dei prodotti per l’antisepsi cutanea. Nella gestione delle LI significativa è la mancanza, quasi totale, della disinfezione dei tappi dei flaconi dei farmaci, la cui motivazione risiede in una scarsa/assente consapevolezza da parte del personale dell’importanza di tale azione preventiva sulle infezioni. L’avvio di un primo sistema di monitoraggio pre-implementazione sul bundle per la gestione ed il controllo del CVP e delle LI ha permesso quindi di individuare le criticità sulle quali poter agire preventivamente con azioni di sensibilizzazione e di informazione al fine di ottimizzare l’introduzione del bundle in tutti i reparti dell’ASST.




P30.

Strategie di infection control per il contenimento di un focolaio da Klebsiella pneumoniae produttrice di carbapenemasi in un ospedale di i livello: esperienza operativa in ASL 4 Liguria

C. Lorusso1, A. Centi1, L. Arpe1, A. Nicolini1, G. Codda2, S. Reali2,
F. Massucco
2, T. Boreanaz2, M. Marangoni2, E. Brighina2,
E. Musetti
2, S. Bafico3, B. Mentore4

1Ufficio Infezioni Direzione Medica di Presidio; 2Laboratorio Analisi; 3Professioni Sanitarie; 4Direzione Medica di Presidio – ASL 4 Liguria

Introduzione. Le Enterobacterales produttrici di carbapenemasi (CPE) costituiscono una crescente minaccia per la sanità pubblica. Klebsiella pneumoniae produttrice di carbapenemasi (KPC-KP) è tra i principali patogeni responsabili di focolai ospedalieri. La diagnosi precoce, la sorveglianza attiva e le misure tempestive di infection control sono fondamentali per contenerne la diffusione. Descriviamo la gestione di un focolaio di KPC-KP identificato tra luglio e settembre 2024 presso un presidio ospedaliero di I livello dell’ASL 4 Liguria. Metodi. Tra gennaio e settembre 2024 sono stati identificati 59 casi di colonizzazione da CPE. Nel trimestre estivo si è verificato un incremento di 21 nuovi casi da KPC-KP in due reparti contigui per tipologia assistenziale. L’identificazione dei microrganismi è avvenuta tramite Vitek MS MALDI-TOF, con antibiogramma eseguito su VITEK2. Le carbapenemasi (KPC, VIM, NDM, OXA-48) sono state rilevate con test immunocromatografico. Sette ceppi rappresentativi, selezionati per data di isolamento, sono stati sottoposti a sequenziamento genomico presso il Centro di riferimento regionale (DISC, Università di Genova) per l’analisi filogenetica e del profilo genetico. Risultati. Tutti i 21 ceppi KPC-KP mostravano lo stesso profilo di resistenza antibiotica e produzione di carbapenemasi KPC. Il sequenziamento ha confermato un unico clone (K. pneumoniae ST35) con geni di resistenza blaKPC-3 e tet(D) e fattori di virulenza Ybt (ST5), a conferma della natura epidemica del cluster. È stata avviata una sorveglianza attiva quotidiana nei reparti coinvolti, incluso il monitoraggio di pazienti trasferiti o riammessi. Le misure di contenimento hanno incluso: isolamento dei casi positivi, revisione e rafforzamento dell’aderenza all’igiene delle mani, controllo ambientale, audit mirati e comunicazione costante tra microbiologia, direzione medica e clinici. In seguito all’evento epidemico è stata attivata un’icona grafica (“microbino”) all’interno della cartella elettronica, in grado di segnalare per un anno i pazienti colonizzati o infetti da CPE, per due anni da Candida auris e per tutta la durata del ricovero in caso di positività a Enterococcus faecium resistente alla vancomicina (VRE). Tale strategia si è dimostrata estremamente utile nel favorire un approccio precoce e integrato al contenimento nei percorsi assistenziali intraospedalieri. Conclusioni. La gestione efficace di un focolaio epidemico da K. pneumoniae KPC è stata resa possibile grazie alla pronta attivazione di un piano di infection control multidisciplinare e condiviso. La sorveglianza microbiologica quotidiana e l’integrazione tra laboratori, clinici e direzione hanno permesso una risposta coordinata e tempestiva. L’adozione di strumenti digitali, tra cui l’icona “microbino” nella cartella elettronica, ha migliorato la tracciabilità e l’identificazione precoce dei pazienti a rischio, incrementando la reattività del sistema. Questo evento ha evidenziato il ruolo strategico della comunicazione continua, del controllo della fonte e della digitalizzazione come elementi essenziali per prevenire la diffusione dei microrganismi multifarmaco-resistenti. Rafforzare la cultura del rischio infettivo resta una priorità per garantire sicurezza e qualità delle cure.


P31.

Implicazioni medico-legali delle ICA in chirurgia toracica: “governance” di un centro HUB

C. Luciani, L. Cucciolillo, M. Maiorano, M. Masturzo,
M. Straqualursi, L. Iorio

PO “A. Cardarelli” ASReM, UOC Chirurgia Vascolare, Campobasso

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresentano una sfida globale per la sanità, con impatti significativi su esiti clinici, costi e responsabilità medico-legali. In Italia, la prevalenza media delle ICA è dell’8,03%, con le infezioni del sito chirurgico (ISC) che costituiscono il 14,4% del totale. La chirurgia toracica, data la sua invasività, espone i pazienti a un rischio intrinseco di complicanze infettive. Il presente studio si propone di analizzare le implicazioni medico-legali delle ICA in questo contesto, basandosi sui dati della chirurgia toracica del centro HUB regionale, che ha fatto registrare un’incidenza pari al 7,6%. Tale incidenza, sebbene allineata alla prevalenza media nazionale, richiede un’analisi approfondita alla luce delle stringenti richieste giurisprudenziali in merito alla diligenza documentata delle strutture sanitarie. Metodi. Lo studio è stato condotto come un’analisi retrospettiva di 304 interventi di chirurgia toracica maggiore eseguiti in un periodo di tre anni presso il centro HUB regionale. La metodologia ha previsto una revisione sistematica delle linee guida nazionali e internazionali per la prevenzione e il controllo delle ICA. Parallelamente, è stata effettuata un’analisi critica della giurisprudenza italiana, sia civile che penale, focalizzandosi sui principi dell’onere della prova e della prevedibilità degli eventi infettivi. L’approccio ha mirato a correlare i dati della casistica specifica con il contesto epidemiologico e il quadro medico-legale, considerando l’elevato standard dei protocolli di prevenzione. Risultati. L’analisi della casistica ha evidenziato un’incidenza di ICA del 7,6% (23 casi su 304 interventi). Questo dato si confronta con una prevalenza nazionale di ICA tra il 6,5% e l’8,03%, con tassi superiori (19,2 - 23%) nelle terapie intensive. Si stima che oltre la metà delle ICA siano prevenibili. La giurisprudenza italiana richiede una specifica e documentata aderenza ai protocolli, non la mera esistenza degli stessi. L’incidenza del 7,6% di ICA nel centro HUB regionale, sebbene in linea con la media nazionale, sottolinea la costante prevedibilità di tali eventi in contesti chirurgici complessi. La giurisprudenza italiana impone un onere probatorio stringente alle strutture sanitarie: il paziente deve dimostrare il contatto con la struttura e il danno, mentre la struttura deve provare la propria diligenza, l’imprevedibilità dell’evento o l’assenza di nesso causale, basandosi su prove specifiche e documentate desunte dalla cartella clinica. Le ICA sono considerate eventi “prevedibili ed evitabili”. Una gestione integrata del rischio infettivo, che coinvolga comitati per il controllo delle infezioni e funzioni di risk management, è cruciale. La discrepanza tra l’esistenza di linee guida e la loro documentata applicazione operativa crea una vulnerabilità medico-legale. La tendenza giurisprudenziale spinge verso una “cultura dell’evidenza”, richiedendo una documentazione meticolosa dell’applicazione delle pratiche preventive. Conclusioni. L’esperienza del centro HUB regionale di chirurgia toracica, con un’incidenza del 7,6% di ICA, evidenzia la persistenza del rischio infettivo e le significative implicazioni medico-legali. Le strutture sanitarie, in particolare quelle specializzate, sono chiamate a dimostrare non solo l’adozione di protocolli di prevenzione, ma anche la loro applicazione rigorosa e documentata in ogni singolo caso. La prevedibilità delle ICA in ambienti ad alto rischio impone una mitigazione proattiva del rischio. Le direttrici fondamentali includono: una sorveglianza robusta e trasparente, una gestione integrata del rischio infettivo, la formazione continua del personale con documentazione dell’adesione alle pratiche, e un costante aggiornamento sulla giurisprudenza. L’obiettivo primario è minimizzare le infezioni prevenibili attraverso un sistema di prevenzione solido, basato sull’evidenza e meticolosamente documentato, al fine di garantire la sicurezza del paziente e la difesa legale della struttura.


P32.

Positività da germi sentinella in TIN: i fattori predittivi di evoluzione settica

V. Pisanò1, D.M. Simonetti2, F. Crispino2, S. Zarrilli2, R. Romano2,
C. Coramusi
2, A. Auricchio1

1Università degli studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “Vincenzo Tiberio”, Campobasso; 2Reparto di neonatologia – TIN (Terapia Intensiva Neonatale), Ospedale “A. Cardarelli”, Campobasso

Introduzione. È noto che la mortalità da sepsi neonatale è frequentemente correlata all’inadeguatezza di misure di prevenzione e sorveglianza, diagnosi tardiva e gestione clinica non corretta. Entro le prime 72h di vita si tratta di Early Onset Sepsis (EOS), se successivamente, Late Onset Sepsis (LOS). Prematuri (età gestazionale <37+0) e neonati con peso <1500g, Very Low Birth Weight (VLBW), i soggetti maggiormente a rischio. L’eziologia è variegata, in stretta correlazione con il contesto. Gram negativi quali E. coli, Klebsiella spp., Enterobacter spp., e Pseudomonas aeruginosa sono più frequentemente coinvolti negli outbreaks delle TIN e responsabili dei quadri clinici più critici. L’obiettivo primario del presente studio è stato quello di indagare, tra i neonati colonizzati da germi sentinella, i soggetti andati incontro a evoluzione settica. Ulteriore obiettivo è stato quello di vagliare i fattori di rischio maggiormente predittivi di sepsi. Metodi. Da gennaio 2022 ad aprile 2025 sono stati arruolati i pazienti risultati positivi, durante la degenza, ad emocoltura/e e/o tampone/i di superficie per: E. coli, Enterobacter spp., Klebsiella spp., Proteus mirabilis, Pseudomonas aeruginosa, Serratia marcescens, Streptococcus agalactiae (SBG). Sono stati raccolti dati demografici e antropometrici, indagata la presenza dei fattori di rischio, riportata l’emocoltura nelle prime ore dal momento dell’ingresso in reparto e i tamponi di superficie eseguiti contestualmente, nonché l’eventuale isolamento in tempi successivi. Risultati. Su 92 pazienti si è registrato il 30,4% dei casi di sepsi: il 50% in prematuri, il 33,3% in VLBW. Sul totale dei pazienti: 23 sono state le EOS (25%), 5 le LOS (5,4%), nei rimanenti pazienti è mancata una evoluzione settica. Sul totale di EOS, il 56,5% era positivo a emocoltura: il 38,5% per E. coli, il 15,4% per Klebsiella spp., il 15,4% per S. agalactiae, il 30,8% per altro; sul totale di LOS, il 40% era positivo a emocoltura: 50% per E. coli e 50% per Pseudomonas spp. Dai 63 tamponi nasali positivi sono stati isolati: E. coli nel 25,8% di casi, Klebsiella spp. nel 9,7%, S. agalactiae nel 3,2%, Enterobacter spp. nell’1,6%, Serratia spp. nel 3,2% dei casi. Dai 61 tamponi faringei positivi sono stati isolati: E. coli nel 34,4% di casi; Klebsiella spp. nel 23%, Pseudomonas spp. nel 4,9%, S. agalactiae nel 4,9%, Enterobacter spp. nell’ 1,6%. Dai 62 tamponi auricolari positivi sono stati isolati: E. coli nel 24,2% di casi; Klebsiella spp. nel 9,7%, Pseudomonas spp. nel 4,8%, S. agalactiae nel 4,8%, Proteus mirabilis nel 1,6%. Di 25 tamponi nasali positivi, il 36% è andato incontro a sepsi; di 39 faringei positivi, il 38,5%; di 27 auricolari positivi, il 40,7%, mostrando il tasso più alto di evoluzione settica. I principali germi isolati all’emocoltura in caso di EOS sono E. coli, Klebsiella spp. e S. agalactiae, mentre nella LOS, E. coli e Pseudomonas spp. Anche ai tamponi, E. coli si conferma il germe predominante, surclassando S. agalactiae. Una lunghezza maggiore alla nascita, è associata ad una probabilità più bassa di sviluppare una sepsi. Il sesso maschile si associa negativamente alla positività del tampone nasale; il parto spontaneo si associa negativamente con tampone nasale positivo (mentre il parto cesareo si associa positivamente); la lunghezza alla nascita si associa positivamente al tampone nasale positivo (maggiore lunghezza, maggiore probabilità). Il parto spontaneo tende ad associarsi positivamente alla presenza di emocolture positive, indipendentemente dagli altri fattori, dato ampiamente noto in letteratura, per la colonizzazione durante il passaggio nel canale del parto. Conclusioni. Questo studio conferma che la colonizzazione da E. coli, Klebsiella spp., e S. agalactiae, gioca un ruolo cruciale nell’evoluzione settica dei neonati ricoverati in TIN. I fattori di rischio più significativi sono prematurità e VLBW. La sorveglianza microbiologica intensiva e l’analisi dei tamponi di superficie potrebbero costituire uno strumento fondamentale per predire l’evoluzione settica. Sono necessarie ulteriori ricerche per identificarne e confermarne i fattori predittivi.


P33.

