Vaccini contro SARS-CoV-2: la lunga corsa

Vaccines against SARS-CoV-2: the long run


Giuseppe Ippolito, Concetta Castilletti,
Salvatore Curiale, Chiara Montaldo

Istituto Nazionale Malattie Infettive
“Lazzaro Spallanzani” IRCCS
Roma


Riassunto. La disponibilità di vaccini efficaci in meno di un anno dalla scoperta di un nuovo patogeno con potenziale pandemico come il SARS-CoV-2, rimarrà probabilmente una delle più grandi conquiste della scienza del 21° secolo. Ma la realizzazione del vaccino è solo la prima fondamentale tappa di un lungo percorso che si concluderà solo con l’immunizzazione di gran parte della popolazione mondiale, premessa necessaria per tenere sotto controllo la pandemia e superare le sue devastanti conseguenze sanitarie, sociali ed economiche.

Parole chiave. SARS-CoV-2, immunizzazione, vaccini.


Summary. The availability of effective vaccines in less than a year after the discovery of a new pathogen with pandemic potential such as SARS-CoV-2 will likely remain one of the greatest scientific achievements of the 21st century. But the creation of the vaccine is only the first fundamental step in a long journey that will end only with the immunization of a large part of the world population, a necessary prerequisite for keeping the pandemic under control and overcoming its devastating health, social and economic consequences.

Key words. SARS-CoV-2, immunization, vaccines.


La messa a punto di un vaccino richiede normalmente dai cinque ai dieci anni di tempo; per SARS-CoV-2 invece, in meno di un anno, si è passati dalla scoperta di un patogeno prima sconosciuto, all’inizio delle vaccinazioni in molte aree del mondo, tra cui l’Europa e l’Italia. Questo è stato possibile grazie all’enorme impegno da parte di scienziati di tutto il mondo, che hanno applicato a questo nuovo virus conoscenze e tecnologie sviluppatesi recentemente in altri campi, come la tecnologia del RNA messaggero, prima utilizzata quasi esclusivamente in campo oncologico, i sistemi bio-informatici per il sequenziamento del virus, le tecniche di ingegneria genetica. Per velocizzare i processi di approvazione, i produttori dei candidati vaccini hanno svolto in contemporanea alcune fasi della sperimentazione, che prima si svolgevano in sequenza, e le grandi agenzie regolatorie, tra cui l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA), hanno adottato il metodo della “rolling review”, che prevede un’analisi dei dati sperimentali già durante gli studi e non solo alla fine della sperimentazione, come indicato dalla procedura standard. Il fattore decisivo è stato però di natura squisitamente economica: i governi di molte nazioni, come Cina, USA, Russia, Unione Europea, hanno investito sul vaccino ingenti risorse, finanziando a fondo perduto le società biotecnologiche che avevano i candidati più promettenti, e impegnandosi ad acquistare miliardi di dosi di vaccino prima ancora di conoscere i risultati delle sperimentazioni. La sola Unione Europea a novembre 2020 aveva firmato contratti di opzione per 1,965 miliardi di dosi di vaccino,1 mentre il governo americano con la sua “Operation Warp Speed” a fine ottobre 2020 aveva già erogato 10,75 miliardi di dollari a sei società farmaceutiche, ed ulteriori 1,6 miliardi a fornitori di fiale, siringhe ed altri prodotti e servizi strategici per la produzione e la distribuzione dei vaccini.2



Piattaforme e tecnologie a confronto

I candidati vaccini in fase di sviluppo utilizzano diverse tecnologie per indurre la risposta immunitaria:

• vaccini nei quali si utilizza direttamente il virus dopo averlo attenuato o inattivato: è la tecnologia di realizzazione della maggioranza dei vaccini fino ad oggi utilizzati, tra cui quelli contro il morbillo e la poliomielite

• vaccini basati su proteine, nei quali si utilizzano le proteine che si trovano sulla superficie del virus o loro frammenti (es. vaccini contro la pertosse e le epatiti A e B) oppure “particelle virus-simili” (VLP) (es. vaccino contro il papilloma virus): di fatto si utilizza l’involucro esterno del virus svuotato del suo contenuto genetico.

