ECDC. Rapporti epidemiologici sulle Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA)

ECDC extension. Epidemiological reports on Healthcare Associated Infections (HAI)


Traduzione a cura di Enrica Martini



Di seguito, viene presentata una sintesi dei rapporti pubblicati dall’ECDC in occasione della giornata mondiale sull’igiene delle mani. Vengono riportati i risultati

— della sorveglianza delle infezioni in Unità di Terapia Intensiva negli anni 2018 e 2019,

— delle infezioni del sito chirurgico nel triennio 2018-2020,

— dello studio di prevalenza delle ICA condotto a livello europeo nel 2016-2017.


Infezioni correlate all’assistenza acquisite nelle unità di terapia intensiva. Report epidemiologico annuale 2019 (ECDC maggio 2023)1


Aspetti principali


Nel 2019, 8.874 (7,4%) pazienti ricoverati in un’unità di terapia intensiva (UTI) per più di due giorni hanno presentato almeno un’infezione associata all’assistenza (ICA) acquisita in UTI tra quelle incluse nella sorveglianza (polmonite, infezione del circolo sanguigno o infezione del tratto urinario).

• Di tutti i pazienti ricoverati in terapia intensiva per più di due giorni, il 4% presentava polmonite, il 3% un’infezione del circolo sanguigno (BSI) e il 2% un’infezione del tratto urinario (UTI).

• Circa il 96% degli episodi di polmonite era associato all’intubazione, il 44% degli episodi di BSI era correlato al catetere vascolare e il 94% degli episodi di UTI era associato alla presenza di un catetere urinario.

• Il microrganismo più frequentemente isolato è stato Klebsiella spp. negli episodi di polmonite acquisita in UTI, stafilococchi coagulasi-negativi nelle infezioni del circolo sanguigno ed Escherichia coli nelle infezioni del tratto urinario, sempre acquisite in UTI.

• L’uso di antibiotici era empirico nel 59% dei giorni di terapia (Days Of Therapy - DOT), mirato nel 23% dei DOT e profilattico nel 14% dei DOT.

• Circa l’11% degli isolati di Staphylococcus aureus era resistente all’oxacillina (MRSA) e il 14% di Enterococcus spp. era resistente ai glicopeptidi. La resistenza alle cefalosporine di terza generazione è stata segnalata nel 15% degli isolati di E. coli, nel 38% di Klebsiella spp. e nel 37% di Enterobacter spp.

• La resistenza ai carbapenemi è stata segnalata nel 17% degli isolati di Klebsiella spp., nel 26% di P. aeruginosa e nell’82% di Acinetobacter baumannii.



Infezioni correlate all’assistenza acquisite nelle unità di terapia intensiva. Report epidemiologico annuale 2018 (ECDC maggio 2023)2


Aspetti principali


• Nel 2018, 9.860 (7,8%) dei pazienti ricoverati in un’unità di terapia intensiva (UTI) per più di due giorni hanno presentato almeno un’infezione correlata all’assistenza (ICA) acquisita in UTI sotto sorveglianza (polmonite, infezione del circolo sanguigno o infezione del tratto urinario).

• Di tutti i pazienti ricoverati in terapia intensiva per più di due giorni, il 6% presentava polmonite, il 3% un’infezione del circolo sanguigno (BSI) e il 2% un’infezione del tratto urinario (UTI).

• Circa il 97% degli episodi di polmonite era associato all’intubazione, il 41% degli episodi di BSI era correlato al catetere vascolare e il 99% degli episodi di UTI era associato alla presenza di un catetere urinario.

• Il microrganismo più frequentemente isolato è stato P. aeruginosa negli episodi di polmonite acquisita in UTI, stafilococchi coagulasi-negativi nelle infezioni del sangue ed Escherichia coli nelle infezioni del tratto urinario.

• L’uso di antibiotici era empirico nel 59% dei giorni di terapia (DOT), mirato nel 25% dei DOT e profilattico nel 12% dei DOT.

• Il 16% degli isolati di Staphylococcus aureus era resistente all’oxacillina (MRSA) e il 13% di Enterococcus spp. era resistente ai glicopeptidi. La resistenza alle cefalosporine di terza generazione è stata segnalata nel 15% degli isolati di E. coli, nel 40% di Klebsiella spp. e nel 36% di Enterobacter spp. La resistenza ai carbapenemi è stata segnalata nel 12% degli isolati di Klebsiella spp., nel 28% di P. aeruginosa e nel 71% degli isolati di Acinetobacter baumannii.