Esperienze di audit clinico in una struttura residenziale sanitaria

M.R. Troisi1, M. Perillo1, M. Pasquale2, M.C. Conte2

1ASL Avellino, UOC Qualità e Accreditamento - Rischio Clinico e Formazione, Avellino; 2ASL Avellino, Direzione Sanitaria, Avellino

Introduzione. L’attività assistenziale della SUAP (Speciale Unità di Accoglienza Permanente) di Bisaccia, sita nel territorio di competenza della Azienda Sanitaria Locale di Avellino (ASL AV) è supportata da un programma di audit clinici. La SUAP, una realtà peculiare dell’assistenza extraospedaliera, dotata di dieci posti letto per cinque camere di degenza, è dedicata alla presa in carico di pazienti in stato vegetativo (SV) o di minima coscienza (MC), che abbiano completato il percorso di riabilitazione e necessitino di trattamenti assistenziali specialistici non erogabili in ambito domiciliare. L’accesso alla struttura è regolato da un percorso delineato da un progetto assistenziale individualizzato (PAI) definito dall’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) territoriale, su richiesta dei presidi ospedalieri (come reparti di terapia intensiva), strutture di riabilitazione intensive e di alta specialità e servizi domiciliari. Metodi. La SUAP realizza periodicamente audit clinici, con utilizzo di checklist e framework ad hoc considerate anche la peculiarità della struttura stessa. Gli audit si pongono l’obiettivo di analizzare i processi assistenziali in atto, valutare eventuali casi clinici e verificare l’aderenza alle procedure aziendali con attenzione particolare alla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) al fine di individuare eventuali criticità e misure da mettere in atto. Risultati. Nel corso degli audit periodicamente effettuati nel corso dei 6 anni, in particolare, si è discussa la necessità di attuare protocolli per il “triage microbiologico” all’ingresso del paziente in struttura con attenzione particolare ai microrganismi multiresistenti, attuando le procedure attualmente in vigore nei presidi ospedalieri di competenza della ASL. I pazienti presi in carico provengono da contesti eterogenei (domicilio, strutture di lungodegenza, presidi ospedalieri) e presentano differenti livelli di rischio, valutati caso per caso dal personale medico al momento dell’ingresso nel percorso assistenziale. Le evidenze emerse dai diversi audit, da un lato, hanno confermato la necessità di progettare interventi formativi mirati per il personale ospedaliero e territoriale, anche sulla base delle specifiche esigenze rilevate; dall’altro, hanno permesso di porre maggiore attenzione alle strutture territoriali anche sotto il profilo della prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza. In quest’ottica, si è deciso di includere un rappresentante delle strutture territoriali all’interno del Comitato aziendale per il controllo delle infezioni e, come previsto dal Piano Aziendale per la Prevenzione delle ICA (PAICA), di avviare uno studio di prevalenza delle ICA nei Presidi Ospedalieri e almeno in una delle strutture territoriali di competenza della ASL AV. Inoltre, è stato previsto il coinvolgimento anche del personale proveniente dalle strutture territoriali aziendali nelle diverse edizioni dei corsi di formazione in infezioni ospedaliere, finanziati nell’ambito della Missione 6 “Salute”, Componente 2, Sub-investimento 2.2 (b) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), anche al fine di sensibilizzare tutto il personale sanitario sull’importanza della prevenzione delle infezioni nosocomiali in tutti gli ambiti di assistenza. Conclusioni. La SUAP di Bisaccia si configura come un modello organizzativo peculiare per la gestione di pazienti ad alta complessità assistenziale, con attenzione costante alla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza e alla personalizzazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi. L’esperienza maturata ha contribuito ad una solida consapevolezza organizzativa e operativa nella gestione del rischio infettivo all’interno della struttura, ribadendo il valore di un approccio multidisciplinare e sistematico alla sorveglianza delle ICA nelle realtà assistenziali extraospedaliere, in un’ottica di miglioramento continuo della qualità e della sicurezza delle cure.




Antimicrobico-resistenza


P34.

Governance, risorse e sfide per il contrasto all’antimicrobico-resistenza in Veneto: risultati del progetto ARCO

P. Anello1, S. Vianello2, V. Baldo3, U. Gallo4, R. Rampazzo5,
M. Marchiori
6, S. Marchiori7, M. Pigozzo8, P. De Ambrosis9,
M. Milani
10, D. Gentili10, M. Tonon10, G. Scroccaro9, F. Russo10,
D. Mengato
11

1Direzione Medica Ospedaliera - Azienda ULSS 2 Marca Trevigiana, Montebelluna (TV); 2Direttore dei Servizi Socio Sanitari - Azienda ULSS 6 Euganea, Padova; 3Dipartimento di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Padova; 4Assistenza Farmaceutica Territoriale - Azienda ULSS 6 Euganea, Padova; 5Assistenza Farmaceutica Territoriale - Azienda ULSS 5 Polesana, Rovigo; 6Direzione Medica Ospedaliera - Azienda ULSS 6 Euganea, Camposampiero (PD); 7Assistenza Domiciliare Integrata - Azienda ULSS 3 Serenissima, Venezia; 8Direzione Medica Ospedaliera - Azienda ULSS 3 Serenissima, Venezia; 9Direzione Farmaceutico, protesica, dispositivi medici - Regione Veneto, Venezia; 10Direzione Prevenzione sicurezza alimentare veterinaria - Regione Veneto, Venezia; 11Farmacia Ospedaliera - Azienda Ospedale Università degli Studi di Padova, Padova

Introduzione. L’antibiotico-resistenza rappresenta una priorità di salute pubblica. Con la DGR 1402/2019, la Regione Veneto ha adottato i piani regionali per l’antimicrobial stewardship (AMS) e per la prevenzione e controllo delle infezioni (IPC). Il gruppo multidisciplinare ARCO (Approcci di Rete per il Contrasto all’Antimicrobico-Resistenza Ospedale-Territorio) nasce per monitorare l’applicazione dei modelli e individuare buone pratiche ed eventuali criticità nelle aziende sanitarie pubbliche della regione. Metodi. Il gruppo ARCO ha sviluppato un questionario online tramite Google Moduli, differenziato per Direzioni Mediche, Direzioni di Distretto, Farmacie Ospedaliere e Servizi Farmaceutici Territoriali, con quesiti su governance, risorse, attività, indicatori e formazione. I questionari sono stati trasmessi alle aziende sanitarie nel novembre 2023 tramite le Direzioni Regionali Prevenzione sicurezza alimentare veterinaria e Farmaceutico, protesica, dispositivi medici. I dati sono stati analizzati con analisi descrittive e test non parametrici (Rank Sum Test per variabili continue, Chi² per categoriche), utilizzando Stata v.12. A integrazione dell’indagine è stato organizzato un focus group con 18 partecipanti (referenti regionali, infettivologi, farmacisti, microbiologi, medici di direzione, operatori territoriali, medical writer), articolato per aree tematiche, volto ad approfondire i risultati e formulare raccomandazioni operative condivise. Risultati. Ha risposto l’85% delle strutture interpellate, rappresentando il 100% delle aziende sanitarie. I modelli organizzativi risultano poco noti ai professionisti coinvolti. Le risorse risultano in linea con gli standard esistenti (es. 1 infermiere specialista in rischio infettivo ogni 400 letti), ma assenti dove mancano riferimenti normativi. Le consulenze infettivologiche sono significativamente inferiori negli spoke rispetto agli hub (mediana 14 ore/settimana vs 109, p=0,003). Il monitoraggio e reporting sul consumo antibiotico è disomogeneo, con scarso uso di indicatori standardizzati, specie nel territorio. L’applicazione della figura del Link Professional è meno sistematica nel territorio e scarsamente definita in entrambi i contesti: mancano percorsi formativi, criteri omogenei per la collocazione e obiettivi espliciti connessi a monitoraggio e feedback. Il focus group ha proposto: integrazione degli obiettivi AMS/IPC nei piani di performance; standard minimi di personale; valorizzazione dei Link Professional; teleconsulenze; sistemi informativi integrati; campagne di sensibilizzazione. Conclusioni. ARCO rappresenta il primo tentativo di mappatura regionale dei programmi AMS/IPC, integrando dati quantitativi e qualitativi. I risultati evidenziano l’urgenza di rafforzare l’integrazione ospedale-territorio e la necessità, in una futura fase progettuale, di individuare modelli organizzativi funzionali e applicabili nel contesto delle risorse attuali, con obiettivi chiari, misurabili e coerenti ed una reale priorità assegnata al contrasto dell’antimicrobico-resistenza.


P35.

Educare per proteggere le nuove generazioni: un’iniziativa multidisciplinare per contrastare l’antimicrobico-resistenza

A. Arghittu1, S. Soddu2, G.M. Deriu2, M. Fadda1, P. Castiglia1

1Dipartimento di Medicina, Chirurgia e Farmacia, Università degli Studi di Sassari; 2SC Direzione Medica di Presidio, Igiene, Epidemiologia ed Infezioni Ospedaliere, AOU Sassari

Introduzione, L’antimicrobico-resistenza (AMR) è una delle più pressanti minacce per la salute pubblica, con allarmanti proiezioni di mortalità e costi socio-economici insostenibili. La progressiva inefficacia dei farmaci antimicrobici ha significativamente ridotto lo spettro terapeutico a disposizione dei clinici, rendendo imperativa l’adozione di strategie integrate. In questo scenario, l’educazione e la sensibilizzazione della popolazione emergono come pilastri fondamentali per un contenimento efficace del fenomeno. Il presente progetto configurandosi come una iniziativa Rotary interclub (Club Sassari, Sassari Nord, Sassari Silki, Porto Torres, Ozieri e Bosa) in collaborazione con il Distretto 2080 del Rotary International, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Sassari (AOU-SS) e l’Università degli Studi di Sassari (UNISS), ha voluto promuovere la conoscenza e l’adozione di comportamenti responsabili tra le giovani generazioni. Metodi. Il progetto si è articolato in fasi sequenziali. La prima (settembre 2024) ha visto la costituzione di un gruppo di lavoro multidisciplinare, composto da esperti rotariani di UNISS e professionisti di AOU-SS, dedicato allo sviluppo di materiali didattici evidence-based. Successivamente (ottobre 2024), seminari di formazione sono stati condotti nei Club Rotary coinvolti, al fine di garantire uniformità metodologica. Nel novembre 2024 in occasione della World Antimicrobial Awareness Week il progetto è stato presentato in un evento dedicato. Tra novembre 2024 e maggio 2025, attività formative e interattive sono state condotte nelle scuole primarie e secondarie (primo e secondo grado) del territorio. Contestualmente, un questionario (KAB) è stato somministrato a 250 studenti per valutare conoscenze (K), attitudini (A) e comportamenti (B) sull’AMR. Lo strumento di indagine includeva 17 domande sulle conoscenze, 5 sulle attitudini e 5 sui comportamenti. La fase conclusiva del progetto (maggio 2025) è consistita nell’analisi qualitativa e quantitativa dei dati raccolti e la successiva restituzione dei feedback ottenuti. Risultati. L’analisi dei 250 questionari somministrati ha evidenziato un livello di consapevolezza subottimale sull’AMR tra la popolazione studentesca indagata. Soltanto il 43% degli intervistati ha mostrato conoscenze corrette sul tema prima dell’intervento educativo. Per quanto concerne le attitudini, solo il 55,7% ha manifestato un orientamento positivo verso la risoluzione del problema, suggerendo una potenziale lacuna nella percezione della sua gravità e urgenza. Circa i comportamenti, solo il 47,9% degli intervistati ha dichiarato di adottare pratiche corrette in relazione all’uso degli antimicrobici in ambito umano/veterinario. Sarà essenziale procedere con la valutazione dell’impatto post-intervento per confermare l’efficacia del programma e delineare le future direzioni di ricerca e intervento. Conclusioni. I risultati ottenuti evidenziano una bassa sensibilità degli studenti in merito all’AMR, in linea con le evidenze di studi internazionali che rilevano insufficienti livelli di consapevolezza. La bassa percentuale di comportamenti corretti, in particolare, suggerisce che la semplice acquisizione di informazioni non è sufficiente a indurre cambiamenti pratici, rendendo indispensabile una strategia educativa che enfatizzi l’applicazione concreta delle conoscenze al fine di promuovere l’adozione di comportamenti responsabili nelle giovani generazioni. In quest’ottica la sinergia tra ricerca, terza missione universitaria e associazionismo può generare un impatto significativo sulla salute pubblica.


P36.

Trend temporale dell’antibiotico-resistenza nelle infezioni del sangue

A. Linzalone1, P. Guida1, M. Fortunato2, G. Romanazzi1,
M. Milazzo
1, V. Dattoli1, M. Formoso1

1Direzione Sanitaria - Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale
“F. Miulli”, Acquaviva delle Fonti;
2Patologia clinica, microbiologia e virologia - Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale “F. Miulli”, Acquaviva delle Fonti

Introduzione. Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza rappresenta uno dei principali problemi di sanità pubblica a livello mondiale. L’uso continuo degli antibiotici favorisce l’emergere, la moltiplicazione e la diffusione dei ceppi resistenti e multiresistenti con riduzione delle possibilità di un trattamento efficace. Questo fenomeno è di particolare rilevanza nell’ambito delle infezioni correlate all’assistenza, che insorgono e si diffondono all’interno di strutture sanitarie. Diversi sistemi di sorveglianza dell’antibiotico-resistenza sono stati messi in atto negli ultimi anni a livello nazionale, europeo e mondiale. L’analisi temporale degli esami microbiologici eseguiti nell’ambito di una popolazione ospedalizzata può essere utile per estrapolare dei trend significativi in aumento della resistenza agli antibiotici testati in laboratorio. Metodi. Abbiamo analizzato i dati microbiologici di pazienti ricoverati da gennaio 2017 a giugno 2025 presso l’Ospedale Generale Regionale “F. Miulli” di Acquaviva delle Fonti. Al fine di individuare dei trend temporali di possibile incremento dell’antibiotico-resistenza nelle specie patogene più diffuse, sono state identificati i microrganismi con almeno 50 occorrenze nel periodo considerato, nell’ambito delle determinazioni emocolturali successive alla quarta giornata di ricovero e che rappresentavano le prime positività assolute del paziente alla singola specie. Sono state escluse le emocolture positive come per contaminazione. Dall’analisi degli antibiogrammi sono stati identificati gli antibiotici resistenti. Abbiamo analizzato il trend temporale della resistenza all’antibiotico, per singolo germe e per singolo antibiotico, stimando l’Odds Ratio (OR) per variazioni di annuali mediante un modello di regressione logistico. Un livello di p<0.05 è stato considerato significativo. Risultati. Dall’analisi di 1952 antibiogrammi relativi a 9 microrganismi (Candida albicans, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae ssp pneum., Staphylococcus aureus, Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus haemolyticus, Staphylococcus hominis ssp hominis) e 36 antibiotici testati, emerge un trend in aumento della resistenza nell’Enterococcus faecium per tigecycline (OR=1,58) e vancomycin (OR=1,20), nello Staphylococcus aureus per erythromycin (OR=1,18), gentamicin (OR=1,25) e teicoplanin (OR=1,40), nello Staphylococcus epidermidis per clindamycin (OR=1,20), rifampicin (OR=1,12), tetracycline (OR=1,26) e trimethoprim/sulfamethoxazole (OR=1,19), nello Staphylococcus haemolyticus per teicoplanin (OR=1,24) e nello Staphylococcus hominis ssp hominis per erythromycin (OR=1,23). Conclusioni. L’analisi degli antibiogrammi relativi a isolati emocolturali di un periodo di oltre 8 anni ha evidenziato un significativo trend dei livelli di resistenza di alcuni antibiotici in alcuni patogeni più frequentemente osservati. Per alcuni germi di particolare rilevanza clinica ed epidemiologica come Staphylococcus aureus, Staphylococcus non-aureus e Enterococcus è stato registrato un trend di incremento statisticamente significativo dei valori di resistenza ad antibiotici di prima linea per il trattamento delle infezioni sistemiche severe secondo gli schemi raccomandati dalle principali linee guida internazionali. Tale andamento rappresenta un potenziale rischio di fallimento terapeutico degli schemi di terapia antibiotica empirica nelle infezioni gravi e richiede una stretta sorveglianza per intercettare la necessità di rivedere gli schemi di terapia empirica e di introdurre regimi antibiotici empirici di salvataggio e/o di combinazione. L’analisi epidemiologica di medio periodo dei dati microbiologici di un ospedale generale può essere utile a monitorare i trend geografici locali di resistenza agli antibiotici degli isolati nosocomiali.