Oltre a queste tecnologie tradizionali, altre ne sono emerse negli ultimi anni, grazie agli enormi progressi compiuti dalle tecnologie bio-ingegneristiche in campo medico. Il nuovo approccio prevede che, invece di somministrare il materiale biologico contro il quale si vuole stimolare la risposta immunitaria, si trasferiscano all’interno delle cellule umane le istruzioni genetiche per produrlo.

I vaccini che utilizzano queste tecnologie sono:

• vaccini basati sugli acidi nucleici (DNA o RNA), con i quali si introduce nelle cellule umane il materiale genetico per produrre le proteine target del virus contro cui si vuole stimolare l’immunità;

• vaccini a vettore virale, nei quali si utilizza un virus innocuo per l’uomo, reso incapace di replicarsi e nel quale è stato innestato il codice genetico delle proteine del virus contro il quale si vuole stimolare l’immunità (es. vaccino contro il virus Ebola).

La rivista Science Advances ha recentemente pubblicato un compendio sulle caratteristiche dei principali vaccini contro il SARS-CoV2, a partire dai risultati degli studi in vitro e dai test sui primati non umani, sino ai risultati di immunogenicità che emergono dai trial clinici.3

Al momento, secondo le fonti pubbliche disponibili, i candidati vaccini anti SARS-CoV2 sono oltre 300, di cui circa 90 in fase di sperimentazione sull’uomo.4 Anche l’Italia partecipa a questo grande sforzo collettivo, con due candidati vaccini: il primo, prodotto da ReiThera e denominato GRAd-CoV2, ha completato la fase 1 presso lo Spallanzani di Roma ed il Centro Ricerche Cliniche di Verona ed è attualmente in fase 2/3 presso diversi centri clinici in Italia; il secondo, prodotto da Takis e denominato COVID-eVax, ha iniziato a marzo 2021 la fase 1/2 presso l’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, lo Spallanzani e l’ospedale San Gerardo di Monza. Al momento quattro vaccini sono stati approvati da EMA ed Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), e quindi utilizzabili in Italia: due a vettore virale (AstraZeneca e Johnson & Johnson) e due a RNA messaggero (Pfizer/BioNTech e Moderna). AIFA ha pubblicato sul proprio sito una sezione “Domande e risposte”,5 nella quale fornisce tutte le informazioni utili sui vaccini attualmente approvati in Italia.

L’obiettivo di tutti i vaccini al presente in studio è quello di stimolare una risposta del sistema immunitario contro la proteina spike sulla superficie virale, che SARS-CoV2 utilizza per legarsi ai recettori delle cellule umane e penetrare dentro di esse. I vaccini stimolano inoltre la risposta cellulo-mediata, in particolare da parte dei linfociti T che hanno il compito di distruggere le cellule infettate dal virus.6 Al momento esistono limitate evidenze su quale tecnologia possa fornire i migliori risultati: anche per questo motivo sono in corso due sperimentazioni di utilizzo “misto” di vaccini (heterologous prime boost), con la quale si somministra una prima dose di un tipo di vaccino e una seconda dose con un altro tipo:

• un trial clinico promosso dall’Università di Oxford studia gli effetti di una somministrazione vaccinale in due dosi e con diversi intervalli di tempo tra prima e seconda dose utilizzando: il vaccino Pfizer/BioNTech a RNA messaggero e il vaccino AstraZeneca a vettore virale;7

• un programma di ricerca clinica congiunto tra AstraZeneca e l’Istituto Gamaleya di Mosca valuta l’uso combinato dei rispettivi vaccini, uno basato sull’adenovirus dello scimpanzè, l’altro su due adenovirus umani.8



Dal laboratorio al mondo reale:
dal vaccino alla vaccinazione

Molti degli interrogativi ancora irrisolti si stanno progressivamente chiarendo con l’implementazione delle vaccinazioni di massa. Tra questi particolarmente importanti sono il profilo di sicurezza a medio/lungo termine e su gruppi particolari di popolazione come le donne in gravidanza e i bambini, l’efficacia complessiva sugli anziani e sugli immunodepressi, la durata della protezione, la capacità di prevenire, oltre alla malattia grave o sintomatica, anche l’infezione e quindi la trasmissione del virus.