Report epidemiologico annuale per 2018-2020 delle infezioni correlate all’assistenza: infezioni del sito chirurgico. (ECDC maggio 2023)3


Aspetti principali


Le infezioni del sito chirurgico (SSI) sono tra le più comuni infezioni correlate all’assistenza (ICA). Sono associate a degenze ospedaliere postoperatorie più lunghe, a procedure chirurgiche aggiuntive, al ricovero in unità di terapia intensiva e a mortalità più elevata.

• Nel periodo 2018-2020, 13 Stati membri dell’Unione Europea/Spazio Economico Europeo (SEE) hanno segnalato 19.680 SSI su un totale di 1.255.958 procedure chirurgiche relativamente a nove tipi di procedure chirurgiche.

• La percentuale di SSI variava dallo 0,6% nella chirurgia protesica del ginocchio al 9,5% nella chirurgia aperta del colon, a seconda del tipo di procedura chirurgica.

• La densità di incidenza delle SSI intraospedaliere per 1.000 giorni-paziente postoperatori variava da 0,1 a 5,0, a seconda del tipo di procedura chirurgica.

• Confrontando il 2020 con gli anni 2018-2019, si è registrata una diminuzione del numero annuale di procedure chirurgiche segnalate e dei Paesi che hanno fornito dati all’ECDC.



Indagine di prevalenza puntuale 2016-2017 delle infezioni correlate all’assistenza e dell’uso di antibiotici negli ospedali per acuti in Europa. (ECDC maggio 2023)4


Partecipanti


Negli anni 2016-2017, 28 Stati membri dell’UE e un Paese candidato all’adesione all’UE (la Serbia) hanno partecipato alla seconda indagine europea coordinata dall’ECDC sulla prevalenza puntuale (PPS) delle infezioni correlate all’assistenza (ICA) e dell’uso di antibiotici negli ospedali per acuti.

Sono stati inviati all’ECDC i dati di un totale di 1.734 ospedali. Di questi, 325.737 pazienti provenienti da 1.274 ospedali sono stati inclusi nel campione europeo finale per l’analisi. I dati di ogni singolo reparto sono stati raccolti in un solo giorno. Il tempo totale impiegato per la raccolta dei dati di tutti i reparti di un singolo ospedale è stato in media di 11 giorni (mediana otto giorni). I risultati aggregati sono stati riportati solo per l’Unione Europea, corrispondenti a 310.755 pazienti provenienti da 1.209 ospedali. Le indagini nelle quattro amministrazioni del Regno Unito (Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia e Galles) sono state organizzate in modo indipendente e i risultati riportati separatamente.

Sintesi estese dei risultati del PPS dell’ECDC 2016-2017 sono state pubblicate su Eurosurveillance in occasione della Giornata europea di sensibilizzazione sugli antibiotici nel novembre 2018.


Infezioni correlate all’assistenza


La prevalenza di pazienti con almeno una ICA nel campione europeo era del 5,9% (intervallo dei diversi Paesi: 2,9-10,0%). Quando correlata al numero medio giornaliero di posti letto occupati per ciascun Paese, la prevalenza ponderata delle ICA era del 5,5% (intervallo di confidenza cumulativo al 95% [CI]: 4,5-6,6%). Correggendo in base ai risultati degli studi nazionali di validazione, la prevalenza aggiustata di pazienti con almeno una ICA è stata stimata al 6,5% (intervallo di confidenza al 95%: 5,4-7,8%). Dopo l’aggiustamento per i Paesi UE/SEE non partecipanti (Danimarca e Svezia), si otteneva a un totale stimato di 98.166 (IC 95%: 81.022-117.484) pazienti con almeno una ICA in un dato giorno, 3,8 milioni (95% CI: 3,1-4,5 milioni) di pazienti con almeno una ICA e 4,5 milioni (95% CI: 2,6-7,6 milioni) di ICA (episodi di infezione) all’anno nel periodo 2016-2017 negli ospedali per acuti dell’UE/SEE.

Su un totale di 19.624 ICA segnalate, quelle segnalate più frequentemente sono state le infezioni delle vie respiratorie (polmonite 21,4% e infezioni del tratto respiratorio inferiore 4,3%), le infezioni delle vie urinarie (18,9%), le infezioni del sito chirurgico (18,4%), le infezioni del circolo sanguigno (10,8%) e le infezioni gastrointestinali (8,9%), con le infezioni da C. difficile che rappresentavano il 54,6% di queste ultime e il 4,9% di tutte le ICA. Il 23% delle ICA (n=4.451) era presente al momento del ricovero. Un terzo delle ICA al momento del ricovero erano infezioni del sito chirurgico.