P37.

Sorveglianza dell’antibiotico-resistenza (AMR) in ceppi di Staphylococcus aureus meticillino-resistenti: confronto tra gli isolati nel 2023 e nel 2024 nell’Ospedale HUB della Regione Molise

A. Lombardi1, M. Tamburro1, G. Santoro1, M.L. Sammarco1,
R. De Dona
2, G. Petronio Petronio1, G. Ripabelli1,2

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “Vincenzo Tiberio”, Campobasso; 2Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso

Introduzione. Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) rappresenta una causa rilevante di infezioni, sia comunitarie, sia ospedaliere. L’obiettivo dello studio è stato quello di confrontare l’andamento dell’antibiotico-resistenza (AMR) nei ceppi MRSA isolati negli anni 2023 e 2024, al fine di individuare eventuali variazioni nei pattern di resistenza e di definire strategie mirate di prevenzione e controllo. Metodi. Sono stati analizzati i dati relativi alle segnalazioni di MRSA raccolte nell’ambito del sistema di sorveglianza “alert organisms”, attivato presso il Presidio Ospedaliero (PO) Hub della Regione Molise. I ceppi sono stati confrontati per anno di isolamento, in relazione a dati clinici dei pazienti e profili di suscettibilità agli antibiotici, interpretati secondo i breakpoint dell’European Committee on Antimicrobial Susceptibility Testing (EUCAST). Risultati. Nel 2023, sono stati isolati 56 ceppi di MRSA perlopiù da pazienti di sesso maschile (64%), con età media 71,1±17,1 anni (range 0-98), ricoverati nel reparto di malattie infettive (19,6%), seguito dai reparti di rianimazione e nefrologia (14,3% ciascuno), dialisi (12,5%), ortopedia (8,9%), medicina (7,1%) e chirurgia (5,4%). Nel 2024, sono stati segnalati 48 ceppi da pazienti (71% maschi; età media 67,9±19,9 anni; range 1-95) provenienti dai reparti di malattie infettive, medicina e chirurgia vascolare (16,3% ciascuno), seguiti da pronto soccorso (11,6%), anestesia (9,3%) e dialisi (7%). Le principali fonti di isolamento sono state emocoltura (26,8% nel 2023 vs. 30,2% nel 2024), broncoaspirato (17,9% vs. 16,3%) ed esame colturale da ulcere (19,6% vs. 9,3%). La resistenza verso cefoxitina e ampicillina è stata osservata in tutti gli isolati, sia del 2023, sia del 2024, mentre si è mantenuta elevata e pressoché stabile (95,7% vs. 95%) quella verso la penicillina. Al contrario, negli isolati del 2024 è stato osservato un aumento della resistenza per diversi antibiotici, quali oxacillina (92,5% vs. 80,4%, +12,1%), ciprofloxacina (89,7% vs. 71,7%, +18%), rifampicina (75% vs. 50%, +25%), moxifloxacina (77,5% vs. 69,6%, +7,9%) imipenem (93,8% vs 90,9%, +2,9%), gentamicina (20% vs. 17,4%, +2,6%) e tetraciclina (15% vs. 13,3%, +1,7%). È stata, invece, riscontrata una totale suscettibilità verso vancomicina, teicoplanina e linezolid e una lieve diminuzione verso tigeciclina (97,3% vs. 100%, -2,7%) e daptomicina (95% vs. 97,8%, -2,8%). Conclusioni. I risultati dello studio evidenziano la presenza di profili di multiresistenza (MDR) in tutti i ceppi segnalati negli anni 2023 e 2024. Oltre alla totale resistenza verso cefoxitina e ampicillina, è emerso un aumento verso molteplici classi di antibiotici, come fluorochinoloni (ciprofloxacina, moxifloxacina), rifamicine (rifampicina), carbapenemi (imipenem), aminoglicosidi (gentamicina) e tetracicline (tetraciclina). Questi dati sono da attenzionare soprattutto in relazione con quelli nazionali (AR-ISS, 2023), che riportano percentuali di resistenza significativamente inferiori per penicilline (26,6%), fluorochinoloni (24,6%), rifamicine (4,6%) e aminoglicosidi (11%). Inoltre, dall’analisi emerge una lieve diminuzione nella suscettibilità verso tigeciclina e daptomicina nel 2024. Nonostante ciò, antibiotici come vancomicina, teicoplanina e linezolid, continuano a mostrare un’elevata efficacia, rappresentando un’importante risorsa per il trattamento di tali infezioni. L’analisi indica un trend in crescita dell’AMR nei ceppi di MRSA isolati presso il PO della Regione Molise, che rende più complessa la gestione delle infezioni. L’isolamento di ceppi MDR da diversi reparti e sedi sottolinea l’importanza di mettere in atto interventi più mirati di Infection Prevention and Control. È necessario, inoltre, ottimizzare l’applicazione dei programmi di antimicrobial stewardship, al fine di “guidare” verso un uso appropriato degli antibiotici e ridurre il rischio di selezione di ceppi MDR.


P38.

Andamento dell’antibiotico-resistenza in ceppi clinici di Pseudomonas aeruginosa isolati nel 2023 e nel 2024 presso il Presidio ospedaliero HUB della Regione Molise

G. Santoro1, M. Tamburro1, A. Lombardi1, M.L. Sammarco1,
C. Catena
2, G. Ripabelli1

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso; 2Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Patologia Clinica e Biochimica Clinica, Campobasso

Introduzione. Pseudomonas aeruginosa rientra tra i patogeni responsabili di infezioni correlate all’assistenza (ICA) e, appartenendo al gruppo ESKAPE, è anche caratterizzato da livelli elevati di antibiotico-resistenza (AMR). In questo studio, sono stati confrontati i dati di AMR in ceppi clinici isolati presso il Presidio ospedaliero (PO) HUB della Regione Molise. Metodi. L’analisi ha riguardato tutti gli isolati nel 2023 e 2024 segnalati nell’ambito del sistema di sorveglianza “alert organisms”, attivato presso il PO. La valutazione della suscettibilità agli antibiotici è stata effettuata in accordo con i breakpoint stabiliti dall’European Committee on Antimicrobial Susceptibility Testing (EUCAST). Risultati. Nel 2023, sono stati isolati 79 ceppi di P. aeruginosa isolati da pazienti (maschi 84%, età media 65,3±22,1 anni), ricoverati in differenti reparti, principalmente di malattie infettive (20,3%), rianimazione e medicina (15,2% ciascuno) e urologia (11,4%). Nel 2024, sono stati segnalati 52 ceppi dal 60% di pazienti di sesso maschile (età media 65,7±25,6 anni) e provenienti dai reparti di anestesia e rianimazione (16,7%), malattie infettive (13%) e nefrologia (11,1%). In entrambi gli anni, i ceppi sono stati soprattutto isolati da urinocoltura (26% nel 2023 vs. 38,9% nel 2024), emocoltura (15,6% vs. 13%), broncoaspirato (7,8% vs. 7,4%), esami colturali da ulcera (19,5% vs. 5,6%), catetere (5,2% vs. 1,9%), deiscenza (5,2% vs. 1,9%), tampone nasale (1,3% vs. 5,7%), lesione (1,3% vs. 1,9%) ed esame colturali non specificati (1,3% vs. 7,4%). Altri siti di infezione hanno incluso per i ceppi isolati nel 2023 esame colturale da ascesso, ferita, broncolavaggio, materiale purulento, tessuto e da tampone, mentre tampone auricolare, cutaneo e da ulcera, biopsia, secrezione, cannula orotracheale, liquido addominale rettale, faringeo e oculare per quelli del 2024. Negli isolati del 2024 rispetto a quelli dell’anno precedente è stato osservato un aumento della resistenza verso imipenem (24,5% vs. 21,1%, +3,4%), ceftazidime (30,6% vs. 27,6%, +3%) e nitrofurantoina (100% vs. 97,9%, +2,1%). Inoltre, tutti gli isolati, indipendentemente dall’anno, sono risultati resistenti ad ampicillina, amoxicillina/clavulanato, ertapenem, cefuroxime e tigeciclina. È stata, invece, riscontrata un’elevata suscettibilità verso amikacina, tobramicina e meropenem. Conclusioni. L’analisi comparativa dei dati nel 2023 e 2024 mette in evidenza un trend in lieve aumento dell’AMR, per alcune classi di antibiotici e una stabile e totale resistenza per altre. Tale scenario è preoccupante considerando i dati disponibili a livello nazionale (AR-ISS, 2023), che mostrano proporzioni di resistenza inferiori. Sia negli isolati del 2023, sia in quelli del 2024, la resistenza ai carbapenemi (imipenem) è stata più elevata rispetto al valore nazionale (17,1%), come per le cefalosporine di III/IV generazione (ceftazidime, 17,8%, AR-ISS). A ciò, si aggiunge un’elevata resistenza verso ampicillina, amoxicillina/clavulanato, ertapenem, cefuroxime e tigeciclina, mentre solo amikacina, tobramicina e meropenem continuano ad essere efficaci. In conclusione, il trattamento delle infezioni da P. aeruginosa rappresenta una sfida importante e l’aumento dell’AMR rende ancora più cruciale l’uso appropriato degli antibiotici. È essenziale rafforzare il monitoraggio e la sorveglianza dell’AMR, oltre all’adozione di misure di prevenzione e controllo e di un approccio basato su bundle.



Antimicrobial stewardship


P39.

Esperienze territoriali di antimicrobial stewardship: sinergia tra AFT e ASL

M.C. Conte1, M. Pasquale1, M. Perillo2, F. Guerriero3, I. Lieto3,
M.R. Troisi
2

1Direzione Sanitaria; 2UOC Qualità e Accreditamento - Rischio Clinico e Formazione; 3UOC Farmacia Territoriale - ASL Avellino

Introduzione. La necessità di interventi finalizzati a porre un freno al fenomeno dell’antibiotico-resistenza ha stimolato la nascita di programmi di stewardship antibiotica. La Direzione Sanitaria dell’Azienda Sanitaria Locale di Avellino (ASL AV), dal 2022, ha scelto di adottare, con un approccio multidisciplinare e integrato, implementando anche le pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, un piano operativo che spazia dal monitoraggio della prescrizione di alcune categorie di farmaci “target” all’organizzazione di eventi formativi destinati al personale sanitario. Metodi. L’ASL AV effettua periodicamente reportistiche sulle modalità prescrittive prodotte su 4 livelli distinti: ASL, distretti, AFT (Aggregazioni funzionali territoriali), MMG (medico di medicina Generale), al fine di evidenziare nel dettaglio le categorie terapeutiche soggette ad iperprescrizione e, soprattutto, relativamente agli antibiotici, quelle non aderenti alle linee guida AWARE (Access, Watch, Reserve). Le reportistiche sono oggetto di analisi e discussione durante gli incontri periodici tra farmacisti UCAD (ufficio di coordinamento delle attività distrettuali) e MMG. Sono state organizzate iniziative formative anche allo scopo di consolidare un modello di alleanza operativa tra ASL e AFT, fondato su condivisione di buone pratiche, standardizzazione dei percorsi prescrittivi e valutazione continua della performance. Inoltre, nei corsi dedicati alla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) – destinati a tutto il personale sanitario dipendente dell’ASL – si è scelto di dedicare uno spazio alla discussione del tema dell’antibiotico-resistenza e al suo peso sociale ed economico, oltre che sanitario, descrivendo anche un’applicazione, promossa dall’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), che rielabora le raccomandazioni fornite dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sulla gestione delle infezioni più comuni nei bambini e negli adulti. Snodo fondamentale nel sistema di monitoraggio dell’appropriatezza farmaceutica è il Nucleo Operativo (NOC) dedicato che ha un ruolo centrale nell’attuazione di strategie evidence-based, svolge periodiche attività di monitoraggio e di audit sulle prescrizioni, promuovendo la formazione continua dei prescrittori e attivando specifiche iniziative finalizzate al contenimento della spesa farmaceutica, riducendo il rischio di prescrizioni inappropriate. Il NOC per l’appropriatezza farmaceutica è parte dei Nuclei Operativi, istituiti con deliberazione ASL che, con un’articolazione organizzativa e capillare, esercitano un’attività di controllo sulle strutture pubbliche e private accreditate. Risultati. Nel corso del 2023 tali azioni hanno portato a una progressiva riduzione del consumo di antibiotici, andamento confermato anche nel 2024, in particolare nel II trimestre con una ulteriore riduzione del 10% rispetto allo stesso intervallo di tempo del precedente anno. I dati testimoniano l’efficacia dell’intervento integrato sul territorio mostrando una riduzione degli indicatori chiave come l’indicatore NSG (Nuovo Sistema di Garanzia) D14C, specifico per il monitoraggio del consumo di farmaci sentinella. Conclusioni. L’esperienza dell’ASL Avellino dimostra come un approccio sistemico all’appropriatezza prescrittiva – fondato su governance clinica, formazione continua, condivisione dei dati e audit – sia in grado di produrre risultati misurabili in termini di efficacia clinica, efficienza economica e contrasto all’antibiotico-resistenza.


P40.