Per quanto riguarda la vaccinazione in chi abbia già avuto l’infezione e/o la malattia, numerose ricerche confermano come l’immunità conferita dall’infezione naturale potenzi l’azione del vaccino: la risposta anticorpale alla prima dose di vaccino in individui con immunità pre-esistente è infatti uguale o addirittura superiore a quella che si ottiene in individui non precedentemente infettati dopo le due dosi vaccinali. Inoltre negli individui con pregressa infezione la reattogenicità al vaccino è significativamente più alta.9 Su queste basi, in Italia una circolare del Ministero della Salute segnala la possibilità di somministrare una sola dose di vaccino ai soggetti che abbiano avuto l’infezione da più di tre e da meno di sei mesi.10

A distanza di oltre tre mesi dall’inizio delle somministrazioni in tutto il mondo cominciano ad arrivare le prime evidenze sull’efficacia dei vaccini nel prevenire l’infezione, a partire dal primo gruppo ad essere immunizzato, quello degli operatori sanitari, i più esposti al rischio di contagio. In Israele sono da poco disponibili i dati di due grandi ospedali:11 nel primo, lo Sheba Medical Centre di Ramat Gan (oltre 9.000 operatori), al 24 gennaio 2021, quando l’80% degli operatori dell’ospedale aveva già ricevuto la prima dose del vaccino e il 66% la seconda, la riduzione delle infezioni totali nei vaccinati rispetto ai non vaccinati è stata del 30% entro 14 giorni dalla prima dose e del 75% tra 14 e 28 giorni dopo la prima dose. Nel secondo ospedale, lo Hadassah Hebrew University Medical Center di Gerusalemme (oltre 6.500 operatori) l’incidenza dell’infezione è scesa dai 9 casi per 1.000 dipendenti del 20 dicembre, giorno in cui sono iniziate le vaccinazioni, a 0,4 casi per 1.000 dipendenti dopo sei settimane, quando la maggioranza dei dipendenti aveva ricevuto la seconda dose da almeno due settimane.

Evidenze simili emergono da due studi realizzati in Texas e in California.12 Nel primo, realizzato presso la University of Texas Southwestern Medical School di Dallas tra il 15 dicembre 2020, inizio delle vaccinazioni, e il 28 gennaio 2021, sono stati riscontrati 350 casi di infezione da SARS-CoV2 su un totale di 23.234 dipendenti: 234 tra i non vaccinati (incidenza del 2,61%), 112 tra i parzialmente vaccinati (1,82%) e 4 tra i completamente vaccinati (0,05%). Nelle università californiane UCSD di San Diego e UCLA di Los Angeles, su un totale di 36.659 operatori sanitari vaccinati a partire dal 16 dicembre 2020, si sono verificati in tutto 379 casi di positività, di cui 270 (incidenza del 2%) su operatori che avevano ricevuto la prima dose da meno di due settimane, e soltanto sette (incidenza 0,18%) su operatori che avevano concluso il ciclo vaccinale da almeno due settimane.13 Questi risultati sono sostanzialmente sovrapponibili con quelli che arrivano dalla Gran Bretagna, dove è stato realizzato uno studio, denominato SIREN, tra gli operatori sanitari degli ospedali pubblici. Tra i sanitari che al momento dell’arruolamento non avevano avuto l’infezione da SARS-CoV2, una dose del vaccino Pfizer/BioNTech si è dimostrata efficace al 72% dopo 21 giorni dalla prima dose, e dell’86% dopo 7 giorni dalla seconda dose.14 Dall’analisi di circa 50.000 tamponi effettuati tra il 17 febbraio 2020 e l’8 febbraio 2021 da una assicurazione privata negli USA per ammettere i pazienti ad altre procedure mediche, è emerso che tra i vaccinati il rischio di contrarre un’infezione asintomatica era ridotto del 56% rispetto ai non vaccinati, e dell’80% per chi aveva già ricevuto entrambe le dosi del vaccino.15 Secondo un comunicato stampa di Pfizer, basato sui dati delle vaccinazioni in Israele, il vaccino Pfizer/BioNTech avrebbe una efficacia del 94% nel prevenire l’infezione asintomatica a partire da due settimane dopo la somministrazione della seconda dose.16