La prevalenza di pazienti con almeno una ICA variava dal 4,5% negli ospedali di primo livello al 7,2% negli ospedali di terzo livello. La prevalenza più alta si riscontrava nei pazienti in terapia intensiva con il 19,2% rispetto al 5,2% di tutte le altre specialità messe insieme.

Un totale di 13.083 microrganismi è stato segnalato in 10.338 (52,7%) ICA. I microrganismi più frequentemente isolati sono stati, in ordine decrescente, Escherichia coli (16,1%), Staphylococcus aureus (11,6%), Klebsiella spp. (10,4%), Enterococcus spp. (9,8%), P. aeruginosa (8,0%), Clostridioides difficile (7,4%), stafilococchi coagulasi-negativi (7,1%), Candida spp. (5,2%), Enterobacter spp. (4,4%), Proteus spp. (3,6%) e Acinetobacter spp. (3,2%). Il protocollo del PPS richiedeva la segnalazione dei dati dei test di sensibilità antimicrobica (AST) solo su specifiche combinazioni farmaco-microrganismo. I dati AST selezionati erano disponibili il giorno dell’indagine per l’88,9% dei microrganismi selezionati per la segnalazione AST richiesta dal protocollo PPS. La resistenza alla meticillina è stata segnalata nel 30,9% degli isolati di S. aureus con risultati AST noti. La resistenza alla vancomicina è stata riportata nel 10,8% degli enterococchi isolati. La resistenza alla cefalosporina di terza generazione è stata segnalata nel 33,3% di tutti gli Enterobacterales ed è stata la più alta in K. pneumoniae con il 60,3%. La resistenza ai carbapenemi è stata riportata nel 30,2% degli isolati di P. aeruginosa e nel 77,0% degli isolati di Acinetobacter baumannii. L’indice combinato di questi marcatori di resistenza antimicrobica di primo livello (AMR) (indice composito di AMR) ha mostrato che nelle ICA microbiologicamente documentate, il 31,6% dei microrganismi era resistente agli antimicrobici (media dei Paesi: 30,8%). I marcatori AMR di secondo livello hanno mostrato che la resistenza ai carbapenemi è stata segnalata nel 6,2% di tutti gli Enterobacterales inclusi (media dei Paesi: 5,9%) ed è stata la più alta (20,4%) in K. Pneumoniae.


Uso degli antibiotici


La prevalenza di pazienti che hanno ricevuto almeno un antimicrobico nel campione dell’UE/SEE e del Regno Unito è stata del 32,9% (intervallo di Paesi 16,0-55,6%). L’indagine ha rilevato 139.740 antimicrobici utilizzati in 102.089 pazienti: il 70,6% dei pazienti ha ricevuto un antimicrobico, il 23,6% ne ha ricevuti due e il 5,8% ha ricevuto tre o più antimicrobici. La prevalenza complessiva dell’uso di antimicrobici correlata al numero totale di posti letto occupati nel campione europeo era del 30,5% (intervallo: 15,9%-55,6%, IC 95% cumulativo: 27,7-33,5). Correggendo in base ai risultati degli studi nazionali di validazione, la prevalenza aggiustata di pazienti che hanno ricevuto almeno un antimicrobico è stata stimata al 31,4% (IC 95%: 27,7-33,5%). Dopo l’aggiustamento per i Paesi UE/SEE non partecipanti (Danimarca e Svezia), ciò corrispondeva a un totale stimato di 472 525 (IC 95%: 416 771-531 520) pazienti che ricevevano almeno un antimicrobico in un dato giorno nell’UE/ SEE e Regno Unito.

Gli antimicrobici sono stati somministrati per via parenterale nel 72,8% degli agenti e il motivo dell’uso di antimicrobici è stato documentato nella cartella clinica del paziente per l’80,3% degli agenti.

La prevalenza dell’uso di antimicrobici è stata la più bassa nei pazienti psichiatrici (2,5%) e la più alta tra i pazienti in terapia intensiva (55,9%). Gli antimicrobici sono stati prescritti più frequentemente per il trattamento di un’infezione (70,6%): infezione acquisita in comunità (49,5%), infezione acquisita in ospedale (19,3%) e infezione acquisita in una struttura di assistenza a lungo termine (1,9%). La profilassi chirurgica è stata l’indicazione per il 14,2% delle prescrizioni ed è stata prolungata per più di un giorno nel 7,7% (ovvero il 54,3% della profilassi chirurgica). La profilassi medica è stata l’indicazione per il 10,8% delle prescrizioni.