Tempestività diagnostica e appropriatezza terapeutica nella sepsi: risultati di una valutazione retrospettiva nel reparto di medicina interna

T. Garraffa1, G. Di Lauro1, E. Dalla Fontana1, B. Pantolini1,
G. Coscia
2, L.N. Liberato2, R. Cursano1

1ASST Melegnano e Martesana, Unità Operativa Complessa Farmacia, Polo Ospedaliero di Vizzolo Predabissi, Vizzolo Predabissi; 2ASST Melegnano e Martesana, Unità Operativa Complessa Medicina Interna, Polo Ospedaliero di Vizzolo Predabissi, Vizzolo Predabissi

Introduzione. La sepsi e lo shock settico rappresentano ancora un’emergenza sanitaria: l’aumento delle comorbidità, dell’età media della popolazione e talvolta di una non rapida e puntuale diagnosi, sono alcuni dei fattori che comportano un aumento dell’incidenza benché ci siano state numerose campagne di sensibilizzazione negli ultimi anni. Il progetto aziendale dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale Melegnano e Martesana ha come obiettivo primario la valutazione dell’aderenza al Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) aziendale “Gestione della sepsi nel paziente adulto”, con particolare attenzione alla tempestività diagnostico-terapeutica e all’appropriatezza della terapia antibiotica. Il PDTA si basa sull’identificazione precoce del paziente settico attraverso l’utilizzo dei punteggi Modified Early Warning Score (MEWS) e Sequential Organ Failure Assessment score (SOFA) e promuove un intervento tempestivo secondo il principio della “golden hour”, in linea con le principali raccomandazioni internazionali. In particolar modo, prevede l’implementazione di indicatori tempo-dipendenti fondamentali, quali la misurazione precoce dei lattati, il prelievo di emocolture prima della somministrazione antibiotica e l’avvio tempestivo della terapia antibiotica endovenosa. Metodi. È stata condotta un’analisi retrospettiva sulle cartelle cliniche dei pazienti ricoverati nel reparto di Medicina dell’Ospedale di Vizzolo Predabissi tra il 2023 e il 2025 con diagnosi di sepsi o shock settico. Sono stati estratti i dati relativi a: tempo di esecuzione dell’emocoltura, dosaggio dei lattati e somministrazione dell’antibiotico entro 1 ora dal riconoscimento della sepsi o shock settico, nonché eventuale trasferimento in terapia intensiva/subintensiva. Risultati. Nel triennio analizzato sono stati esaminati 18 casi. Il campione è stato ottenuto estrapolando le cartelle cliniche dei pazienti per i quali la Farmacia Ospedaliera ha erogato terapie antibiotiche soggette a monitoraggio “ad personam” (richiesta motivata). L’emocoltura è stata eseguita entro 1 ora in 16/18 pazienti (88,8%), il dosaggio dei lattati in 16/18 (88,8%) e la somministrazione dell’antibiotico entro un’ora in 17/18 (94,4%). I pazienti con shock settico identificati (6/6) sono stati trasferiti in Terapia Intensiva o Subintensiva. In 13 pazienti gli antibiotici somministrati si sono dimostrati in linea con l’antibiogramma, confermando l’appropriatezza empirica iniziale. Nei restanti 5 casi si è osservato uno switch da terapia empirica a terapia mirata, attraverso adeguamento terapeutico mirato su base microbiologica. Gli antibiotici più prescritti sono risultati: piperacillina/tazobactam, meropenem, linezolid, daptomicina e, in casi selezionati, fosfomicina per via endovenosa. Conclusioni. L’analisi ha evidenziato una buona aderenza agli indicatori tempo-dipendenti previsti dal PDTA aziendale e una gestione clinica appropriata dei pazienti con sepsi e shock settico. Per 3 cartelle cliniche (1 relativa all’anno 2023 e 2 al primo semestre 2024) sono state rilevate discrepanze attribuibili a informazioni poco chiare o non dettagliate riguardanti gli indicatori di riferimento. Tali difformità sono riconducibili alla fase di transizione dalla cartella clinica cartacea a quella informatizzata, che ha reso meno agevole la reperibilità puntuale di questi dati. Questo progetto si inserisce in un percorso strutturato di antimicrobial stewardship, volto a promuovere un uso razionale degli antibiotici attraverso il monitoraggio continuo delle pratiche cliniche. L’iniziativa ha favorito una maggiore consapevolezza prescrittiva e offre un’opportunità concreta per consolidare la collaborazione tra farmacisti e clinici. Infine, l’adozione di strumenti digitali per la tracciabilità delle decisioni terapeutiche potrà ulteriormente rafforzare l’efficacia degli interventi futuri.


P41.

Monitoraggio del consumo ospedaliero di antibiotici sistemici mediante analisi DDD e benchmarking con dati nazionali: esperienza di antimicrobial stewardship presso una struttura sanitaria del nord Italia

M. Mantovani1, D. Bragantini2, M. Filosofo1, G. Gianfilippi3,
A. Grotto
4, I. Martignoni4, M. Gambera4

1Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Farmaceutiche, Milano; 2Servizio Infettivologia, Ospedale P. Pederzoli, Peschiera del Garda (VR); 3Direzione Sanitaria, Ospedale P. Pederzoli, Peschiera del Garda (VR); 4Servizio di Farmacia Ospedaliera, Ospedale P. Pederzoli, Peschiera del Garda (VR)

Introduzione. La resistenza antimicrobica (AMR) rappresenta una delle maggiori minacce per la salute pubblica globale, responsabile di aumentata morbilità, mortalità e costi sanitari. In ambito ospedaliero, il monitoraggio regolare e strutturato dei consumi antibiotici è fondamentale per la governance clinico-terapeutica, in linea con le indicazioni strategiche del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza (PNCAR) 2022-2025. Il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO) si è posto l’obiettivo di confrontare i dati locali con quelli nazionali pubblicati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) attraverso il Rapporto Nazionale Anno 2023 sul consumo di antibiotici e di definire aree prioritarie di intervento. Metodi. I dati relativi ai consumi degli antibiotici sistemici (Anatomical Therapeutic Chemical classification system ATC J01) sono stati estratti dall’anno 2020 al 2024 dal sistema gestionale dell’ospedale e successivamente analizzati tramite Microsoft Excel dal Servizio di Farmacia Ospedaliera e infettivologia. L’indicatore standard adottato è la Defined Daily Dose per 100 giornate di degenza (DDD/100 GdD) secondo la definizione fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). È stata condotta un’analisi dettagliata per singolo Centro di Costo (CdC), ponendo particolare attenzione alla classificazione Access, Watch e Reserve (AWaRe), raccomandata dall’OMS al fine di orientare la prescrizione verso antibiotici meno impattanti sulle resistenze. I risultati locali sono stati confrontati con benchmark geografici (area Nord Italia) e nazionali pubblicati nel Rapporto AIFA 2023, per valutarne il posizionamento relativo. Risultati. Il consumo medio totale di antibiotici sistemici rilevato nella struttura analizzata è risultato costantemente inferiore alla media nazionale (84 DDD/100 GdD nel 2023, dati AIFA) durante entrambi gli anni osservati. Nel dettaglio, negli anni 2020-2024 il valore aggregato della struttura è risultato anche inferiore rispetto ai benchmark regionali del Nord Italia. L’analisi per singolo CdC ha mostrato una significativa variabilità: CdC a prevalente attività chirurgica, terapia intensiva e pneumologia hanno registrato consumi più elevati, verosimilmente correlati alla complessità clinica e, per l’area chirurgica, al grado di contaminazione degli interventi eseguiti. Dalla valutazione dei consumi secondo classificazione AWaRe è emerso un progressivo miglioramento nella distribuzione prescrittiva, con una percentuale in crescita di antibiotici Access (a basso impatto su resistenze), sebbene il gruppo Watch continui a rappresentare la categoria predominante. Il Comitato Infezioni Ospedaliere (CIO), a seguito dei risultati emersi, ha approvato l’istituzione di un report periodico semestrale sul consumo di antibiotici, che viene diffuso regolarmente a tutti i professionisti sanitari della struttura. Conclusioni. L’analisi sistematica dei consumi ospedalieri di antibiotici mediante DDD e benchmarking nazionale si conferma uno strumento efficace per orientare interventi di antimicrobial stewardship e per governare strategicamente il rischio clinico correlato all’antimicrobico-resistenza. I risultati ottenuti hanno permesso al CIO di identificare aree di possibile inappropriatezza prescrittiva e avviare strategie mirate di formazione, sensibilizzazione e ottimizzazione terapeutica. L’approccio descritto, caratterizzato da semplicità operativa e immediata applicabilità, può essere replicato efficacemente in altre strutture sanitarie, contribuendo agli obiettivi strategici di contenimento dell’AMR indicati dal PNCAR 2022–2025 e rafforzando la cultura della responsabilità terapeutica tra gli operatori sanitari.


P42.

Analisi preliminare dei dati sul consumo di antibiotici nell’Ospedale HUB della Regione Molise negli anni 2023-2024

G. Sansone1, P. D’Anchera1, G. Massimo1, A. Ricci1, A. D’Amico1,
R. De Dona
1, A. Santagata1, N. Samprati1, V. Viccione1,
S. Manocchio
1, M.T. Pilla1, A. Salzo2, M. Tamburro3, M. Lamenta4, M.L. Sammarco3, M. Fantozzi4, G. Ripabelli1-3

1Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso; 2Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso; 3Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso; 4PO “A. Cardarelli”, UOS Farmacia Ospedaliera, Campobasso

Introduzione. La resistenza agli antimicrobici ha acquisito nel tempo i caratteri di una vera e propria emergenza sanitaria, tale da indurre le Organizzazioni nazionali ed internazionali ad adottare strategie e azioni atte a contenere il fenomeno. A tal fine, è necessario un approccio multidisciplinare volto a un uso ragionato degli antibiotici, sia in termini di dosaggio che di durata della terapia. A giugno 2023, presso il Presidio Ospedaliero (PO) HUB del Molise, è stato attivato un Programma di Antimicrobial Stewardship (AS). L’obiettivo dello studio è stato quello di esaminare l’andamento del consumo degli antibiotici nel PO, evidenziando trend temporali e identificando eventuali criticità al fine di pianificare interventi mirati. Metodi. Sulla base dei dati ottenuti dalla UOC di Farmacia Ospedaliera è stato possibile ricostruire il consumo dei farmaci antimicrobici ed antimicotici erogati per singolo reparto. Il consumo per classe di antibiotici è stato calcolato come numero di fiale e/o sacche e/o compresse richieste ed effettivamente utilizzate. I farmaci analizzati rientrano nelle categorie “Reserve & Watch”, cioè farmaci la cui prescrizione è ristretta ai soli medici infettivologi o che devono essere validati entro 48 ore dalla loro prescrizione, seguendo la classificazione adottata in ambito ospedaliero. È stato, quindi, confrontato il consumo nei semestri 2023 vs 2024. Risultati. L’analisi ha evidenziato un incremento del consumo dei farmaci Reserve rilevato dopo l’introduzione del Programma AS. Il consumo di linezolid (orale e infusionale) è aumentato del 21,2% (n=1.479) nel secondo semestre 2023 rispetto al precedente (n=1.220), per diminuire del 2,6% (n=1.441) nel primo semestre 2024 e risalire del 9,1% (n=1.572) nel secondo semestre. Nel complesso, l’aumento del consumo di linezolid registrato tra i due anni è stato pari all’11,6% (n=2.699 nel 2023 vs n=3.013 nel 2024). In merito al consumo di fosfomicina, dopo un iniziale incremento del 648,2% tra primo e secondo semestre 2023 (n=110 vs n=823), nel primo semestre 2024, è stato osservato un calo del 47,3% (n=434), seguito da una ulteriore diminuzione del 10,6% (n=388) nel semestre successivo. In totale, la riduzione del consumo di fosfomicina tra i due anni è stata dell’11,9% (n=933 vs n=822). Inoltre, nel secondo semestre del 2024, è stata introdotta la prescrizione di cinque nuovi farmaci della categoria Reserve, tra cui cefalosporine di V generazione e carbapenemi, rappresentati da ceftaroline fosamil (n=146), cefiderocol (n=436), meropenem-vaborbactam (n=63), dalbavancina (n=33) e ceftolozano+tazobactam (n=51). Conclusioni. Lo studio, sebbene ancora in corso, ha mostrato evidenti modifiche delle prescrizioni. Queste possono essere attribuite a differenti motivazioni, quali approvvigionamento di farmaci e/o dosaggi, necessità di operare un cambio di terapia, modifica o complessità delle patologie trattate, diverso uso degli antimicrobici per l’impatto del Programma AS. È in fase d’analisi la valutazione del consumo dei farmaci oggetto del presente studio mediante il calcolo delle DDD (Defined Daily Dose).


P43.

Interventi sostenuti di un programma di antimicrobial stewardship in un reparto chirurgico ad alto turnover

A. Tedesco1, G. Stroffolini1, F. Rizzolo1, C. Mazzi2, A. Angheben1,
A. Molinari
3, S. Cavalleri4, D. Brunelli3

1Dipartimento di malattie infettive e tropicali e Microbiologia;
2Unità di Ricerca clinica; 3Unità di Urologia; 4Direzione Sanitaria - Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, IRCCS, Negrar di Valpolicella, Verona

Introduzione. L’uso inappropriato degli antibiotici è uno dei principali fattori che contribuiscono allo sviluppo della resistenza antimicrobica. Le infezioni nosocomiali sono sempre più difficili da trattare e possono insorgere anche a causa di una profilassi antibiotica non appropriata (non mirata o prolungata). L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’impatto di un programma di antimicrobial stewardship (ASP) multimodale sul consumo di antibiotici nei pazienti in cura presso un reparto di urologia di un’istituzione italiana ad elevato turnover chirurgico, anche in relazione agli indicatori di gestione dei posti letto e agli esiti clinici sul paziente. Metodi. È stato condotto uno studio quasi-sperimentale, comprendente una fase pre-intervento (prima del 2022) e una fase di intervento con monitoraggio continuo e sorveglianza microbiologica (2023-2024), nel reparto di urologia dell’Ospedale IRCCS Sacro Cuore Don Calabria (VR). L’intervento ha incluso l’introduzione dell’autorizzazione antibiotica preventiva, profilassi antibiotica (AP) mirata non estesa, visite regolari in reparto, attività educative, sorveglianza attiva delle infezioni del torrente circolatorio e attività di audit e feedback prospettici. L’outcome primario era il consumo complessivo di antibiotici, carbapenemi e fluorochinoloni (FQ), misurato in Defined Daily Dose (DDD) per 100 giornate di degenza (PD). Gli outcome secondari includevano la sicurezza del paziente (riammissioni entro 30 giorni per complicanze infettive e non infettive), trasferimenti in terapia intensiva entro un anno, tassi di mortalità, infezioni da batteri multi-resistenti, e l’utilizzo di antibiotici secondo la classificazione AWaRe. Sono stati inoltre calcolati gli indicatori di gestione dei posti letto. Sono stati utilizzati i test del chi quadrato, delle proporzioni a due campioni e di Wilcoxon rank sum (Stata, versione 18). Risultati. Il DDD/100PD totale si è ridotto da 100 nella fase pre-intervento a 54,8 nel 2023 e 40,5 nel 2024 (p<0,05); il DDD/100PD per carbapenemi è passato da 7 a 2,2 (p<0,05); per i FQ da 9 a 3,5 (p<0,05). Le riammissioni per tutte le cause sono leggermente aumentate (dal 2,5% pre-intervento al 5,8% post-intervento, p<0,05), ma non per motivi infettivi (da 1,19% a 1,13%, p=0,94), nel contesto di un incremento dell’occupazione annua dei posti letto (da 57 a 115 nel 2024) e del tasso di occupazione degli stessi (da 75% a 85%), associato a una riduzione della degenza media (da 2,76 a 2,70 giorni) e dell’intervallo di turnover (da 0,89 a 0,45 giorni). La mortalità non è variata in modo significativo nel periodo considerato (dallo 0,03% allo 0,13%; p=0,53), così come i trasferimenti in terapia intensiva (dall’1,0% allo 0,6%; p=0,17). Conclusioni. L’ASP multimodale ha ridotto efficacemente il consumo complessivo di antibiotici, carbapenemi e FQ in un reparto urologico ad alto volume chirurgico. Nonostante il personale sovraccarico e il carico di lavoro elevato, l’ASP ha contribuito a mantenere un’assistenza sanitaria di alta qualità. Riconoscendo che l’effetto di un ASP può richiedere tempo, un effetto sostenuto degli interventi appare plausibile e dovrebbe essere monitorato nel lungo termine.