La capacità di prevenire l’infezione determina la capacità del vaccino di ridurre o rallentare la trasmissione del virus. Nel più grande laboratorio di analisi israeliano sono stati messi a confronto i valori della carica virale dei tamponi positivi delle persone con più di sessant’anni con quelli dei positivi di età compresa tra i 40 e i 60 anni. Sino all’inizio di gennaio, questi valori risultavano sostanzialmente sovrapponibili, ma a partire da metà/fine gennaio, in coincidenza con l’avvio della campagna vaccinale per gli over 60, i valori di questo gruppo di popolazione hanno cominciato a flettere in maniera consistente indicando, con alta probabilità, che una minore carica si traduca in una inferiore trasmissibilità.17 Sempre da Israele arriva un altro studio su poco meno di 5.000 casi positivi su oltre un milione di vaccinati dal Maccabi Healthcare Service alla data dell’11 febbraio 2021, registrati in base alla data di diagnosi, dal giorno della prima dose sino a quindici giorni dopo la seconda. Dall’analisi è emersa, oltre alla progressiva riduzione del numero di casi, una carica virale significativamente inferiore per le infezioni diagnosticate a partire dal 12° giorno dopo la prima dose di vaccino, che si è andata riducendo ulteriormente nelle infezioni avvenute dopo la seconda dose. Questa progressiva riduzione delle cariche virali indica un’infettività potenzialmente inferiore delle persone vaccinate, quindi un ulteriore effetto positivo della vaccinazione che, oltre a proteggere il vaccinato dalle forme sintomatiche della malattia, limita anche la diffusione del virus.18

I dati di efficacia sono molto positivi anche esaminando la vaccinazione della popolazione generale nelle nazioni con un’ampia copertura vaccinale. In Israele un grande studio osservazionale ha messo a confronto circa 600.000 persone vaccinate tra il 20 novembre e il 1° febbraio col vaccino Pfizer/BioNTech con altrettante non vaccinate, concludendo che, già due settimane dopo la prima dose, il vaccino riduce l’infezione del 46%, fino a salire al 92% a partire da una settimana dopo la seconda dose. Il vaccino ha inoltre dimostrato un’efficacia del 57% nel prevenire le forme sintomatiche dopo la prima somministrazione e del 94% dopo la seconda.19 Un’altra ricerca condotta in Scozia sul database unico della sorveglianza Covid-19, che copre il 99% della popolazione, conclude che una sola dose di vaccino, sia Pfizer/BioNTech che AstraZeneca, ha un’efficacia tra l’85% e il 95% nella riduzione del rischio di ospedalizzazione per la popolazione generale, e dell’81% per le persone con oltre 80 anni di età.20 Uno studio sierologico condotto in Gran Bretagna su 185 persone di età superiore ai 70 anni, ha dimostrato una robusta risposta anticorpale alla vaccinazione già dopo la prima dose.21

L’esclusione delle donne in gravidanza o in allattamento dai primi trial clinici ha generato incertezza sull’opportunità di includerle nella vaccinazione di massa. I primi riscontri sembrano tuttavia positivi: uno studio realizzato al Massachusetts General Hospital ha evidenziato una risposta anticorpale in donne vaccinate in gravidanza e in fase di allattamento sovrapponibile a quella della popolazione generale, senza rilevanti differenze per quanto riguarda gli effetti collaterali. La vaccinazione sembra conferire una robusta immunità anticorpale anche al neonato: gli anticorpi indotti dal vaccino sono stati riscontrati sia nel sangue del cordone ombelicale che nel latte materno, ad un livello assai più elevato rispetto a quello che si riscontra in seguito all’infezione naturale durante la gravidanza.22



“Back to normal”?

Con l’aumento della copertura vaccinale, alcune misure di contenimento dell’epidemia possono essere alleggerite o eliminate. Secondo le recenti indicazioni dei CDC negli USA le persone che hanno completato il ciclo vaccinale da almeno due settimane possono frequentare al chiuso, senza indossare maschere e senza distanziamento fisico, altre persone completamente vaccinate, o persone non vaccinate di una singola famiglia a basso rischio di contrarre la malattia, e non hanno l’obbligo della quarantena se sono stati a contatto con un caso positivo. In Italia invece, dove la copertura vaccinale è ancora molto inferiore rispetto agli Stati Uniti, le più recenti indicazioni emanate dall’Istituto Superiore di Sanità prevedono per le persone vaccinate le stesse precauzioni rispetto ai non vaccinati, compresa la quarantena di 14 giorni oppure di 10 giorni con un test antigenico o molecolare di uscita.23