Su un totale di 233 diversi antimicrobici segnalati al quinto livello ATC, 20 (8,6%) rappresentavano il 75% dell’uso totale di antimicrobici negli ospedali per acuti europei. L’antibiotico più frequentemente prescritto, amoxicillina con inibitore enzimatico (J01CR02), rappresentava l’11,1% di tutti gli agenti antimicrobici.

Le informazioni sulla modifica degli antimicrobici durante il trattamento di un’infezione sono state riportate per il 76,4% delle prescrizioni.

La maggior parte delle prescrizioni (78,8%, intervallo di Paesi: 61,5-93,6%) non sono state modificate dall’inizio del trattamento alla data dell’indagine.

Aumento, de-escalation e switch dalla somministrazione endovenosa a quella orale sono stati segnalati rispettivamente per il 10,9%, 3,9% e 4,3% delle prescrizioni antimicrobiche. La variazione era dovuta a effetti avversi per lo 0,4% e ad altri motivi per l’1,8% delle prescrizioni.

A livello delle singole nazioni, una minore prevalenza dell’uso di antimicrobici e una percentuale più elevata di antimicrobici modificati durante il trattamento sono state associate ad un indice composito di resistenza antimicrobica inferiore.


Indicatori di struttura e di processo per la prevenzione e il controllo delle infezioni e antimicrobial stewardship


Un importante cambiamento nel protocollo del secondo PPS rispetto al primo del 2011-2012 è stato l’inclusione di ulteriori indicatori di struttura e processo per la prevenzione e il controllo delle infezioni (IPC) e per l’antimicrobial stewardship a livello di ospedale e di reparto.

Complessivamente, rispettivamente il 78,7% e il 77,4% degli ospedali dell’UE/SEE e del Regno Unito hanno riferito di disporre di un piano di IPC annuale e di un rapporto di IPC annuale approvato dal Direttore dell’ospedale o da un altro dirigente. Il numero medio di infermieri IPC equivalenti a tempo pieno (FTE) per 250 posti letto era 1,04 (intervallo interquartile [IQR]: 0,58-1,56), con il 14,8% degli ospedali di 18 Paesi, ospedali per lo più di piccole dimensioni, che non disponevano di nessun infermiere IPC. Livelli più elevati di personale infermieristico IPC erano significativamente associati a un indice composito più basso di AMR, con livelli di AMR più bassi per gli ospedali con due o più infermieri FTE IPC per 250 posti letto (corrispondenti a un infermiere IPC per 100 posti letto occupati). Il numero medio di medici IPC FTE per 250 posti letto era 0,28 (IQR: 0,04-0,64), con il 24,0% degli ospedali di 26 Paesi che non riportavano alcun orario di lavoro di medici IPC.

C’era un’ampia variabilità nell’accesso e nell’uso dei test microbiologici tra i Paesi dell’UE/SEE e del Regno Unito. La piena disponibilità di accesso ai test di laboratorio microbiologici durante i giorni del fine settimana è stata segnalata dal 47% degli ospedali, dallo 0% degli ospedali in Lettonia al 100% degli ospedali nel Regno Unito-Irlanda del Nord. Per quanto riguarda l’uso dei test, il numero mediano di emocolture per 1.000 giorni-paziente era 22,8 (IQR: 6,6-49,5) e variava tra meno di 10 in Lituania, Ungheria, Serbia, Romania, Lettonia e Slovacchia e più di 50 nel Regno Unito-Irlanda del Nord, Belgio, Norvegia e Finlandia. Il numero mediano di test delle feci per infezione da Clostridioides difficile per 1.000 giorni-paziente era 3,4 (IQR: 1,3-7,7) e variava tra meno di due in Lituania, Lettonia, Bulgaria, Estonia, Ungheria, Francia e Slovacchia, più di otto a Cipro, Finlandia, Irlanda, Belgio e più di 10 nelle quattro amministrazioni britanniche. Gli ultimi due indicatori dell’uso di test microbiologici erano fortemente correlati tra loro e con la prevalenza di ICA. Il tasso di utilizzo dell’emocoltura spiegava quasi la metà della variazione tra i diversi Paesi della prevalenza di ICA, e questo era indipendente dalla casistica dei pazienti o dal tipo di ospedale. I Paesi che utilizzano di più il laboratorio di microbiologia hanno trovato più ICA.