Igiene delle mani


P44.

Miglioramento della qualità dell’igiene delle mani negli operatori sanitari: un approccio multimodale basato su nuove tecnologie

F. Ammaturo1, C. Gizzi2, A. Napolitano1, V. Galluccio1,
G. D’Ambrosio
1, F. Petrone2

1Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud, Ospedale Santa Maria della Pietà, UOC Anestesia e Rianimazione, Nola (NA); 2Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) rappresentano una delle complicanze più gravi e frequenti dell’assistenza sanitaria. Le principali cause includono l’utilizzo di dispositivi invasivi, la presenza di patologie concomitanti e l’adozione inadeguata delle misure di prevenzione. L’igiene delle mani rappresenta la principale strategia preventiva per ridurre le ICA, ma la compliance degli operatori sanitari alle pratiche ottimali rimane bassa nella maggior parte dei contesti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) promuove dal 2005 un approccio multimodale che prevede formazione, feedback, reminder visivi e cultura della sicurezza. L’obiettivo dello studio è stato quello di verificare la compliance e la qualità del lavaggio delle mani negli operatori sanitari, mediante l’impiego di una strategia multimodale avanzata, dopo una adeguata formazione. Metodi. È stato condotto uno studio sperimentale non controllato nel periodo compreso tra gennaio e marzo 2023 presso l’Ospedale Santa Maria della Pietà dell’Azienda Sanitaria Locale Napoli 3 Sud, su un campione di Infermieri, Operatori Socio Sanitari (OSS) e Medici successivamente formati sulla corretta procedura del lavaggio delle mani secondo l’OMS. Per la valutazione è stato utilizzato il dispositivo Hand in Scan™, uno scanner dotato di sistema ottico UV e interfaccia con database online, in grado di analizzare in tempo reale la qualità della disinfezione delle mani, fornendo un feedback oggettivo delle aree coperte dal gel. Come da impostazione di fabbrica, la copertura della superficie del 95% è considerata accettabile per il palmo ed il dorso di entrambe le mani, separatamente. Risultati. Il campione era composto da 57 figure, di cui 39 Infermieri, 11 Medici e 7 OSS. La prima rilevazione ha mostrato che su 57 scannerizzazioni il 71% dei partecipanti ha raggiunto una percentuale accettabile di adesione all’igiene delle mani, con punte massime del 79,5% tra gli Infermieri, seguiti dagli OSS con il 71,4% e i Medici con il 45,5%. Le fasce di età con maggiore aderenza sono risultate quella tra i 25 e i 35 anni e quella dai 35 ai 45 anni, con oltre l’80% di operatori che hanno superato il test. Nella fascia di età che va dai 45 ai 55 anni e quella dai 55 in su la percentuale era del 66,7%. In riferimento al sesso il 71,9% dei maschi ha superato il test, mentre le donne erano il 72%. Alla seconda rilevazione, dopo aver ricevuto formazione a distanza di 15 giorni, il tasso di superamento del test è salito al 94%. In particolare hanno superato il test il 100% dei Medici, il 95,5% degli Infermieri e l’88,9% degli OSS. In riferimento al sesso il 94,1% dei maschi aveva una adesione accettabile, mentre le donne erano il 96%. L’incremento più evidente è stato osservato quindi tra i medici (+54,5%) e nel sesso femminile. In relazione all’età, la fascia che va dai 25 ai 35 anni ha registrato il 100% di superamento del test, la fascia che va dai 35 ai 45 anni il 93,7%, quella che va dai 45 ai 55 il 96,3% ed infine negli over 55 ha superato il test il 90,9% degli operatori. Le aree più frequentemente trascurate sono risultate i polpastrelli del primo e secondo dito e la quarta falange della mano sinistra. Conclusioni. L’introduzione di una strategia multimodale, associata all’impiego di tecnologie oggettive di valutazione come Hand in Scan™, ha determinato un miglioramento significativo della compliance all’igiene delle mani tra gli operatori sanitari. Il dispositivo si è rivelato uno strumento efficace nel migliorare la consapevolezza relativa alla corretta procedura del lavaggio delle mani. L’analisi dei dati ha evidenziato che le variabili età, genere e ruolo professionale possono influenzare i livelli di adesione. In definitiva quindi la promozione di buone pratiche igieniche mediante approcci tecnologici integrati e supportati da programmi formativi sono fondamentali per la prevenzione delle ICA e il miglioramento della qualità assistenziale e della sicurezza del paziente.


P45.

Igiene delle mani: la pandemia ci ha insegnato qualcosa? Osservazione sul campo e consumo di gel idroalcolico: strategie preventive e formative per migliorare l’adesione ad una pratica semplice e importantissima

R. Catella1, S. Spotti1, A. Fumagalli2, M.C. Casartelli2, E. Alberti2,
B. Porta
2, S. Cimetti2

1Direzione Medica; 2Ufficio Epidemiologico - Ospedale Sant’Anna, Como

Introduzione. L’igiene delle mani rappresenta un’azione economica, facile e rapida per ridurre le infezioni correlate all’assistenza (ICA). Dopo il termine della pandemia da Covid 19, si è osservato un progressivo decremento di tale azione. Recenti studi hanno dimostrato che programmi di miglioramento dell’igiene delle mani possono prevenire fino al 50% di infezioni, con una riduzione a meno del 2% dei costi attribuibili alle ICA evitate. Questa indagine si propone di valutare l’aderenza alla pratica dell’igiene delle mani di tutto il personale sanitario coinvolto nell’assistenza diretta ai pazienti presso i Presidi Ospedalieri di ASST Lariana dal 2020 al 2023. Metodi. Studio osservazionale longitudinale, retrospettivo e multicentrico. L’acquisizione dei dati è avvenuta dal 2020 al 2023 mediante modalità di raccolta dirette (scheda cartacea OMS) e indirette (consumo di gel idroalcolico - Litri/1.000 Giornate di Degenza Ordinaria - GDO). Setting di indagine e piano operativo di gestione dei dati: - l’indagine si è svolta presso i Presidi Ospedalieri di ASST Lariana ed ha valutato l’aderenza di medici, infermieri e OSS alla pratica di igiene mani; - il team aziendale, costituito ad hoc, ha effettuato osservazioni sul campo in modalità dichiarata, recandosi nelle Unità Operative/Servizi con cadenza almeno bimensile e rendicontando le opportunità osservate sulla scheda cartacea OMS. Risultati. Mentre nel 2020 i dati apparivano soddisfacenti, con il risolversi della Pandemia si è assistito ad una progressiva riduzione del consumo di gel idroalcolico, di pari passo ad una ridotta aderenza del personale alla pratica di igiene mani. I dati degli anni successivi mostrano infatti una progressiva riduzione dell’adesione alla pratica, fino ad arrivare a una media di aderenza del 48,73% nel 2023. Questo dato è confermato dal confronto con il consumo di gel idroalcolico, espresso in litri/giornate di degenza ordinaria, che mostra una drastica diminuzione passando da 28 l/1.000 GDO nel 2020, a 8 l/1.000 GDO nel 2023, ampiamente sotto la soglia indicata dall’OMS (20 l/1.000 GDO). Conclusioni. Appare evidente come la pratica dell’igiene mani sia da incentivare, promuovere e sostenere al fine di renderla un atto sistematico e diffuso, piuttosto che un’azione occasionale. Fondamentale, a tale scopo, risulta l’adozione di una strategia multimodale che includa disponibilità di risorse per l’igiene delle mani (acqua, sapone, soluzioni idroalcoliche e asciugamani monouso), formazione (teorica e pratica) continua, educazione (cartellonistica e sito aziendale dedicati), monitoraggio e feedback tempestivo nonché un clima di sicurezza con il coinvolgimento di tutto il personale, compresi i leader, nel promuovere un’adesione diffusa all’igiene delle mani, in quanto le figure di riferimento dell’organizzazione possono influenzare positivamente l’adesione a tale pratica.


P46.

Quis custodiet ipsos custodes? Formazione e coerenza nella valutazione dell’igiene delle mani

D. Donati, G.A. Miccoli, N. Petrosillo

Direzione Sanitaria, Servizio Prevenzione e Controllo Infezioni, Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Roma

Introduzione. L’igiene delle mani è il singolo intervento più efficace per prevenire le infezioni correlate all’assistenza. L’osservazione diretta, basata sui 5 momenti dell’OMS, è considerata il gold standard per misurarne l’adesione. Tuttavia, la qualità dei dati osservazionali dipende dalla formazione e dall’accuratezza degli osservatori. È quindi necessario garantire la corretta identificazione delle opportunità e delle azioni di igiene delle mani e assicurare un elevato grado di concordanza tra osservatori. L’obiettivo del progetto è quello di sviluppare e implementare un programma formativo in grado di produrre osservatori competenti, capaci di rilevare con precisione l’adesione all’igiene delle mani e raggiungere un adeguato livello di concordanza con osservatori esperti. Metodi. Presso la Fondazione PUCBM, nell’anno 2023, è stata aggiornata la metodologia di formazione degli osservatori per il monitoraggio e la promozione dell’igiene delle mani nei contesti assistenziali. Il nuovo programma, coordinato dal Servizio Prevenzione e Controllo Infezioni, include: • formazione teorica: utilizzo dei materiali didattici ufficiali dell’OMS (slide, video) inerenti i concetti base di igiene e i meccanismi di trasmissione dei microrganismi attraverso le mani, con introduzione ai 5 Momenti; • formazione pratica: esercitazioni su video clinici reali, compilazione della scheda di rilevazione dell’OMS, correzione interattiva; • project work: osservazione e registrazione sul campo di 30 opportunità senza errori di compilazione legati all’interpretazione della scheda di rilevazione; • validazione finale: osservazione e registrazione sul campo di 30 opportunità in parallelo con un osservatore esperto. Per valutare la concordanza è stato utilizzato il coefficiente di Kappa di Cohen. Valori di Kappa ≥ 0,8 sono stati considerati adeguati; • follow-up: verifica, analisi e feedback periodici dell’attività, re-training annuale. Il corso è stato erogato da un infermiere epidemiologo e un medico infettivologo in modalità mista (formazione sincrona e asincrona), con una durata complessiva di 5 ore, comprensive di project work e attività di formazione sul campo. Risultati. Nel corso del 2023, 28 professionisti sanitari sono stati formati e validati secondo la nuova metodologia. Al termine del percorso formativo, non sono stati rilevati errori di compilazione riconducibili a un’interpretazione non corretta della scheda di rilevazione. Il test di validazione finale, diretto a verificare la coerenza nella classificazione dei comportamenti osservati tra i nuovi osservatori e l’osservatore esperto, ha evidenziato un livello di concordanza molto buono per tutti i partecipanti, con valori di Kappa di Cohen ≥ 0,8. In particolare, la concordanza media è risultata pari a 085 (IC 95%: 0,81-0,89). Nel 2024, l’86% dei professionisti ha rispettato le attività previste dal follow-up, risultando in regola con quanto stabilito. Conclusioni. La formazione degli osservatori e la qualità delle loro rilevazioni sono essenziali per la promozione e il monitoraggio dell’adesione all’igiene delle mani. Il programma proposto ha favorito il coinvolgimento del personale e ha sviluppato consapevolezza, responsabilità e capacità analitiche, migliorando precisione e concordanza delle rilevazioni. Tuttavia, esistono alcune limitazioni, legate principalmente al numero contenuto di osservazioni e alla possibile presenza di un effetto Hawthorne. Infine, la non completa adesione al follow-up, influenzata dal turn over del personale, evidenzia la necessità di una pianificazione formativa ciclica e continuativa. In conclusione, un programma di formazione teorico-pratica, con momenti di affiancamento e verifica, può supportare la realizzazione di una rete di osservatori capaci di garantire un sistema di monitoraggio più realistico ed efficace. Questa strategia può rafforzare l’impatto concreto dell’attività di sorveglianza sulla prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti.




P47.

Nuovi strumenti per vecchi problemi: l’aderenza all’igiene delle mani. Progetto Gulliver: vedere l’invisibile

F. Zanini1, P. Bellesia2, M. Lecce2, A. Saporiti3, G. Migliorino4,
M. Colzani
5, C. Baccilieri2, V. Bettamio6, F. Bocci7

1DH Medico, CICA, ASST Nord Milano, Cinisello Balsamo; 2Qualità e Risk Management, ASST Nord Milano, Cinisello Balsamo; 3Recupero e Riabilitazione funzionale, ASST Nord Milano, Cinisello Balsamo; 4SC Terapia Intensiva, ASST Nord Milano, Sesto S. Giovanni; 5Direzione Medica di Presidio, ASST Nord Milano, Cinisello Balsamo; 6Direzione Sanitaria, ASST Nord Milano, Cinisello Balsamo; 7Ordine psicologi Lombardia

Introduzione. L’igiene delle mani è una componente chiave delle strategie di sanità pubblica volte a prevenire l’insorgenza di infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICA). È dimostrato che questa pratica, semplice ed efficace, ha notevoli vantaggi dal punto di vista sia sanitario che economico: si stima infatti che possa prevenire fino al 50% delle ICA. Tuttavia è anche la misura più disattesa dagli operatori sanitari, come confermato dalla survey nazionale. La situazione in ASST Nord Milano coincide con quella nazionale con un trend di consumo in declino dopo il picco del 2020 a fronte di una continua attività di sorveglianza e formazione da parte di un gruppo esperto aziendale team igiene mani. Da queste premesse nasce il nostro “Progetto Gulliver: vedere l’invisibile”. Lo scopo del nostro studio è quello di valutare l’impatto di un metodo formativo innovativo basato sulla Metaverso in tema igiene mani attraverso un percorso immersivo ad elevato grado di interattività per gli operatori sanitari portati a vedere l’invisibile, ovvero ciò che sta sulle nostre mani, e chiamati a fare scelte nel mondo virtuale in situazioni comuni della quotidianità lavorativa ospedaliera. Metodi. L’esperienza è stata progettata da un gruppo di professionisti esperti in tema di ICA dell’ASST Nord Milano. Il metaverso è stato creato dalla società informatica Igoover. Il percorso virtuale si è articolato in due fasi: un viaggio all’interno della cute seguito da situazioni cliniche incentrate sui cinque momenti dell’igiene delle mani secondo l’OMS. Per verificare l’impatto di questo metodo innovativo, ad un campione selezionato di partecipanti è stato somministrato un questionario per valutare lo stato di flow, che è la condizione mentale in cui un individuo è completamente immerso in un’attività, con un alto livello di concentrazione e soddisfazione. Ogni dimensione è stata valutata su una scala Likert a 5 punti e i risultati sono stati analizzati da uno psicologo esperto. Per valutare l’impatto di questa metodica formativa sul comportamento degli operatori sanitari è stata inoltre condotta un’analisi del consumo di soluzione idroalcolica (l/1.000 GDO) nel primo quadrimestre del 2025, comparato al dato storico degli anni precedenti. Risultati. Sono stati formati 762 operatori sanitari tra novembre 2024 e marzo 2025. Il questionario è stato compilato da 447 partecipanti. Il 90% dei partecipanti ha raggiunto lo stato di flow durante l’esperienza VR. Le caratteristiche del flow più frequentemente riportate includevano un alto livello di concentrazione (92% dei partecipanti), una chiara percezione dei contenuti presenti (88%), e un feedback immediato (85%). La perdita del senso del tempo è stata rilevata dall’82% dei partecipanti, mentre l’equilibrio tra sfida e abilità è stato percepito dal 78%. Il 95% dei partecipanti ha riferito di essere riuscito ad immergersi fin da subito nell’ambiente virtuale. L’analisi dei dati di consumo di soluzione idroalcolica nel primo quadrimestre 2025 (12,05 l/1.000 GDO) denota un trend incrementale rispetto al dato annuale del 2024 (11,07 l/1.000 GDO). Conclusioni. I risultati suggeriscono che il progetto Gulliver si è dimostrato uno strumento efficace per ottenere modificazione nel comportamento degli operatori sanitari sull’aderenza alla misura di igienizzazione delle mani. Il dato più tangibile nella nostra esperienza è stato l’incremento del consumo di soluzione idroalcolica. L’analisi dal punto di vista psicologico sottolinea la potenza delle nuove tecnologie in tema di formazione. Le caratteristiche del flow osservate sono coerenti con la letteratura esistente, confermando l’importanza di un design esperienziale ed interattivo che faciliti il trasporto emotivo nell’ambiente virtuale. Questi risultati hanno implicazioni significative per l’uso della realtà immersiva in contesti formativi sanitari.





