Impressioni di novembre: riflessioni sull’impatto psichico della pandemia di COVID-19

Impressions of November: reflections on the psychic impact

of the COVID-19 pandemic


Mattia Maggioni*


Psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista,
Presidente dell'ASP
Bergamo


Non c’è purtroppo alcun dubbio che la prima ondata pandemica del COVID 19 abbia preso di sprovvista il nostro Paese ed abbia messo in evidenza tutti i limiti e le debolezze non solo del nostro sistema socio sanitario ma anche, specularmente, degli individui e delle istituzioni.

Facendo una rapida review delle varie indagini (ISTAT, Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi-CNOP, associazioni di categoria, università…) relative alla valutazione dell’impatto della pandemia e delle relative misure di isolamento sul benessere psichico degli italiani emergono dati impressionanti: oltre metà della popolazione avrebbe avuto quadri sintomatici rilevanti principalmente nello spettro depressivo ed ansioso (alterazione del sonno, perdita dell’appetito, sintomi negativi, ansia libera, attacchi di panico, angoscia di morte, alterazione delle relazioni, senso di isolamento e di abbandono, ansia somatica…) fino all’inevitabile slatentizzazione di vissuti persecutori.

La comunità degli psicologi ha risposto immediatamente alla crisi con un livello di coinvolgimento inaudito da parte dei colleghi che hanno messo a disposizione tempo e competenze per fornire supporto qualificato ed ascolto al malessere psichico diffuso aderendo a diverse campagne istituzionali (CNOP , Agenzia di tutela della salute-ATS, Società psicoanalitica Italiana-SPI, Associazione EMDR Italia, Croce Rossa Italiana-CRI, Società Italiana Psicologia dell’Emergenza-SIPEM) e proponendone spesso di autonome in forma associata o individuale, quasi sempre volontaristicamente e senza richiedere quindi alcun compenso. Si stima che oltre 2.000.000 di persone abbiano chiesto ed ottenuto ascolto tra marzo ed aprile e che oltre il 35% dei 115.000 iscritti all’ordine degli psicologi abbiano dato disponibilità a progetti di sostegno psicologico gratuito a distanza.

Parallelamente alla situazione clinica negli ospedali e nella medicina territoriale anche il mondo della cura del benessere psichico ha dovuto confrontarsi con la scarsità di risorse disponibili (ad oggi meno del 10% degli psicologi che svolgono attività clinica ha una qualche forma di rapporto contrattualizzato con il SSN) e con la necessità di imparare a lavorare usando strumenti diversi da quelli consueti, soprattutto nella costruzione di un setting clinico adeguato ed efficiente nella modalità “a distanza”. Come i medici negli ospedali hanno dovuto imparare a conoscere il virus ed a modulare i propri interventi sulla base delle necessità cliniche, magari lavorando al di fuori dei consueti perimetri professionali, allo stesso modo gli psicologi hanno dovuto rapidamente adattare i propri strumenti professionali alle condizioni eccezionali nelle quali l’intera popolazione si è trovata a vivere da fine febbraio in poi.

Il territorio in cui vivo e lavoro, Bergamo, è rapidamente salito agli “onori” della cronaca per la rapidità e la virulenza del contagio diventando suo malgrado un simbolo non solo nazionale della reale portata della pandemia: l’immagine dei camion militari carichi di bare nella fredda notte di marzo ha probabilmente segnato un punto di non ritorno nell’immaginario collettivo ed al tempo stesso la perdita delle illusioni difensive coltivate fino ad allora ….no, non andrà e non sta andando tutto bene….

Come scrisse quasi profeticamente Ivan Illich nel suo classico “Nemesi medica”, il modello della medicina occidentale “post atomica” (e la sua discendenza “ipermoderna” direbbe Recalcati) basato sulla parcellizazione ed iperspecializzazione delle competenze come difesa dall’inaccettabilità del limite e della “naturalità” della morte è clamorosamente collassato portando con sé le ingenue e consolatorie certezze in cui il nostro sistema socioculturale aveva riposto le proprie speranze.