Sull’argomento, l’Università di Warwick ha elaborato un modello matematico tarato sul contesto britannico, che ipotizza diversi scenari temporali di andamento delle vaccinazioni per gruppi di età e di rilassamento o rimozione delle misure non farmacologiche (mascherine, distanziamento, igiene delle mani), e su queste basi costruisce degli scenari sull’andamento del numero dei casi e dei decessi da gennaio 2021 sino a gennaio 2024.24 Sarebbe certamente opportuno disporre anche in Italia di simili strumenti epidemiologici, che permetterebbero di graduare l’applicazione delle misure di contenimento sulla base della copertura vaccinale.



Il vaccino per tutti, conviene a tutti

“I vaccini non salvano vite. La vaccinazione sì”.25 La realizzazione di un vaccino efficace è solo il primo passo di un processo complesso che, nel caso di una pandemia, include molteplici aspetti. Dopo che gli studi clinici hanno dimostrato l’efficacia di un vaccino, questo deve essere approvato dalle agenzie regolatorie e avviato alla produzione secondo standard internazionali noti come Current Good Manufacturing Practices (CGMPs) e distribuito secondo standard internazionali noti come Good Distribution Practices (GDPs). La distribuzione dovrebbe rispettare equità e pari possibilità di accesso per tutti, dando la priorità alle persone che per età e condizione clinica abbiano un maggior rischio di sviluppare forme severe di malattia o che siano a maggior rischio di contrarre e trasmettere l’infezione.26 

Durante la vaccinazione di massa si continuano a raccogliere e analizzare dati sull’efficacia e sugli effetti protettivi indiretti della vaccinazione, in modo da definire i livelli minimi di copertura vaccinale per ottenere e mantenere l’immunità di gregge. Si prosegue inoltre la sorveglianza molecolare per individuare eventuali mutazioni del virus e la loro sensibilità alle risposte immunitarie indotte dal vaccino. Su questo, sia l’EMA che il consorzio ACCESS, che riunisce le autorità di Gran Bretagna, Australia, Canada, Singapore e Svizzera, hanno definito procedure semplificate per l’adeguamento delle formulazioni dei vaccini alle nuove varianti virali ed ai ceppi prevalenti.27,28 

È però fondamentale che l’accesso alla vaccinazione sia equo in tutti i Paesi e in tutti i gruppi sociali. L’esperienza del ritardo dell’accesso alla terapia antiretrovirale per l’HIV nel continente africano, quella del vaccino per l’epidemia di H1N1 nel 2009, quella delle migliaia di morti annuali di morbillo nonostante la disponibilità di un vaccino efficace, dimostrano che anche quando gli strumenti sono disponibili non sempre sono accessibili a tutti. Per questo motivo nell’aprile 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato, in collaborazione con altre organizzazioni tra cui Unicef, Gavi, Cepi, Bill & Melinda Gates Foundation, un programma denominato “Access to Covid-19 Tools (ACT) Accelerator”, che si propone di accelerare lo sviluppo, la produzione e l’accesso equo a test, trattamenti e vaccini contro Covid-19 ed al cui interno si colloca il programma COVAX, che punta ad assicurare un’equa distribuzione dei vaccini in tutto il mondo, specialmente nelle nazioni a medio-basso reddito. Al momento sono circa 190 le nazioni che hanno aderito al progetto. Tra le grandi potenze globali, rimane fuori dall’iniziativa soltanto la Russia. La Cina ha aderito a ottobre 2020 e gli USA a gennaio 2021, subito dopo l’insediamento del nuovo presidente Joe Biden.29 

Il documento strategico e di budget di ACT Accelerator per il 202130 ha posto quattro obiettivi principali:

• distribuire entro l’anno almeno due miliardi di dosi di vaccini;

• potenziare la ricerca e lo sviluppo, i processi di valutazione ed i percorsi normativi, per ottimizzare i prodotti e affrontare le varianti;

• favorire la rapida adozione ed utilizzo di sistemi diagnostici, terapeutici e dispositivi di protezione individuale (dpi);

• assicurare un robusto assortimento di diagnostici, farmaci e dpi.