La partecipazione alle reti di sorveglianza delle ICA (secondo gli obiettivi di sorveglianza della rete di sorveglianza delle infezioni associate all’assistenza [HAI-Net] dell’ECDC) è stata segnalata dal 45% degli ospedali per la sorveglianza delle infezioni del sito chirurgico (SSI), dal 34% degli ospedali per la sorveglianza delle ICA in terapia intensiva e dal 46% degli ospedali per la sorveglianza delle infezioni da C. difficile (CDI). I Paesi in cui gli ospedali hanno segnalato la partecipazione a reti di sorveglianza delle ICA non sempre hanno comunicato i dati all’ECDC. La partecipazione alle reti di sorveglianza della resistenza antimicrobica secondo la rete europea di sorveglianza della resistenza antimicrobica (EARS-Net) è stata segnalata dal 54% degli ospedali e la partecipazione a una rete per la sorveglianza ospedaliera del consumo di antimicrobici è stata segnalata dal 49% degli ospedali.

Sette elementi delle strategie di prevenzione multimodale sono stati raccolti dal protocollo PPS: linee guida, bundle assistenziali, formazione, check-list, audit delle pratiche di prevenzione, sorveglianza e feedback. Le linee guida sono state l’elemento più frequentemente riportato, sia in terapia intensiva che a livello ospedaliero. Le check-list e gli audit sono stati gli elementi segnalati meno di frequente. Le infezioni del circolo sanguigno (associate all’assistenza e/o associate al dispositivo) erano il tipo di ICA più interessato dalle strategie di prevenzione, sia in terapia intensiva che a livello ospedaliero. C’erano poche azioni a livello ospedaliero nella prevenzione della polmonite, nonostante (ma probabilmente contribuiva a) il fatto che la polmonite correlata all’assistenza non associata a ventilazione rappresentava il 64,0% di HAP e il 13,7% di tutte le ICA.

Inoltre, due indicatori hanno misurato il monitoraggio e/o l’audit delle pratiche di igiene delle mani. Il consumo medio di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica (AHR) (riportato principalmente per l’anno precedente il PPS) era di 20,3 litri per 1.000 giorni-paziente (IQR: 11,6-34,6) e variava da 6,4 L/1.000 giorni-paziente in Lettonia a 58,7 L/1.000 giorni-paziente in Norvegia. La mediana era la più bassa nei reparti psichiatrici (4,0 L/1.000 giorni-paziente) e la più alta nelle unità di terapia intensiva (59,1 L/1.000 giorni-paziente). Il secondo indicatore era il numero di opportunità di igiene delle mani osservate nell’anno precedente. La mediana era di 3,0 opportunità osservate per 1.000 giorni-paziente (IQR: 0-22,4), con il 29,2% degli ospedali che non riportava alcuna osservazione di opportunità e il 4,4% degli ospedali che riportava più di 100 opportunità per 1.000 giorni-paziente, principalmente in Bulgaria (41,7 %) e Cipro (87,5%).

Il carico di lavoro degli operatori sanitari (HCW) è stato valutato in base ai livelli di personale di infermieri e assistenti infermieristici registrati e all’occupazione dei posti letto. Quando si combina l’equivalente a tempo pieno (FTE) di infermieri registrati e assistenti infermieristici, la mediana era di 108,4 infermieri FTE per 100 letti d’ospedale (IQR: 72,9-181,0), da 43,7 in Ungheria a 270,6 nel Regno Unito-Inghilterra. Nelle unità di terapia intensiva, la mediana era di 284,3 infermieri per 100 posti letto in terapia intensiva (IQR: 200,0-405,9) e variava da 137,0 in Slovacchia a più di 500 in Irlanda e Regno Unito-Scozia. L’occupazione mediana dei letti misurata a mezzanotte del giorno del PPS era del 78,1% (IQR: 67,6-86,2) e l’occupazione mediana dei letti nell’anno precedente calcolata dai dati del denominatore ospedaliero era del 72,5% (IQR: 63,8-80,9). A livello ospedaliero, il consumo di prodotti per la frizione delle mani a base alcolica era associato negativamente all’occupazione dei posti letto nell’anno precedente (coefficiente di regressione -0,22, p<0,001) e positivamente associato ai livelli di personale infermieristico per 100 posti letto (coefficiente di regressione 0,07, p<0,001).