Il senso di incertezza di fronte all’apparente inarrestabile corsa del contagio si è presto tramutato in angoscia, l’angoscia di morte ha spesso attivato difese psichiche non adattive come la negazione e la rimozione che hanno rapidamente perso efficacia a fronte del peggiorare dei dati di realtà. L’isolamento sociale e la sospensione totale delle nostre abitudini relazionali e sociali, sia pur necessaria per il contenimento del contagio, ha aggiunto un enorme carico di sofferenza psichica causata dal senso di isolamento a cui le videochiamate e le iniziative spontanee volte al mantenimento di un sentimento di vicinanza non hanno dato altro che un limitato sollievo; si è quindi fatta strada la rabbia eterodiretta, la continua ricerca di un “capro espiatorio” su cui proiettare le proprie angosce e frustrazioni (cfr. la “caccia ai podisti”, l’esercito di “sceriffi da tastiera” ) rinforzate dal senso di onnipotenza che spesso si associa allo spostamento sul registro "virtuale” delle proprie relazioni sociali, finendo in un circolo vizioso in cui si finisce con il dimenticare che se pure il “medium” è elettronico le relazioni e le emozioni sono reali .

Sembra di rileggere le classiche fasi dell’elaborazione del lutto descritte dalla Kubler Ross, ma in effetti di questo si è trattato: tentare di elaborare un lutto collettivo (soprattutto nelle zone più colpite è stato vissuto così) costituito da migliaia di lutti e perdite reali vissute in prima persona senza poter contare su un’efficace meccanismo di razionalizzazione (messo in crisi dall’impotenza del nostro sistema nel contrastare il contagio), senza avere la vicinanza consolatoria dei propri cari, senza poter accedere nemmeno alle ritualità consolidate del commiato ed al suo valore di condivisione e contenimento “sociale” del dolore.

Eppure, proprio come nel mito greco, qualcosa era rimasto nel vaso di Pandora: la possiamo chiamare resilienza, speranza, senso di responsabilità o voglia di non mollare (qui a Bergamo un’intera comunità si è serrata intorno al “mòla mia“ gigante affisso nei pressi dell’ospedale cittadino facendolo diventare quasi un segno identitario ), ma la sostanza è che, anche dal punto di vista psichico, abbiamo iniziato a costruirci strumenti nuovi e più efficaci per resistere all’impatto della prima ondata. Come suggeriva ormai quasi 70 anni fa Einstein, abbiamo provato a considerare “la crisi come un’opportunità” (perché di “crisi “nel senso clinico ed etimologico del termine si è trattato, non, come spesso impropriamente si pensa, di un “trauma”), l’occasione di essere più coraggiosi, più generosi, più creativi, più responsabili.

Scrivo queste righe nel bel mezzo della seconda ondata e ciò che vedo dal mio punto di osservazione non è troppo incoraggiante: il rischio di una recidiva (psichica ovviamente) è ben più alto in un soggetto già tanto provato dalla sofferenza che si trova ad affrontare un nuovo brusco stop sulla via della ripresa (la metafora che più spesso mi trovo a condividere con i miei pazienti è quella di un nuovo infortunio durante un percorso di riabilitazione che sembrava ormai ben avviato) , ma, anche se le risorse emotive sembrano essere minori, anche se forse non siamo ancora così preparati, anche se la rabbia e la frustrazione rischiano di rallentarci ed auto sabotarci, esattamente come nei nostri reparti alla ripresa dei contagi ora sappiamo cosa fare e, soprattutto, sappiamo di averlo già fatto . 


Bibliografia minima

1. Elma research per Angelini Pharma. Ricerca sugli effetti psichici del lockdown, 2020.

2. Rapporto IPSOS Mori. Percezione del benessere psicologico in Italia. Agosto 2020.

3. Istituto Piepoli per centro studi CNOP. Indagine sullo stress degli italiani. Settembre 2020.

4. Lai J, et al. Factors associated with mental health outcomes among health care workers exposed to corona virus disease 2019. JAMA network open 2020.

5. European Centre for Disease Control. Linee guida per COVID 19. 2020.

6. Hope P et al. Mental health before and during the COVID 19 pandemic: a longitudinal probability sample survey of the UK population. The Lancet, 21 luglio 2020.

7. Illich I. Medical nemesis. London: Calder&Boyas, 1975.

8. https://d66rp9rxjwtwy.cloudfront.net/wp-content/uploads/2020/03/pieghevole-vademecum-coronavirus-CNOP-9-marzo.pdf


* Psicologo Psicoterapeuta Psicoanalista, Presidente A.S.P. (Associazione di Studi Psicoanalitici) di Milano, membro IFPS (International Federation of Psychoanalytic Associations) di New York, promotore e referente “Psiperbergamo”, rete di oltre 70 Psicologi, Psichiatri e Psicoterapeuti di Bergamo che dal marzo 2020 fornisce gratuitamente sostegno psicologico (serie di colloqui) e cure farmacologiche a Operatori sanitari, pazienti e famigliari Covid-19

Corrispondenza: Mattia Maggioni
E-mail: mattiamaggioni10@gmail.com