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Ultime dal fronte: focus sulle indicazioni per la prevenzione della trasmissione in comunità

A cura di Giulia De Angelis


“Vaiolizzazione” di COVID-19

Un interessante punto di vista sull’uso della mascherina per la prevenzione di COVID-19 è emerso in una recente lettera di Gandhi e Rutherford sulla rivista New England Journal of Medicine. L’uso delle mascherine è stato, fin dal principio della pandemia di SARS-CoV-2, uno dei presidi principali di prevenzione della trasmissione di COVID-19 da persone infette asintomatiche. Studi condotti in passato su virus respiratori diversi da SARS-CoV-2 indicano che l’uso della mascherina può proteggere dall’infezione, bloccando l’ingresso di particelle virali nel naso e nella bocca. Indagini epidemiologiche condotte in tutto il mondo, specialmente nei paesi asiatici che si sono abituati al mascheramento dell’intera popolazione durante la pandemia di SARS del 2003, hanno suggerito che esiste una forte relazione tra uso di mascherina e controllo della pandemia.

Recenti dati virologici, epidemiologici ed ecologici hanno condotto all’ipotesi che l’uso della mascherina possa anche ridurre la gravità della malattia nelle persone che contraggono l’infezione. Questa possibilità è coerente con una teoria di vecchia data di patogenesi virale, che sostiene che la gravità della malattia è proporzionale all’inoculo virale ricevuto. Se l’inoculo virale è importante nel determinare la gravità dell’infezione da SARS-CoV-2, perché le maschere possono filtrare alcune goccioline contenenti virus (con capacità di filtraggio determinata dal tipo di maschera), un motivo aggiuntivo che si può ipotizzare per indossare la mascherina sarebbe quello di ridurre l’inoculo virale e il conseguente impatto clinico della malattia. Se questa teoria si confermerà, il mascheramento a livello di popolazione, con qualsiasi tipo di maschera che aumenta l’accettabilità e l’aderenza, potrebbe contribuire ad aumentare la proporzione di infezioni da SARS-CoV-2 che sono asintomatiche.

Mentre si attendono i risultati delle sperimentazioni sui vaccini, l’uso della mascherina può essere pertanto paragonato a una sorta di “vaiolizzazione”, processo mediante il quale le persone che erano suscettibili al vaiolo venivano inoculate con materiale prelevato da vescicole di una persona affetta da vaiolo, con l’intento di causare una lieve infezione e la successiva immunità.

Successivamente, alcune risposte a questa lettera hanno però esortato ad una maggiore prudenza sulla esternazione di questa, che per il momento rimane solo un’ipotesi. Infatti, l’evidenza non suggerisce che SARS-CoV-2 segua una classica relazione dose-risposta (cioè, minore è l’esposizione a un inoculo virale, meno grave è la malattia). La replicazione virale è correlata alla dose infettante, mentre la gravità della malattia è associata a condizioni preesistenti e altri fattori di rischio, come età, sesso e stato di gravidanza.

Gandhi M, Rutherford GW. Facial Masking for Covid-19 - Potential for "Variolation" as We Await a Vaccine. N Engl J Med 2020 Oct 29;383(18):e101.





Prevenzione e controllo di
COVID-19 negli operatori sanitari

Gli operatori sanitari, in particolare quelli a contatto stretto con pazienti affetti da COVID-19, sono a maggior rischio di contrarre l’infezione rispetto alla popolazione generale. Dati raccolti dalla sorveglianza globale dell’Organizzazione Mondiale della Santità (OMS) per COVID-19, principalmente da Paesi europei e americani, portano a stimare che circa il 14% dei casi di COVID-19 segnalati all’OMS siano tra gli operatori sanitari. Le infezioni da COVID-19 tra gli operatori sanitari possono portare a un impoverimento della forza lavoro durante un periodo in cui la domanda nel sistema sanitario è aumentata.

Il 30 ottobre è stata pubblicata sul sito dell’OMS una guida tecnica ad opera del COVID-19 IPC Guidance Development Group dell’OMS, di esperti esterni e di personale dell’OMS con esperienza nel campo della salute sul lavoro e dei diritti delle forze di lavoro sanitarie e sviluppo.

In sintesi i punti principali del documento sono i seguenti.

– La prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2 negli operatori sanitari richiede un approccio integrato su più fronti che includa misure di salute e sicurezza sul lavoro (OHS) e misure di controllo e prevenzione delle infezioni. Si raccomanda di garantire adeguati livelli di personale clinico per prevenire la trasmissione di infezioni associate all’assistenza sanitaria.

– La diagnosi precoce dell’infezione da SARS-CoV-2 tra gli operatori sanitari può essere ottenuta attraverso la sorveglianza sindromica e/o test di laboratorio ed è una strategia chiave per prevenire la trasmissione secondaria dagli operatori sanitari ai pazienti, tra operatori sanitari in tutte le strutture sanitarie e in comunità. Dovrebbe essere sviluppata e implementata una strategia di verifica e sorveglianza nazionale e/o locale.

– Dovrebbe essere predisposto un sistema per la gestione delle esposizioni basato sulla valutazione del rischio per promuovere e supportare la segnalazione da parte degli operatori sanitari di esposizioni o sintomi di COVID-19 professionali e non professionali.

– Dovrebbe essere predisposto un sistema per la gestione delle infezioni sospette, comprese le misure per gli operatori sanitari che risultano positivi per SARS-CoV-2 e quelli che sono sintomatici ma risultano negativi per SARS-CoV-2.