Per raggiungere questi obiettivi strategici, il programma ha ricevuto ad oggi donazioni per 11 miliardi di dollari, ma richiede un ulteriore investimento di 22 miliardi: circa 6 per i vaccini e le terapie, circa 9 per la diagnostica, e circa 7 per il potenziamento dei sistemi sanitari nazionali.

Si tratta indubbiamente di un investimento rilevante, ma il costo del mancato intervento a livello globale sarebbe di gran lunga superiore. La International Chamber of Commerce ha stimato che l’economia globale potrebbe perdere fino a 9.200 miliardi di dollari, 4.500 dei quali a carico dei Paesi ad alto reddito, se i Paesi a basso reddito non avranno un accesso equo ai vaccini. Secondo queste stime, un investimento di 27,2 miliardi di dollari per finanziare completamente il programma ACT Accelerator dell’OMS avrebbe le potenzialità per generare un ritorno pari a 166 volte l’importo investito.31

Oltre alla limitata disponibilità globale di dosi e alla scarsa disponibilità economica di molti Paesi, questa disuguaglianza dipende anche dal sistema internazionale di tutela della proprietà intellettuale, che ostacola la condivisione della conoscenza scientifica e lo sviluppo di nuovi strumenti per combattere il virus, permettendo di rispondere alla domanda di attrezzature, diagnostici, medicinali, a costi sostenibili anche dai Paesi a basso reddito. Il 2 ottobre 2020 India e Sudafrica hanno sottoposto all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) una proposta congiunta32 con cui chiedono una deroga ai brevetti e agli altri diritti di proprietà intellettuale in relazione a farmaci, vaccini, diagnostici, dpi, e altre tecnologie medicali per tutta la durata della pandemia, sino a quando non sia stata raggiunta l’immunità di gregge a livello mondiale. La proposta, sostenuta da circa 80 nazioni e anche dalla Chiesa Cattolica,33 è attualmente in discussione presso il WTO, ma ha incontrato la resistenza di gran parte delle nazioni a maggior reddito, tra cui USA, Gran Bretagna, Unione Europea, Svizzera, dove hanno sede gran parte delle multinazionali farmaceutiche. Nel corso del meeting del consiglio sui Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights (TRIPS), svoltosi il 10 e 11 marzo 2021, non è stato raggiunto un accordo, e le discussioni proseguono in vista del prossimo consiglio dell’8 e 9 giugno. Nell’attesa di un possibile accordo Ngozi Okonjo-Iweala, l’ex ministra delle finanze della Nigeria, diventata direttore generale del WTO il 1 marzo, ha sottolineato come il fatto che vi siano 75 nazioni che stanno vaccinando e 115 che aspettano è non soltanto moralmente inconcepibile, ma rischia di prolungare la pandemia, arrecando danno a tutti, ed ha invitato tutti gli attori in gioco ad esplorare ogni possibilità per incrementare la produzione e la distribuzione di vaccini, specialmente nei Paesi a basso reddito.34



La “vaccine hesitancy” e l’industria anti-vax

La cosiddetta “vaccine hesitancy”, le resistenze di varia natura alla vaccinazione, sono ostacoli che le campagne di vaccinazione e le autorità pubbliche si trovano ad affrontare in tutto il mondo.

L’Imperial College di Londra ha realizzato nel mese di gennaio 2021 un’indagine su 15 nazioni di tutto il mondo, tra cui l’Italia, dalla quale emerge che la fiducia nei vaccini è in aumento: il 66% degli intervistati dichiara fiducia forte o moderata, solo il 12% non ha alcuna fiducia. In Italia l’82% degli intervistati dichiara “molta fiducia” o “moderata fiducia” nei vaccini, mentre l’86% ritiene il vaccino “molto importante” o “moderatamente importante” per la propria salute.35 A marzo tuttavia, la sospensione per alcuni giorni del vaccino AstraZeneca in alcuni Paesi europei a causa di sospette correlazioni con casi di trombosi potrebbe aver parzialmente eroso questa fiducia.