L’ambiente ospedaliero è stato valutato in base alla disponibilità di dispenser per frizione alcolica (AHR) presso il punto di assistenza, al numero di stanze singole e al numero di stanze di isolamento per le infezioni a trasmissione per via aerea. La percentuale media di posti letto con dispenser AHR presso il punto di assistenza era del 52,8% (IQR: 8,6-94,6) e variava tra meno del 10% in Austria, Ungheria, Lettonia, Romania e Serbia e oltre il 90% in Belgio, Irlanda, Malta e Spagna. Una maggiore disponibilità di erogatori AHR è stata significativamente associata a un consumo più elevato di AHR e a un indice composito più basso di AMR a livello nazionale. La percentuale mediana di posti letto in stanza singola era del 10,6% (IQR: 4,6-25,8), da meno del 5% in Grecia, Ungheria, Polonia, Slovenia e Serbia a oltre il 50% in Francia. Una percentuale più alta di posti letto in stanze singole è stata anche associata a un indice composito più basso di resistenza antimicrobica a livello nazionale. Il numero medio di stanze di isolamento per infezioni aeree era di 7,9 per 1.000 letti d’ospedale e variava da meno di uno su 1.000 in Croazia e Ungheria a 20 su 1.000 o più letti d’ospedale in Estonia, Finlandia e Paesi Bassi.

L’FTE del consulente per l’antimicrobial stewardship è stato raccolto separatamente dall’FTE del medico dell’IPC. La mediana era di 0,08 FTE per 250 posti letto (intervallo di Paesi: 0-0,60), con il 46,7% degli ospedali che non riportava alcun orario di lavoro del consulente per la gestione degli antimicrobici. Il consulente per l’antimicrobial stewardship FTE era l’unico indicatore misurato a livello di ospedale o di reparto che era significativamente associato agli indicatori misurati a livello di uso di antimicrobici (ad es. percentuale di modifica della terapia antibiotica) e all’indice composito di resistenza antimicrobica, quando analizzato come variabile dicotomica a livello ospedaliero (presenza di qualsiasi gestione antimicrobica FTE sì/no). A livello di Paese, nessuno degli indicatori di gestione antimicrobica misurati a livello ospedaliero o di reparto (gestione antimicrobica FTE, presenza di procedura di revisione post-prescrizione, strategia multimodale per l’uso di antimicrobici) era significativamente associato a indicatori misurati a livello di uso di antimicrobici (ad es. cambio dell’antimicrobico durante il trattamento, profilassi chirurgica prolungata, uso di antimicrobici ad ampio spettro, ecc.) o con indice composito di resistenza antimicrobica. Tuttavia, gli indicatori misurati a livello di ospedale/reparto erano intercorrelati.


Validazione


Un totale di 28 Paesi UE/SEE (contando separatamente le amministrazioni del Regno Unito) e la Serbia hanno condotto un’indagine nazionale di validazione durante il PPS nel 2016-2017, comprendendo un totale di 241 ospedali validati e 12.477 cartelle cliniche validate. In media, il 2,3% (intervallo di Paesi: 0,3–5,6%) dei pazienti che sono stati segnalati come non affetti da ICA dagli incaricati della rilevazione dei dati PPS sono stati invece considerati affetti da ICA dai team nazionali di validazione (falsi negativi). Secondo il team nazionale di validazione, un paziente su cinque (media: 20,3%, intervallo di Paesi: 0–46,2%) riportato come affetto da una ICA in realtà non l’aveva (falsi positivi). Ciò ha comportato una sensibilità media per il rilevamento e la segnalazione di un paziente con almeno una ICA del 69,4% (intervallo nazionale: 40,1-94,4%) e una specificità media del 98,8% (intervallo nazionale: 96,1-100%). A livello nazionale, la prevalenza di ICA nella PPS primaria era significativamente associata alla specificità (rho di Spearman -0,62, p<0,001), ma non alla sensibilità. La sensibilità media per il rilevamento e la segnalazione di un paziente che ha ricevuto almeno un antimicrobico è stata del 93,8% (intervallo di Paesi: 81,8–100%) e la specificità media è stata del 98,8% (intervallo di Paesi: 96,1–100%), con una media del 3,2% di falsi negativi e il 4,4% di falsi positivi.

Oltre alla validazione nazionale, un team esterno di validazione ha visitato ospedali in 25 Paesi durante i rispettivi studi di validazione nazionale (come commissionato dal contratto quadro ECDC/2016/013). I risultati principali di queste visite hanno incluso difficoltà nel valutare potenziali ICA a causa della frequente mancanza di dati di laboratorio (in particolare dati microbiologici) in combinazione con cartelle cliniche scritte male e note assenti o illeggibili. Allo stesso modo, la qualità delle cartelle cliniche dei pazienti complicava la valutazione delle variabili sull’uso degli antimicrobici come l’indicazione, il motivo del cambiamento e la data di inizio della prescrizione degli antimicrobici.