– Dovrebbero essere esplicitati i criteri per il rientro a lavoro, secondo i principi dell’OMS per interruzione dell’isolamento per COVID-19.

– I sistemi e le strutture sanitarie dovrebbero garantire e mantenere una cultura di “non colpevolizzazione” nei confronti degli operatori sanitari con infezione da COVID-19.

– L’OMS ha fornito diversi strumenti per la sorveglianza e studi per comprendere meglio l’entità delle infezioni e dei fattori di rischio per l’infezione da SARS-CoV-2 tra gli operatori sanitari.

Prevention, identification and management of health worker infection in the context of COVID-19. Interim guidance, 30 October 2020. https://www.who.int/ publications/i/item/10665-336265





Misurare e monitorare l’aumento della capacità del sistema sanitario per la gestione
di COVID-19

La pandemia di COVID-19 ha continuato a far luce sulla fragilità dei servizi sanitari e sui sistemi di salute pubblica a livello globale. Ha rivelato che anche i sistemi sanitari robusti possono essere rapidamente sopraffatti e compromessi da un’epidemia. In questa situazione in rapida evoluzione, molti Paesi stanno affrontando delle sfide nella disponibilità di dati accurati e aggiornati sulle capacità di rispondere a COVID-19 pur mantenendo la fornitura di servizi sanitari essenziali. Pochi Paesi dispongono di dati affidabili e tempestivi sul coinvolgimento del personale sanitario e sulla capacità di servizio.

In risposta a questa situazione, l’OMS ha sviluppato un documento, pubblicato il 20 Novembre, progettato per misurare e monitorare l’aumento delle capacità per il trattamento del COVID-19 nelle strutture sanitarie, con particolare attenzione alla disponibilità di diagnostica, terapie e altri prodotti sanitari, preparazione alle vaccinazioni, disponibilità di letti e capacità di spazi.

Questo strumento è stato sviluppato per garantire la fornitura di prodotti sanitari per i pazienti COVID-19 in strutture designate per la gestione dell’infezione, consentendo alle strutture sanitarie di rispondere efficacemente alla pandemia tramite la valutazione della disponibilità e dello stato di esaurimento delle scorte critiche di medicinali, attrezzature e forniture e per identificare rapidamente le aree che richiedono maggiore attenzione.

Diagnostics, therapeutics, vaccine readiness, and other health products for COVID-19. Interim guidance, 20 November 2020. https://www.who.int/publica tions/i/item/WHO-2019-nCoV-HCF_as sessment-Products-2020.1





Terapia di COVID-19: nuove linee guida dell’OMS

Il 20 Novembre sono state pubblicate nuove indicazioni dall’OMS sulla terapia delle infezioni da COVID-19. Si riportano schematicamente i punti principali.

Domanda clinica: qual è il ruolo dei farmaci nel trattamento dei pazienti con COVID-19.

Destinatari: il pubblico target è costituito da medici e responsabili delle decisioni sanitarie.

Pratica corrente: la pratica corrente per trattare COVID-19 è variabile, riflettendo un’incertezza presente su larga scala. Sono in corso numerosi studi randomizzati controllati (RCT) sull’efficacia di diversi farmaci. In particolare, remdesivir è sempre più utilizzato per il trattamento dei pazienti con COVID-19 ospedalizzati.

Raccomandazioni: il gruppo di lavoro ha formulato una raccomandazione condizionale verso l’uso di remdesivir nei pazienti ricoverati con COVID-19, indipendentemente dalla gravità della malattia. Rimangono valide le raccomandazioni già espresse in merito all’uso dei corticosteroidi in precedenti linee-guida: una raccomandazione forte per l’uso dei corticosteroidi sistemici nei pazienti con COVID-19 grave e critica ed una raccomandazione condizionale contro l’uso di corticosteroidi sistemici nei pazienti con COVID-19 non grave.

Evidenza alla base della raccomandazione su remdesivir: questa raccomandazione si basa sui risultati di una revisione sistematica e network meta-analisi che ha riunito i dati di quattro studi randomizzati con 7.333 pazienti ospedalizzati per COVID-19, che sono stati valutati secondo la metodologia GRADE. L’analisi ha suggerito che remdesivir non ha probabilmente alcun effetto sulla mortalità (odds ratio 0,90, intervallo di confidenza al 95% [CI] 0,70 - 1,12; stima dell’effetto assoluto 10 decessi in meno per 1.000 pazienti, IC 95% da meno 29 a 11 decessi in più per 1.000 pazienti) e forse non ha effetto su altri importanti obiettivi clinici, dove il livello di evidenza è basso o molto basso.

Comprensione delle raccomandazioni: la raccomandazione condizionale sull’uso di remdesivir in pazienti ospedalizzati con COVID-19 si basa sull’assenza di un importante effetto sulla mortalità, sulla necessità di ventilazione meccanica, sul tempo richiesto per il miglioramento clinico e su altri obiettivi clinici. Considerando la qualità dell’evidenza bassa o molto bassa per tutti i risultati, il gruppo ha concluso che l’evidenza non ha potuto dimostrare che l’impiego di remdesivir non abbia alcun vantaggio, ma piuttosto che non ci sono prove certe che remdesivir migliori gli obiettivi clinici importanti per il paziente.

Diagnostics, therapeutics, vaccine readiness, and other health products for COVID-19. Interim guidance, 20 November 2020. https://www.who.int/publica tions/i/item/WHO-2019-nCoV-HCF_as sessment-Products-2020.1