Igiene ambientale


P48.

Strategie di governance del servizio di igiene ambientale in ambito ospedaliero: l’esperienza dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale

D. Zago1, G. Virgili2, C. Cargnelutti3, Z. Chantal3, M. Giacuzzo3,
R. Cocconi
4, M. Fratta5, G. Borghi5, M. Pascolo2, D. Montemurro6

1Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Udine; Direzione Medica di Presidio, PO Santa Maria della Misericordia, Udine; 2Direzione Medica di Presidio, PO Santa Maria della Misericordia, Udine; 3Gruppo Operativo Rischio Infettivo, Direzione Medica di Presidio, P.O. Santa Maria della Misericordia, Udine; 4SOSC Rischio Infettivo Ospedaliero, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 5SOSD Gestione e Sviluppo dei Processi Infrastrutturali, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale; 6Direttore di Dipartimento di Assistenza Ospedaliera, Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale

Introduzione. La sanificazione ambientale rappresenta un elemento cruciale per la prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza, soprattutto in ambito ospedaliero, dove la contaminazione delle superfici può fungere da serbatoio per microrganismi patogeni. La letteratura evidenzia come sistemi di gestione strutturati di pulizia ambientale e audit regolari possano ridurre significativamente il rischio infettivo. In tale ottica, l’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale (ASUFC) ha aderito alla Convenzione CONSIP per il servizio di igiene ambientale, affidando l’appalto a una ditta esterna dal 1° agosto 2022. È stato inoltre istituito un sistema di controllo tramite la nomina di un Direttore dell’Esecuzione del Contratto (DEC) e di assistenti al DEC. Lo scopo del lavoro è valutare quanto l’applicazione di un sistema di monitoraggio e verifica del servizio erogato da una ditta appaltata abbia apportato in termini di miglioramenti della qualità del servizio stesso. Metodi. Le strategie di governance si sono articolate in: 1. revisione del Piano Dettagliato di Attività in collaborazione con la ditta appaltata; 2. redazione di un Manuale specifico con il coinvolgimento di una ditta esterna per l’esecuzione di controlli in contraddittorio attraverso il monitoraggio di standard qualitativi e quantitativi, per individuare e correggere eventuali scostamenti rispetto ai livelli prestazionali definiti come ottimali; 3. stesura di un’istruzione operativa per la gestione dell’igiene ambientale, con particolare attenzione ai locali a contaminazione controllata (camere bianche, criogenia), per i quali è stata garantita una formazione aggiuntiva al personale; 4. Infection Control Round condotti a campione dai professionisti del Gruppo Operativo privilegiando le aree a rischio sanitario, soprattutto quelle ad alto rischio. In particolare, per la valutazione della qualità del servizio nel 2024, ASUFC ha incaricato una ditta esterna di redigere un report basato su due indicatori: • Indice Generale di Prestazione (IGP): misura della qualità generale del servizio (soglia minima 1.0); • Numero di Non Conformità (NC): errori rilevati durante le ispezioni, distinti per aree a basso rischio (BR) e a rischio sanitario (SAN). Risultati. L’indice IGP ha mostrato un trend positivo nel corso dell’anno: da 0,83 nel I trimestre a 0,95 nell’ultimo (miglioramento complessivo del 14,5%). Tuttavia, la media complessiva non ha mai raggiunto la soglia minima. L’analisi per aree di rischio ha evidenziato performance costantemente superiori alla soglia nelle aree BR (es. 1,14 nel secondo trimestre), a fronte di valori inferiori, seppur in miglioramento, nelle aree SAN. Le NC hanno registrato un netto miglioramento: nelle aree SAN sono scese da 162 a 60 (-63%), mentre nelle aree BR da 28 a 5 (-82%). L’analisi per singolo presidio aziendale conferma il trend: prestazioni eccellenti in aree BR, ma persistenti criticità nelle aree SAN, sebbene in progressivo miglioramento, riconducibili anche alla presenza di strutture ospedaliere datate, che presentano limiti oggettivi. Conclusioni. L’esperienza di ASUFC dimostra l’efficacia di un sistema di governance strutturato per la gestione dei servizi di igiene ambientale, che include formazione, audit esterni e coinvolgimento di professionisti esperti. Il miglioramento degli indicatori, in particolare la drastica riduzione delle NC, evidenzia un impatto positivo delle misure adottate. Tuttavia, il mancato raggiungimento della soglia minima dell’indice IGP nelle aree SAN sottolinea la necessità di ulteriori interventi mirati, oltre che di un investimento per il rinnovamento delle strutture. L’evoluzione del sistema di monitoraggio e la revisione periodica delle procedure rappresentano elementi chiave per il mantenimento e il miglioramento della qualità del servizio.




Formazione – Educazione


P49.

Un modello formativo esperienziale per la gestione del rischio infettivo: dalla teoria alla simulazione pratica per gli studenti del corso di laurea in Medicina e Chirurgia

F. Argentieri1, V. Ferraioli1, A. Longo1, L. Saieva1, R. Florida1,
M. Zerbinati
1, E. Lampis2, R. Cocconi2, S. Brusaferro1

1Università degli Studi di Udine; 2Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale (ASUFC)

Introduzione. Le infezioni correlate all’assistenza (ICA) coinvolgono circa il 7,1% dei pazienti ospedalizzati secondo dati ECDC (2023). In Italia, uno studio dell’ISS Epicentro (2024) ha riportato una prevalenza dell’8,8%, mentre in ASUFC è risultata del 6,7%, con l’Ospedale di Udine al 7,2%. Un report ECDC del 2024 stima oltre 3,5 milioni di ICA, di cui il 50% prevenibile con adeguate misure di infection control. La letteratura sottolinea la necessità di potenziare la formazione in prevenzione e controllo delle infezioni (IPC) sin dai corsi di Laurea, vista la carente applicazione pratica lamentata dagli studenti. Dati ASUFC del 2023 evidenziano inoltre una scarsa compliance nelle procedure igieniche tra gli specializzandi. In risposta a queste criticità, è stato sviluppato un tirocinio esperienziale per fornire competenze pratiche in IPC e promuovere una cultura della sicurezza tra gli studenti del corso di laurea in Medicina e Chirurgia. Metodi. Il percorso formativo ha adottato un approccio multifasico combinando teoria, pratica e simulazione. Ha avuto inizio con lezioni sulla governance del rischio infettivo in ASUFC, sui pilastri del PNCAR ed i dati epidemiologici nazionali/locali. Sono stati evidenziati gli ambiti di applicazione diretta delle conoscenze, come l’igiene delle mani, i care bundle e gli screening dei principali microrganismi nei reparti ospedalieri. L’enfasi è stata posta sulle principali ICA sorvegliate, al protocollo di segnalazione “Smart Run Chart” aziendale e sulle precauzioni individuali e ambientali. La sessione Hands-On ha incluso: igiene delle mani (box pedagogico a luce UV), training sull’uso dei dispositivi di protezione individuali e la gestione dell’isolamento. Il nucleo dell’esperienza è stato costituito da simulazioni realistiche svolte al “Centro di Simulazione e Alta Formazione UDINE SIMULA” basati sul Problem-Based Learning e Role Playing, affrontando casi in vari setting assistenziali (ospedalieri/ territoriali) per patologie infettive come: Scabbia, C. difficile, Legionella, Morbillo e Varicella. Obiettivo della formazione era quello di analizzare i dati clinici, valutare le opzioni terapeutiche, identificare le procedure di notifica e attuare misure di prevenzione/controllo. Risultati. L’iniziativa ha ottenuto un riscontro positivo. Un questionario anonimo tra 162 studenti ha rivelato che il 90,74% (147 su 162) ha fornito feedback positivi, mentre il 9,26% (15 su 162) negativi. I commenti qualitativi hanno apprezzato l’approccio “imparare facendo”, il realismo degli scenari e le discussioni interattive. Questo risultato è in linea con studi internazionali che dimostrano come la formazione basata sulla simulazione migliori conoscenze, self-confidence e soddisfazione degli studenti riguardo a l’IPC. Una percentuale del 61,9% degli studenti suggerisce la necessità di ricevere tali metodologie didattiche in futuro. Conclusioni. Questo progetto valuta l’efficacia dell’apprendimento esperienziale e delle simulazioni nell’affrontare il divario tra teoria e pratica in ambito IPC. L’approccio si allinea alle moderne metodologie didattiche come i serious game e supera le limitazioni della formazione frontale, mettendo lo studente al centro. La maggiore implementazione di tali modelli fin dai corsi universitari potrebbe favorire un incremento della compliance alle buone pratiche dell’IPC. Prospettive future includono: l’introduzione di strumenti di valutazione oggettiva delle competenze come le Objective Structured Clinical Examination (OSCE) dedicate all’IPC; coinvolgimento di studenti/lavoratori di altre professioni sanitarie; introduzione del near-peer teaching, dove studenti più avanzati agiscono da tutor. L’integrazione con tecnologie emergenti come la Realtà Virtuale/Aumentata amplierà ulteriormente l’offerta formativa. Questo modello formativo risulta essere efficace nel potenziare conoscenze e abilità pratiche degli studenti universitari in ambito IPC, al fine di implementare la cultura della prevenzione dei futuri medici.


P50.

Formazione ed esigenze formative su prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza negli operatori dell’ospedale HUB della Regione Molise

G. Ripabelli1, M.L. Sammarco1,2, A. Lombardi1,2, A. Salzo3,
G. Santoro
2, A. Santagata2, V. Viccione2, N. Samprati2,
S. Manocchio
2, M. Tamburro2

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, 2Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso;
3Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. La formazione continua per il personale sanitario su prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) contribuisce alla riduzione dell’incidenza e alla sicurezza dei pazienti, garantendo la qualità dell’assistenza. Negli operatori sanitari del Presidio Ospedaliero (PO) HUB della Regione Molise, da aprile 2025, è stata avviata una survey on line per valutare la formazione ricevuta e quella ritenuta necessaria sulla tematica. Metodi. La raccolta anonima di dati demografici, professionali e riguardanti la formazione acquisita e quella necessaria è stata effettuata attraverso un questionario precedentemente validato e costruito su Google moduli. Risultati. Al momento dell’analisi (luglio 2025), alla survey hanno partecipato 83 operatori (età mediana 43 anni, range 29-62), dei quali il 60% era afferente a reparti dell’area medica e il 75,9% rappresentato da medici e infermieri. Gli operatori hanno dichiarato di aver ricevuto formazione specifica su igiene delle mani (88%), seguita da uso di dispositivi di protezione individuale-DPI (79,5%), uso dei guanti (62,7%) e sicurezza dei taglienti (56,6%). Percentuali nettamente inferiori sono state osservate per la formazione su asepsi, antisepsi e corrette procedure (38,6%); pulizia/disinfezione delle superfici ambientali (36,1%); etichetta respiratoria (34,9%); sterilizzazione di strumenti/dispositivi (33,7%) e pratiche di iniezioni sicure (31,3%). In una scala da 1 (minima) a 6 (ottima), l’offerta di formazione e aggiornamento su pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni (IPC) nel proprio reparto è stata valutata con un punteggio di 1-2 (minima) dal 43,4%. Gli operatori hanno anche riportato che incontri formativi sulle ICA nel PO/unità operativa sono svolti una volta all’anno (44,6%) o mai (38,6%), soprattutto attraverso convegni (42,2%) e webinar (26,5%). Tra le 5 attività per cui gli operatori ritengono indispensabile migliorare la formazione sono state indicate: pulizia/disinfezione di superfici ambientali con protocolli chiari (49,4%); isolamento spaziale o funzionale di pazienti infetti/colonizzati da organismi multiresistenti-MDRO (47%); buone pratiche per l’igiene delle mani (41%) e per le precauzioni aggiuntive per MDRO (37,3%); studi di prevalenza periodici su ICA e utilizzo di antibiotici (36,1%). Al contrario, il 55,4% non ritiene fondamentale un aggiornamento su buone pratiche per l’igiene delle mani, come su sicurezza dei taglienti (50,6%), pratiche di iniezioni sicure (45,8%), buone pratiche per l’uso di DPI (43,4%) e guanti/camici (30,1%). Gli operatori hanno, infine, indicato che per migliorare le competenze in tema di IPC sarebbero molto utili risorse/strumenti formativi aggiornati (59%) e prove pratiche (43,4%). Conclusioni. I risultati preliminari dello studio hanno evidenziato che la formazione degli operatori sulle precauzioni standard e aggiuntive, essenziali per la prevenzione delle ICA, è carente. Infatti, se circa il 90% ha dichiarato di aver ricevuto formazione specifica sull’igiene delle mani, meno della metà l’ha ricevuta su altri topic anch’essi fondamentali (es. pratiche di iniezioni sicure, disinfezione di superfici, asepsi/antisepsi, ecc.). È emersa anche una mancanza di uniformità nella formazione che, portando a livelli di conoscenza e competenza differenti, può avere un impatto significativo sull’adozione omogenea di pratiche corrette e sull’efficacia di programmi di IPC. Ai differenti bisogni formativi, si aggiunge una scarsa offerta formativa su pratiche IPC nel PO/reparto, valutata come appena sufficiente solo dal 30% degli operatori. I risultati preliminari della survey mostrano la necessità di implementare programmi formativi aggiornati e mirati sulle evidenze, standardizzando i contenuti per comprendere gli aspetti essenziali nella prevenzione delle ICA.