Per quanto riguarda la struttura e gli indicatori di processo, i team esterni di validazione hanno trovato i valori più discordanti nella segnalazione degli elementi della strategia multimodale, per lo più segnalazioni eccessive da parte delle persone incaricate della rilevazione dei dati PPS a livello locale, il che potrebbe spiegare alcuni risultati incoerenti trovati per le variabili “sì/no” nell’analisi dei dati, in confronto con gli indicatori numerici.

In terzo luogo, l’ECDC ha chiesto ai team nazionali di validazione di completare una serie di 10 casi clinici (selezionati casualmente su un totale di 60) prima degli studi nazionali di validazione. Il kappa complessivo per la presenza di un ICA era 0,72 confrontando le risposte dei team nazionali di validazione con la risposta gold standard proposta dagli autori dei casi clinici. Tralasciando i casi difficili, il kappa era 0,86.


Discussione


Il PPS dell’ECDC 2016-2017 è stato il più grande PPS europeo di ICA e uso di antimicrobici negli ospedali per acuti fino ad oggi, nonostante la mancata partecipazione di due Paesi dell’UE/SEE (Danimarca e Svezia). Poiché è stato accompagnato da uno sforzo di validazione senza precedenti e grazie alla migliore rappresentatività del campione nel suo insieme, ha consentito di calcolare le stime più affidabili del numero annuale di ICA a livello UE/EEA fino ad oggi.

I risultati hanno confermato che le ICA e la resistenza antimicrobica nei batteri responsabili delle ICA rappresentano una sfida significativa per la salute pubblica per l’UE/EEA, con un numero totale stimato di 3,8 milioni di pazienti che hanno contratto almeno una ICA all’anno negli ospedali europei nel periodo 2016-2017. I risultati complessivi per l’UE/EEA per le ICA e l’uso di antimicrobici sono stati simili al primo PPS dell’ECDC nel 2011-2012, anche se sono state osservate differenze importanti a livello dei singoli Paesi. Dovrebbero essere eseguite ulteriori analisi per valutare i cambiamenti tra i due sondaggi considerando le differenze nel case mix dei pazienti.

Nonostante gli studi di validazione e l’aggiustamento avanzato del rischio, il PPS dell’ECDC 2016-2017 non ha consentito di migliorare la comparabilità della prevalenza delle ICA tra i diversi Paesi. Tuttavia, con importanti implicazioni per tutte le parti interessate, sono stati identificati i motivi principali per cui la prevalenza delle ICA non può essere confrontata tra gli Stati membri dell’UE/EEA. La ragione più importante era (ed è) l’ampia variabilità dei tassi di utilizzo dei test microbiologici tra i Paesi – che riflette forse anche le barriere e le possibilità di eseguire i test diagnostici nel loro complesso – che spiegava quasi la metà della variazione della prevalenza delle ICA tra i Paesi. Infatti, quando mancano i risultati dei test, alcune ICA spesso non corrispondono alle definizioni dei casi e, di conseguenza, non vengono riportate. Questo problema è stato confermato anche dai risultati di alcuni gruppi di validazione nazionali e del gruppo esterno di validazione.

Pertanto, occorre prestare urgente attenzione a livello nazionale ed europeo all’armonizzazione della stewardship diagnostica, in particolare per un uso ottimale dei test microbiologici per la gestione delle malattie infettive. In secondo luogo, come previsto, le indagini di validazione hanno mostrato un’ampia variabilità tra i vari Paesi nella sensibilità e nella specificità della segnalazione di ICA da parte del personale ospedaliero dedicato al PPS, influenzando ovviamente la prevalenza segnalata di ICA. Tuttavia, a causa delle limitate dimensioni del campione di validazione in due terzi dei Paesi, i risultati della validazione potevano essere utilizzati solo per correggere la prevalenza delle ICA a livello europeo, non a livello di Paese. Migliorare le prestazioni del personale ospedaliero impiegato nel PPS in termini di validità richiede ulteriore formazione sulla metodologia PPS, in particolare sulle definizioni dei casi di ICA. Per il futuro confronto della prevalenza delle ICA tra i Paesi, dovrebbe essere preso in considerazione un indicatore standardizzato di prevalenza delle ICA, aggiustando per la frequenza dei test diagnostici, i risultati degli studi di validazione rappresentativi a livello nazionale e le differenze nel mix di pazienti.