Vi sono poi questioni etiche e religiose. La Chiesa Cattolica e la Congregazione per la Dottrina della Fede hanno affrontato possibili resistenze di natura morale stabilendo che per un cattolico, in assenza di alternative, “è moralmente accettabile utilizzare i vaccini anti-Covid-19 che hanno usato linee cellulari provenienti da feti abortiti nel loro processo di ricerca e produzione”. La Conferenza Episcopale americana ha introdotto un’ulteriore distinzione, sottolineando che, se esiste la possibilità di scegliere, sono preferibili vaccini che, come Pfizer o Moderna, hanno utilizzato queste linee cellulari solo per testarne l’efficacia, piuttosto che vaccini come quello Johnson & Johnson, che le utilizzano anche nel processo di sviluppo e di produzione.

Nel maggio 2020, durante l’Assemblea mondiale della sanità, gli Stati membri dell’OMS hanno approvato una risoluzione che riconosce come la gestione dell’informazione sia una parte fondamentale del controllo della pandemia Covid-19, ed invita gli Stati membri a fornire contenuti affidabili e ad adottare misure per contrastare la disinformazione, sfruttando le potenzialità delle tecnologie digitali. Prima ancora che sui vaccini infatti, circolano tante notizie false e teorie complottiste dannose e fuorvianti sulla pandemia, sulla sua origine, sulla natura del virus, sui rimedi contro la malattia, per lo più diffuse online. Per affrontare questo problema, Commissione Europea e UNESCO hanno pubblicato36 una serie di suggerimenti per individuare, contrastare e bloccare la diffusione di queste notizie, con il supporto di infografiche educative che possono aiutare i cittadini a identificare, sfatare e contrastare le teorie del complotto. Il 22 settembre, a margine della 75a Assemblea generale dell’ONU, si è svolto un webinar organizzato dall’OMS, dalle Nazioni Unite e da numerose altre organizzazioni, con l’obiettivo di attirare l’attenzione sui danni causati dalla diffusione di informazioni false e fuorvianti. “Non appena il virus si è diffuso in tutto il mondo, messaggi imprecisi e persino pericolosi sono proliferati selvaggiamente sui social media, lasciando le persone confuse, fuorviate e mal consigliate”, ha affermato il Segretario generale delle Nazioni Unite António Gutierres, che ha annunciato nell’occasione il lancio di una iniziativa, denominata “Verified”, per combattere la disinformazione, lavorando in cooperazione con media partner, individui, influencer e piattaforme di social media per diffondere contenuti che promuovano la scienza, offrano soluzioni e ispirino solidarietà.37 

La disinformazione sui vaccini in generale, e sui vaccini contro il Covid-19 nello specifico, è un tema rilevante anche in Italia, dove negli ultimi anni si sono diffuse sui vaccini falsità e teorie cospirazioniste, alimentate anche da esponenti di rilievo della politica e del mondo dello spettacolo, che hanno contribuito a ridurre significativamente i livelli di copertura vaccinale nel nostro Paese. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la diffidenza verso i vaccini non è soltanto frutto di paura ed ignoranza, ma anche di una attività di disinformazione organizzata, ben finanziata e tutt’altro che ingenua: è quanto sostiene38 Imran Ahmed, fondatore del Center for Countering Digital Hate, ONG attiva in tutto il mondo nell’individuare e contrastare le organizzazioni che pianificano e realizzano campagne di odio e di disinformazione sui canali digitali. Secondo Ahmed, i protagonisti principali dell’industria anti-vax sono professionisti che gestiscono organizzazioni multimilionarie con decine di dipendenti. Tra il 16 e il 18 ottobre 2020 i ricercatori del Center for Countering Digital Hate sono riusciti ad assistere ad una conferenza privata online di organizzazioni anti-vax con l’obiettivo di pianificare le attività contro l’imminente avvio della campagna vaccinale per il Covid-19. Alla conferenza hanno preso parte alcuni dei più importanti anti-vaxers del mondo, tra cui Andrew Wakefield, il medico inglese (poi radiato) che nel 1998 pubblicò uno studio fraudolento sulla correlazione tra il vaccino trivalente (morbillo, parotite, rosolia) e l’autismo, che contribuì a far crollare il tasso di vaccinazione in Gran Bretagna da oltre il 90% a meno dell’80%. Wakefield, si scoprì in seguito, aveva ricevuto oltre 400.000 sterline da un fondo legale impegnato in una serie di cause per dimostrare che i vaccini non erano sicuri, e nel giugno 1997, qualche mese prima della pubblicazione dello studio, aveva depositato un brevetto su un vaccino singolo contro il morbillo, nella prospettiva che la fiducia pubblica nel vaccino trivalente venisse meno.39