P51.

Conoscenze in materia di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza negli operatori sanitari dell’Ospedale HUB della Regione Molise

M. Tamburro1, M.L. Sammarco1, A. Lombardi1, G. Sansone2,
G. Santoro
1, R. De Dona2, A. D’Amico2, M.A. Di Palma1-3,
G. Ripabelli
1-3

1Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Medicina e di Scienze della Salute “V. Tiberio”, Campobasso; 2Università degli Studi del Molise, Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Campobasso; 3Azienda Sanitaria Regionale del Molise, Campobasso

Introduzione. Una solida base di conoscenze nel personale sanitario, unita alla corretta applicazione di pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni (IPC), è fondamentale per il controllo del rischio infettivo in ambiente ospedaliero. Da aprile 2025, è stata avviata una survey on line per valutare le conoscenze sulle principali misure di prevenzione e controllo delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) negli operatori del Presidio Ospedaliero (PO) HUB della Regione Molise. Metodi. La raccolta anonima di dati demografici, professionali e riguardanti le conoscenze è stata effettuata attraverso un questionario precedentemente validato e costruito su Google moduli. Risultati. Al momento dell’analisi (luglio 2025), i rispondenti sono stati 83 (età mediana 43 anni), dei quali il 75,9% era rappresentata da medici e infermieri. In una scala da 1 (poco importante) a 6 (molto importante), le azioni prioritarie per la prevenzione e il controllo delle ICA ritenute molto importanti sono state: sterilizzazione di strumenti/dispositivi (92,8%); igiene delle mani (89,2%); pulizia/sanificazione ambientale (86,7%); corretta gestione di aghi/taglienti (83,1%); adozione di procedure di isolamento di infetti/colonizzati da organismi alert/multiresistenti-MDRO (81,9%); corrette procedure per l’esecuzione di iniezioni (75,9%); uso di dispositivi di protezione individuale (74,7%); igiene respiratoria (72,3%); corretta manipolazione/pulizia di effetti letterecci sporchi (69,9%); disponibilità di dispenser di gel idroalcolico al point of care (62,7%); report periodici di sorveglianza su MDRO (60,2%). Il 64% e 53% non sono risultati a conoscenza della disponibilità di procedure/linee guida su IPC nel proprio reparto e di procedure redatte nell’ambito del programma assistenziale di “Igiene ed Epidemiologia ospedaliera”. Tra queste, gli operatori hanno indicato soprattutto di conoscere la procedura per la prevenzione delle infezioni delle vie urinarie e la corretta gestione del catetere vescicale e quella per la gestione degli accessi vascolari. Se il 64% degli operatori non è risultato a conoscenza di cosa sia un bundle, il 90% ha anche affermato di non sapere se quelli per il controllo e la prevenzione delle ICA siano disponibili nel proprio reparto. Inoltre, in una scala da 1 (minima) a 6 (ottima conoscenza), il 38,6% ha valutato con punteggio di 4 (sufficiente) le proprie conoscenze sulla legislazione in materia di pratiche di IPC. Conclusioni. I risultati preliminari dell’indagine mostrano un livello di conoscenze da migliorare. Infatti, se da un lato, molte azioni per la prevenzione e il controllo delle ICA sono state valutate come molto importanti, altre sono state ritenute tali solo dalla metà degli operatori, probabilmente a causa di una ridotta consapevolezza. Ciò, infatti, è risultato coerente con l’autovalutazione delle loro conoscenze come ad esempio su IPC, bundle e procedure disponibili nel PO/reparto. Questa situazione può comportare svantaggi significativi, in quanto è noto che gli operatori attraverso un appropriato livello di conoscenze, possono avere un ruolo fondamentale nel controllo del rischio infettivo e nella diffusione di buone pratiche. Questi dati, sebbene siano relativi solo ad un campione di tutti gli operatori in servizio nel PO, sottolineano la necessità di programmare incontri di formazione/aggiornamento specifici.




Miscellanea

P52.

Dispositivi mobili e rischio infettivo in ambito sanitario: una survey di consapevolezza per gli operatori

D. Accorgi1, R. Raffaelli2, T. Procopio2, A. D’Angelo Pizzolo2,
P. Zoppi
3

1Azienda USL Toscana Centro, SOC Assistenza Infermieristica, Area Territoriale, Prato; 2Azienda USL Toscana Centro, SOC Monitoraggio, Qualità e Accreditamento, Firenze; 3Azienda USL Toscana Centro, Dipartimento Assistenza Infermieristica e Ostetrica, Firenze

Introduzione. I dispositivi mobili personali (DMP), in particolare gli smartphone, sono ampiamente utilizzati anche in ambito sanitario, dove facilitano l’accesso rapido a protocolli e risorse cliniche. Tuttavia, la frequente manipolazione, unita a una non sempre adeguata igiene delle mani, li rende potenziali serbatoi di microrganismi patogeni. Numerosi studi hanno dimostrato che fino al 100% dei telefoni analizzati in ambienti ospedalieri risultano contaminati da microrganismi, tra cui Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa ed Escherichia coli, spesso portatori di geni di virulenza (fino a 347 identificati) e di resistenza agli antibiotici (oltre 130 tipi). Durante la pandemia da Covid-19, la presenza di RNA virale di SARS-CoV-2 è stata rilevata nel 38,5% dei DMP di operatori sanitari, anche dopo la sanificazione di mani e superfici. Una revisione sistematica (2023) ha inoltre evidenziato che fino al 68% degli smartphone del personale sanitario ospitava microrganismi, spesso multiresistenti. Questo studio pilota intende indagare la consapevolezza del personale sanitario sul rischio infettivo associato ai DMP, analizzando pratiche d’uso, protezione e sanificazione, nonché la percezione soggettiva del rischio. Metodi. La raccolta dati è avvenuta tra il 22 aprile e il 10 maggio 2024 tramite un questionario online anonimo (Google Moduli), composto da 17 domande, rivolto principalmente a infermieri, ostetriche e operatori socio sanitari (OSS). Il questionario comprendeva domande chiuse (dicotomiche e a risposta multipla) e uno spazio per commenti. Le aree indagate includevano dati anagrafici e professionali, tipo di protezione del dispositivo (cover e pellicole), frequenza e modalità di sanificazione, comportamenti d’uso (gestione delle telefonate e modalità di deposito) e percezione del rischio infettivo per sé, per i pazienti e per altri. Risultati. Hanno risposto 1.089 operatori: 73% infermieri, 20% OSS, 3% medici e 4% altre professioni. Il 76% utilizza cover porose, difficili da sanificare; il 50% applica pellicole in plastica o idrogel, più soggette a trattenere sporco rispetto al vetro temperato. Il 61% appoggia i DMP sui piani di lavoro e l’82% li conserva nelle tasche della divisa, condizioni che favoriscono la contaminazione crociata. Il 35% sanifica raramente il dispositivo, favorendo la moltiplicazione microbica. Il 73% degli operatori risponde alle chiamate avvicinando il telefono all’orecchio, entrando così in contatto diretto con i microrganismi che si trovano sul dispositivo. Contemporaneamente, i microrganismi provenienti dalle vie aeree possono trasferirsi sul telefono, creando un ciclo di costante contaminazione. Solo il 50% riconosce esplicitamente il DMP come un oggetto di uso quotidiano che aumenta il rischio infettivo o come possibile veicolo di contaminazione, mentre il 35% non si esprime in merito e quindi non si è soffermato a riflettere su questo aspetto. Dai commenti è emerso anche il tema degli smartwatch, orologi intelligenti connessi ai telefoni, che potrebbero rappresentare un ulteriore veicolo di contaminazione. Conclusioni. I risultati evidenziano la necessità di includere il tema dei DMP nella formazione aziendale sull’igiene delle mani, con raccomandazioni specifiche e strumenti informativi visivi come infografiche per promuovere comportamenti sicuri.


P53.

Endocardite di valvola protesica (PVE): una condizione pericolosa per la vita?

I. Gianfrancesco1, A. Nardone1, C. Dalle Carbonare1, A. Liguori1,
C. Lillo
1, J. Moretti1, M. Cristiano2, M. Pucci2, R. Citro1,2

1Dipartimento di Medicina e Scienze della Salute “Vincenzo Tiberio”,
Università degli Studi del Molise, Campobasso;
2Responsible Research Hospital, UOC Cardiologia Clinica e Cardio-Imaging, Campobasso

Introduzione. Caso clinico: uomo di 74 anni accede al PS per febbre con brividi. Il paziente era stato circa un anno prima sottoposto a sostituzione della valvola aortica con protesi biologica (Perimount Magna Ease 25 mm) e sostituzione dell’aorta ascendente con una protesi di 28 mm in dilatazione fusiforme dell’aorta ascendente (50 mm) e insufficienza valvolare aortica severa. In anamnesi patologica remota: ipertensione arteriosa e pregressa asportazione di neoplasia renale destra. Metodi. In PS l’ecocardiogramma transtoracico (TTE) solleva il sospetto di endocardite, vengono eseguite emocolture, viene iniziata terapia antibiotica empirica e il paziente viene trasferito presso la nostra Unità Operativa di “Cardiologia Clinica e Cardio-imaging”. All’arrivo paziente asintomatico per angor e dispnea. Segni vitali: PA 100/60 mmHg; FC 74 bpm; SpO2 96% in AA, Tc 37°C. ECG: ritmo sinusale con blocco AV di I grado e anomalie aspecifiche della RV. Gli esami ematochimici evidenziano: anemia normocromica normocitica (Hb 9,2 g/dl, VMC 85,4 fl, MCH 28,3 pg), globuli bianchi 7,72, piastrine 257, creatinina 0,74 mg/dl, sodio 136 mEq/l, potassio 4,20 mEq/l, PCR > 100; PCT negativa. L’ecocardiogramma transesofageo (ETE) mostra: bioprotesi aortica normoposizionata; evidenza di massa iso-iperecogena di dimensioni massime 20x10 mm, mobile, a margini irregolari, adesa al versante arterioso della cuspide protesica anteriore destra che appare ispessita e ipomobile, generante significativa ostruzione all’efflusso con gradiente medio di 43 mmHg e vel max di 4,4 m/sec, ed evidenza di ispessimento peri-radicolare con dubbio coinvolgimento della fibrosa intervalvolare (immagine sospetta per formazione ascessuale). L’ETE dimostra inoltre insufficienza mitralica secondaria di grado moderato (III/IV) e insufficienza tricuspidale moderata da dilatazione dell’annulus con associata lieve ipertensione arteriosa polmonare (PAPs 48 mmHg). Il paziente viene inviato ad eseguire una TC total body con mdc per la ricerca di embolismo cerebrale e periferico e per una migliore caratterizzazione della radice aortica, che mostra: area di ipodensità a partire dalla cuspide semilunare destra con estensione nel seno aortico, suggestiva di vegetazione infettiva; area di consolidamento cuneiforme del segmento basale posteriore del lobo inferiore del polmone sinistro, suggestiva di infarto polmonare; occlusione tromboembolica dell’arteria mesenterica superiore; area di ipodensità cuneiforme a livello del terzo medio della milza, come da infarto splenico. Le emocolture prelevate da una vena periferica in 3 set a 30 minuti di distanza sono positive per Staphylococcus Epidermidis meticillino-resistente. Risultati. La diagnosi di PVE è quindi confermata sulla base dei criteri Duke modificati: evidenza di due criteri maggiori, microbiologico e imaging positivo. La terapia antibiotica specifica è impostata in conformità con le linee guida ESC 2023: Vancomicina 30-60 mg/kg ev suddivisa in 3 dosi giornaliere, Rifampicina 900 mg/die ev in 3 dosi giornaliere e Gentamicina 3 mg/kg/die ev in 2 dosi giornaliere. Considerato l’elevato rischio embolico della vegetazione (> 10 mm) e la presenza di embolismo periferico documentato dalla TC, il paziente viene avviato all’intervento chirurgico dopo valutazione collegiale in Heart-Team. Conclusioni. L’endocardite valvolare protesica (PVE) rappresenta la forma più grave di endocardite infettiva (EI) e si verifica nell’1-6% dei pazienti con protesi valvolari, con un’incidenza dello 0,3-1,2% per paziente-anno. È responsabile del 20-30% di tutti i casi di EI e colpisce più frequentemente le bioprotesi rispetto alle valvole meccaniche. La PVE è difficile da diagnosticare, poiché la presentazione clinica è spesso atipica, ed è complessa in termini di definizione della strategia terapeutica ottimale. Questo caso clinico sottolinea l’importanza della diagnosi precoce e del trattamento tempestivo.


P54.