L’indice composito di resistenza antimicrobica nelle ICA a livello nazionale è apparso essere un indicatore più solido della prevalenza delle ICA, come dimostrato da 1) un’eccellente correlazione tra i dati del PPS dell’ECDC e quelli della sorveglianza EARS-Net della resistenza antimicrobica, 2) una minore dipendenza dalla frequenza dei test microbiologici e 3) correlazioni coerenti con la prevalenza dell’uso di antimicrobici, con altri indicatori di uso razionale di antimicrobici misurati a livello antimicrobico (ad esempio la percentuale di antimicrobici cambiati durante il trattamento), con livelli di personale infermieristico per la prevenzione e il controllo delle infezioni, con il consumo di soluzione idroalcolica per la frizione delle mani (o la percentuale di letti con dispenser di alcool) e con la capacità di isolamento misurata dalla percentuale di letti in stanze singole.

I dati sull’uso di antimicrobici raccolti nel PPS hanno mostrato una buona validità e hanno identificato diverse aree per un miglioramento dell’uso di antimicrobici in diversi Paesi europei, tra cui: riduzione dell’uso di antimicrobici ad ampio spettro, aderenza alla profilassi chirurgica a dose singola, riduzione della profilassi medica, passaggio mirato da somministrazione parenterale ad orale di antibiotici e migliorare la documentazione relativa al motivo della prescrizione antimicrobica nelle cartelle cliniche del paziente.

Il PPS 2016-2017 ha anche fornito un quadro dettagliato dell’organizzazione e del rendimento della prevenzione e del controllo delle infezioni e della gestione antimicrobica negli ospedali europei per acuti, mostrando una grande variabilità nell’attuazione delle componenti principali dell’IPC e dei programmi di antimicrobial stewardship, con differenze da 7 a 54 volte tra i Paesi con i valori medi più bassi e più alti: test microbiologici (emocolture 39×, test delle feci 54×), livelli di personale IPC (infermieri 9×, medici 23×), livelli di personale consulente per l’antimicrobial stewardship (37×), organico di infermieri e assistenti infermieri (7×), consumo di prodotti per la frizione alcolica delle mani (7×), percentuale di posti letto con dispenser di soluzione idroalcolica (13×) e percentuale di posti letto in camere singole (24×). Gli indicatori di struttura e di processo erano spesso intercorrelati, dimostrando che gli ospedali e i Paesi che investono in un’area spesso ottengono risultati migliori nell’altra. Sono necessari ulteriori adeguamenti degli indicatori di struttura e di processo sviluppati per il PPS dell’ECDC, sostituendo o integrando gli indicatori che misurano la semplice presenza di strutture o pratiche (indicatori "sì/no/sconosciuti") con indicatori numerici più oggettivi e informativi, ove possibile.

La continua prevenzione delle ICA e della resistenza antimicrobica negli ospedali europei per acuti richiede la continua implementazione delle raccomandazioni e delle linee guida esistenti. Le principali raccomandazioni specifiche tratte dai risultati del PPS dell’ECDC 2016-2017 sono formulate come segue:

• armonizzare urgentemente la gestione della diagnostica e migliorare l’accesso ai test diagnostici microbiologici negli ospedali europei;

• aumentare i livelli del personale infermieristico IPC a (idealmente) un infermiere IPC ogni 100 posti letto occupati;

• installare i dispenser di soluzione idroalcolica presso il punto di assistenza;

• garantire livelli adeguati di personale infermieristico in base al carico di lavoro per migliorare l’adesione all’igiene delle mani;

• aumentare la percentuale di stanze singole per migliorare la capacità di isolamento;

• aumentare la revisione post-prescrizione del trattamento antimicrobico, riducendolo quando possibile;

• garantire formazione, personale qualificato dedicato e tempo per le consulenze in materia di stewardship antimicrobica.


Bibliografia


1. ECDC. Healthcare-associated infections acquired in intensive care units. Annual Epidemiological Report for 2019 (https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/healthcare-associated-infections-intensive-care-units-2019).

2. ECDC. Healthcare-associated infections acquired in intensive care units. Annual Epidemiological Report for 2018. (https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/healthcare-associated-infections-intensive-care-units-annual-report-2018).

3. ECDC. Healthcare-associated infections: surgical site infections – Annual Epidemiological Report for 2018-2020 (https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/healthcare-associated-infections-surgical-site-annual-2018-2020).

4. ECDC. Point prevalence survey of healthcare-associated infections and antimicrobial use in European acute care hospitals 2016-2017 (https://www.ecdc.europa.eu/en/publications-data/point-prevalence-survey-healthcare-associated-infections-and-antimicrobial-use-5).