Al di là dei contenuti inconsistenti che veicolano, ciò che colpisce di queste organizzazioni anti-vax è la sofisticazione dei mezzi impiegati per la loro diffusione, soprattutto sui social media: una capillare infrastruttura online di siti web, gruppi Facebook, canali YouTube, pagine Instagram e account Twitter, che raggiungono un pubblico combinato di decine di milioni di persone. Il Center for Countering Digital Hate ha pubblicato un manuale nel quale si suggeriscono le strategie più opportune per contrastare questa disinformazione.40 Anche l’ufficio europeo dell’OMS da anni ormai ha sviluppato una serie di attività e di tecniche rivolte agli esperti di comunicazione ed ai portavoce delle autorità sanitarie, raccolte in un documento,41 nel quale si spiega tra l’altro come comportarsi e come replicare nei dibattiti pubblici ai cosiddetti “vaccine deniers”, persone che non accettano le vaccinazioni raccomandate, sono reticenti ad accettare le evidenze scientifiche, e sono attivamente impegnati nella propaganda no-vax.




Bibliografia

1. Servizio studi del Senato, Note su atti dell’Unione Europea, Nota n. 63, Audizione della direttrice generale della Direzione Salute della Commissione europea Sandra Gallina, 27 novembre 2020. https://bit.ly/3mcbI90

2. Baker S, Koons C. Inside Operation Warp Speed’s $18 Billion Sprint for a Vaccine, 29 ottobre 2020. https://bloom.bg/2JVKy92

3. Klasse PJ, Nixon DF, Moore JP. Immunogenicity of clinically relevant SARS-CoV-2 vaccines in non-human primates and humans: Science Advances, Published Online19 Feb 2021, eabe8065. https://www.doi.org/10.1126/sciadv.abe8065

4. La realizzazione di un vaccino prevede una fase pre-clinica (allestimento del preparato, studi in vitro e in vivo, etc.) ed una fase clinica, che a sua volta richiede tre fasi di test sugli uomini, su un numero crescente di persone, per valutare sicurezza, efficacia ed eventuali reazioni avverse del vaccino, prima della somministrazione su larga scala. Approfondimenti su https://www.epicentro.iss.it/vaccini/VacciniSviluppoCommercio

5. https://www.aifa.gov.it/domande-e-risposte-su-vaccini-covid-19

6. Dai L, Gao GF. Viral targets for vaccines against COVID-19. Nat Rev Immunol 2021;21:73-82. https://doi.org/10.1038/s41577-020-00480-0

7. ISRCTN, Comparing coronavirus (COVID-19) vaccine schedule combinations, https://doi.org/10.1186/ISRCTN69254139

8. Astrazeneca news release, AstraZeneca begins programme to assess COVID-19 vaccines combinations, 11 dicembre 2020. https://bit.ly/3af1i6d.

9. Krammer F, Srivastava K, PARIS team, Simon V. Robust spike antibody responses and increased reactogenicity in seropositive individuals after a single dose of SARS-CoV-2 mRNA vaccine. medRxiv, 1 febbraio 2021. https://doi.org/10.1101/2021. 01.29.21250653

10. Ministero della Salute, DG Prevenzione Sanitaria, Vaccinazione dei soggetti che hanno avuto un’infezione da SARS-CoV-2, 3 marzo 2021. https://bit.ly/3uUs4IN

11. Amit S, Gili Regev-Yochay, et al., Early rate reductions of SARS-CoV-2 infection and COVID-19 in BNT162b2 vaccine recipients. The Lancet, February 18, 2021. https://doi.org/10.1016/ S0140-6736(21)00448-

12. Daniel W, Nivet M, et al., Early Evidence of the Effect of SARS-CoV-2 Vaccine at One Medical Center. NEJM, march 23, 2021. https://doi.org/10.1056/NEJMc2102153

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