Le lesioni da pressione in un ospedale di Comunità a cavallo della pandemia da SARS-CoV-2. Risultati preliminari

C. Peconi1, A. Frascati2, D. Sarti1, S. Fiorenza3, G. Pelusi4,
B. Gasperini
3

1Dipartimento di Scienze Biomediche e Sanità Pubblica, Università Politecnica delle Marche, Ancona; 2Reparto di Cure Intermedie-Ospedale di Comunità, Area Vasta 2, Loreto; 3Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche, Ancona; 4Scuola di Scienze Infermieristiche, Università Politecnica delle Marche, Ancona

Introduzione. Come definito dal National Pressure Ulcer Advisory Panel (NPUAP) e dall’European Pressure Ulcer Advisory Panel (EPUAP), le lesioni da pressione sono lesioni localizzate della cute e/o dei tessuti sottostanti, solitamente in corrispondenza di prominenze ossee, risultanti da pressione in combinazione o meno con forze di taglio. Le lesioni da pressione sono fortemente correlate alla qualità dell’assistenza e allo stato generale del paziente. Le lesioni da pressione sono eventi avversi frequenti negli ospedali, che incidono sul benessere dei pazienti e comportano un notevole onere finanziario per i sistemi sanitari. Le lesioni da pressione (LdP) e i batteri multiresistenti (MDR) sono strettamente collegati, e la loro interazione rappresenta una sfida per la cura dei pazienti, specialmente in contesti di lungodegenza e riabilitazione. Durante la pandemia da Covid-19 la prevalenza di LdP nei pazienti ricoverati in strutture residenziali è aumentata, probabilmente per la maggiore difficoltà nella mobilizzazione dei pazienti. D’altro canto, l’utilizzo assiduo di misure di protezione individuale ha determinato una riduzione nella diffusione delle infezioni da microorganismi MDR. L’obiettivo del nostro studio è stato verificare se la relazione tra LdP e infezioni da microorganismi MDR si è modificata durante la pandemia. Metodi. Sono state consultate le cartelle cliniche di tutti i pazienti ricoverati nel reparto di Cure Intermedie di un ospedale del centro Italia tra il 2019 e il 2023. Il campione è stato suddiviso in tre periodi: periodo pre-pandemico, pandemico e post pandemico, confrontando i pazienti con o senza lesioni da pressione. Per ogni paziente è stata considerata la presenza di infezioni batteriche e di devices. Risultati. Il campione è costituito da 903 pazienti. Di questi, 377 (42%) avevano una LdP. I due gruppi sono simili per età (media 82 anni, p=0,706), sesso (57% donne contro 61% uomini, p=0,206) e durata della degenza (media 35 giorni, p=0,902). La mortalità è risultata superiore nei pazienti con LdP (35% rispetto a 11%, p≤0,005). Rispetto al periodo pre pandemico (42%), i pazienti con LdP sono aumentati nel periodo pandemico (45%) e diminuiti nel periodo post pandemico (40%) anche se in maniera non significativa (p=0,447). Tuttavia, aumenta il rischio di avere un’infezione da batterio multiresistente in relazione ad una LdP (OR= 2,08, IC 95% 1,64-2,63, p≤0,05). Per quanto riguarda l’utilizzo di devices invasivi, il catetere vescicale sembra essere un fattore protettivo (OR: 0,64, IC 95% 0,52-0,8, p≤0,05). Al contrario, il Catetere Venoso Centrale (OR 13,67, IC 95% 9,02-20,73), il Catetere Venoso Centrale ad Inserzione Periferica (PICC) (OR 3,55, IC 95% 2,73-4,62) e la midline (OR 4,26, IC 95% 3,23-5,63) aumentano il rischio di LdP. L’associazione tra LdP e infezioni da MDR è forte durante tutto il periodo osservato. Nello sviluppo delle infezioni entrano in gioco altri fattori, quali l’utilizzo di devices. Nel nostro campione, la pandemia non sembra avere inciso nella prevalenza delle LdP. Conclusioni. Le lesioni da pressione sono una complicanza grave. L’associazione con infezioni da microorganismi multiresistenti suggerisce la necessità di fornire linee guida chiare e specifiche per migliorare il trattamento delle LdP e contribuire a limitare la circolazione di germi multiresistenti, per migliorare gli esiti dei pazienti a livello individuale e comunitario.


P55.

Ricostruzione filogenetica di Klebsiella pneumoniae produttore di NDM, un nuovo clone?

S.G. Rimoldi1, F. Comandatore2, L. Morelli2, A. Tamoni2, L. Sterzi2,
S. Di Stefano
1, A. Mancon1, C. Pagani1, A. Dolci1

1Laboratorio di Microbiologia Clinica, Virologia e Diagnosi delle Bioemergenze, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sacco, Milano; 2Centro di Ricerca pediatrica “Invernizzi”, Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche, Università degli Studi di Milano

Introduzione. Klebsiella pneumoniae (KP) è considerato uno dei maggiori microrganismi di interesse nosocomiale, noto per la sua elevata diversità genetica principalmente dovuta al trasferimento orizzontale di geni mediato da plasmidi ma anche per la capacità di scambiare larghe regioni genomiche. Fino a tutto lo scorso decennio i ceppi di KP maggiormente diffusi negli ospedali Europei ed italiani erano resistenti ai carbapenemi, un dato confermato anche nella realtà lombarda del P.O. Sacco dell’ASST Fatebenefratelli Sacco di Milano. La resistenza è sempre stata mediata da una carbapenemasi codificata dal gene blaKPC, ed in particolare dagli alleli blaKPC-2 e blaKPC/3, ospitato su plasmidi e trovato in stretta correlazione con cloni responsabili di focolai, quali Sequence Type (ST) 258/512, 307 e 101. Tuttavia, negli ultimi anni si sta osservando una sempre maggiore diffusione di Enterobacterales produttrici di New Delhi Metallo-beta-lattamasi (NDM). Nei reparti di Medicina del PO L. Sacco di Milano la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza è fatta all’ingresso del paziente in reparto sulla base del fattore di rischio e settimanalmente mediante coltura dei tamponi rettali della sorveglianza. Metodi. Tra il 20 gennaio e il 2 febbraio 2025 in 5 pazienti afferenti allo stesso Reparto di Medicina Pneumologica sono state identificate KP-NDM e KPC. La vicinanza geografica dei pazienti e il ridotto lasso di tempo ha portato il Comitato per le Infezioni Ospedaliere ad ipotizzare che si trattasse di un focolaio. I ceppi sono stati quindi sottoposti ad una tipizzazione molecolare e genica approfondita. Il profilo di resistenza antibiotica è stato valutato mediante una combinazione di diverse metodiche: il dato fenotipico tramite VITEK® 2 system (bioMérieux, France) e interpretato secondo EUCAST 2025, le resistenze genotipiche sono state indagate con sistema Xpert Carba-R assay (Cepheid, Sunnyvale, CA, USA), e Whole-Genome Sequencing (WGS) Ion GeneStudio™ S5 System (Ion Torrent, Thermo Fisher Scientific, Waltham, MA, USA), seguita da un’analisi bioinformatica (assemblaggio con SPAdes e analisi Multilocus Sequencing Typing in silico). Risultati. L’analisi filogenetica basata sugli SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms) core ha evidenziato come gli isolati dei 5 pazienti appartenessero all’ST6668, un ST descritto per la prima volta presso l’ospedale IRCCS San Matteo di Pavia nel 2023, come portatore del gene blaNDM. Più nello specifico, 4 su 5 ceppi appartenevano ad un sottoclone geneticamente isolato rispetto al clone pavese e caratterizzato dalla presenza di blaKPC oltre a blaNDM. Conclusioni. KP è una popolazione microbica in evoluzione con un potenziale endemico limitato a specifici lignaggi clonali. Nella ricostruzione molecolare effettuata presso l’ASST Fatebenefratelli Sacco emerge un clade ST6668 portatore del gene blaNDM e blaKPC, che potrebbe essersi evoluto dal clone ST6668 descritto a Pavia due anni fa. La vicinanza genetica tra i ceppi isolati non ha permesso di escludere, all’interno dell’Ospedale Sacco, che il ceppo possa essersi diffuso mediante passaggio interumano. Ulteriori approfondimenti sono necessari per meglio caratterizzare la presenza in Lombardia di un clone non ancora descritto.




P56.

Clostridioides difficile: 25 anni di ospedalizzazioni nella regione veneto.

M. Saia, C. Barbiellini Amidei, L. Salmaso, U. Fedeli

Regione Veneto - Azienda Zero

Introduzione. L’infezione da Clostridioides difficile (CD) rappresenta una delle principali cause di malattia gastrointestinale associate alle cure sanitarie e per le forme clinicamente più severe è gravata, oltre che da lunghi periodi di degenza ospedaliera, da un elevata mortalità; secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) è causa di poco meno di 4.000 decessi all’anno nell’Unione Europea. Al fine di dimensionare l’andamento delle ospedalizzazioni per CD negli ultimi 25 anni è stato condotto uno studio retrospettivo nella popolazione veneta, poco meno di 5 milioni di abitanti, caratterizzata da un importante invecchiamento con un significativo aumento della percentuale di ultrasessantacinquenni passata dal 17,8% nel 2000 al 24,5% nel 2024, e un’età media dei soggetti ospedalizzati incrementata nello stesso periodo da 51 a 57 anni. Metodi. Avvalendosi dell’archivio informatizzato anonimizzato delle schede di dimissione ospedaliera (SDO) in relazione al periodo 2000-2024, sono state selezionate tutte le dimissioni con diagnosi principale o secondaria di CD (cod. ICD9-CM: 008.45) dagli ospedali pubblici e privati accreditati del Veneto o fuori Veneto a carico dei cittadini veneti, calcolando il tasso di ospedalizzazione espresso per 100.000 residenti, grezzo e standardizzato (standardizzazione diretta - popolazione Veneto 2012), nonché la mortalità intraospedaliera. Cambiamenti nei trend dei tassi sono stati analizzati con il programma joinpoint, stimando per ciascun segmento temporale identificato la variazione percentuale annua (APC). Risultati. Nel periodo considerato si è assistito a 16.402 dimissioni con diagnosi di CD, che hanno prodotto 396.835 giornate di degenza. In 5.221 casi (32%) l’infezione da CD era codificata come diagnosi principale; nell’83,7% si trattava di ultrasessantacinquenni, di età più avanzata nel sesso femminile (77,9±16,7 Vs.73±18,7; p<0,0001). Il tasso di ospedalizzazione grezzo riferito all’intero periodo, attestatosi a 13,3 per 100.000 residenti, risulta più elevato nel sesso femminile (15,5 Vs. 11,1), mentre in virtù della standardizzazione per età la differenza tra sessi si inverte facendosi decisamente meno marcata (12,7 Vs. 13,9). L’andamento nel periodo è stato caratterizzato da tre fasi distinte: la prima (2000-2015) con un incremento dei tassi da 3,2 a 23,4 (APC: 12,9; p<0,001), la seconda (2015-2020) con un calo fino a 13,2 (APC: -10,3; p: 0,012), per poi ripresentare una crescita attestandosi a 17,3 nell’ultimo anno dell’analisi (APC: 6,5; p: 0,05). La mortalità intra-ospedaliera standardizzata, nel periodo attestatasi a 11,4%, dopo un iniziale aumento ed un picco nel 2016 pari al 14,6%, presenta valori sostanzialmente stabili ma piuttosto elevati, attorno al 12-13%, senza evidenti differenze per genere con un aumento correlato all’età, per raggiungere il 15% tra gli ultraottantacinquenni. Di rilievo infine come l’età media dei soggetti con CD abbia evidenziato nel periodo un incremento di quasi 10 anni passando da 65,5±22,9 a 74±19,6 anni. Conclusioni. Oltre alla conferma di un’elevata letalità e incidenza delle ospedalizzazioni per CD nella popolazione anziana, l’andamento delle stesse ha evidenziato come nel lungo periodo analizzato siano più che quintuplicate, da 3,2 a 17,3, con una ripresa nell’ultimo quinquennio dopo una transitoria riduzione nel 2015-2020. Tale incremento, oltre ad una maggior accuratezza nella diagnosi, è plausibilmente attribuibile sia al differente profilo di rischio dei pazienti coinvolti (età, deficit immunitari e comorbidità, ospedalizzazioni o istituzionalizzazioni protratte) che all’assunzione di antibiotici, soprattutto ad ampio spettro o per periodi prolungati o in associazione tra di loro, che provocano alterazioni della normale flora intestinale.


P57.

Valutazione dell’impatto delle infezioni da Clostridioides difficile per MDC

L. Salmaso, C. Barbiellini Amidei, U. Fedeli, M. Saia

1Regione Veneto - Azienda Zero

Introduzione. Le infezioni da Clostridioides difficile (CD) rappresentano la più comune causa di diarrea infettiva in ambito sanitario e secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), che coordina la sorveglianza di CD negli ospedali europei dal 2016, la mortalità attribuibile a ICD era 3,9% con l’85% dei casi che esordisce nell’ospedale presso il quale viene diagnosticato. Oltre a fattori di rischio quali l’età avanzata, la durata dell’ospedalizzazione e l’esposizione agli antibiotici, quest’ultima l’unica modificabile, è nota inoltre l’associazione tra CD e determinate condizioni patologiche quali le malattie infiammatorie croniche intestinali, l’insufficienza renale cronica, il trapianto multiorgano e di midollo e una serie di procedure quali la chirurgia gastrointestinale e l’alimentazione tramite sondino naso-gastrico. Al fine di dimensionare l’impatto delle CD nella popolazione ospedalizzata è stato condotto uno studio retrospettivo stratificando i soggetti con diagnosi di CD nelle 25 aree diagnostiche mutamente esclusive individuate secondo criteri clinico-anatomici (MDC, Major Diagnostic Category). Metodi. Avvalendosi dell’archivio informatizzato anonimizzato delle schede di dimissione ospedaliera (SDO), è stato condotto uno studio retrospettivo osservazionale selezionando le dimissioni con diagnosi principale o secondaria di CD (cod. ICD9-CM: 008.45) dagli ospedali pubblici e privati accreditati del Veneto o fuori Veneto a carico dei cittadini veneti, poco meno di 5 milioni di abitanti, riferite al periodo 2000-2024, e classificandole secondo le 25 aree diagnostiche (MDC) alle quali afferivano i DRG prodotti e valutando l’impatto della presenza della diagnosi di CD su mortalità intraospedaliera e durata della degenza calcolata escludendo i decessi. Risultati. Nel periodo considerato si è assistito a 16.402 dimissioni con diagnosi di CD, principalmente a carico di ultrasessantacinquenni (83,7%), con un’età media più elevata tra le donne (77,9±16,7 Vs.73±18,7; p<0,0001). L’area diagnostica con una maggior rappresentazione di CD era la MDC 6, riferita alle malattie dell’apparato digerente (38%), nella quale rientravano i 5.221 (32%) casi CD indicato come diagnosi principale, seguita dalle MDC 4 (respiratorio 15%), 18 (mal. Infettive 10%), 5 (circolatorio 9%), 1 (nervoso 7%), 11 (renale 6%) e 8 (osteomuscolare 4%). La degenza media dei soggetti con CD è risultata tripla (24,2±22,9 Vs. 8,3±11,7), in particolare negli infrasessantacinquenni (21,3±28,0 Vs. 6,4±11) e, dalla stratificazione per area diagnostica, addirittura quadrupla per le patologie osteomuscolari (35,9±24,2 Vs. 8,6±9,4), anche in questo caso più marcatamente negli infrasessantacinquenni (30,6±33,9 Vs. 5,5±7,4). Nei soggetti con CD la mortalità intraospedaliera era decisamente più elevata (11,2% Vs. 3,8%) senza differenze significative per sesso ma correlata all’aumentare dell’età con un rapporto tra infetti e non pari a 4 negli infrasessantacinquenni (3,7% Vs. 0,9%), a 1,7 negli ultrasessantacinquenni (12,6% Vs. 7,4%) per non presentare più alcuna differenza sopra gli 85 anni con una mortalità pari al 15%. L’incremento del rischio di mortalità associato all’ infezione da CD (Odds Ratio: 3,23; IC95%: 3,07-3,39; p<0,0000) è risultato più marcato per le patologie renali (OR: 4,65; IC95%: 3,86-5,61; p<0,0001) e osteomuscolari (OR: 8,58; IC95%: 5,91-12,46; p<0,0001). Conclusioni. Questa analisi, condotta su un database di grandi dimensioni, conferma il rilevante impatto dell’infezione da CD in termini di mortalità e durata della degenza sulla popolazione ospedalizzata in un contesto caratterizzato da una popolazione di età avanzata.